Le stimmate e il Cantico

L’intuizione iconografica stupenda collega due eventi significativi della vita di Francesco
17 Settembre 2024

Quest’anno la festa dell’Impressione delle Stigmate di San Francesco, che liturgicamente si festeggia il 17 settembre, cade proprio nell’anniversario degli ottocento anni in cui questo evento prodigioso avvenne, come ci ha ricordato anche Sergio Di Benedetto pochi giorni fa, soprattutto ribadendo la forza umana di questo segno, che ci rende sempre più fratello quel meraviglioso dono di Dio che è stato ed è Francesco d’Assisi.

A questo proposito vorrei proporre l’opera pittorica, alquanto originale, di un giovane e per me straordinario pittore, Francesco Bondì, il quale proprio in questi giorni espone una ricchissima mostra di sue opere dal titolo intrigante, “Ave Verum Corpus”, presso la Quadreria del Museo Diocesano di Caltagirone a partire dallo scorso 31 agosto 2024. Qui è esposto anche questo San Francesco che riceve le Stimmate, con una potenza visiva e un coraggio iconografico che mi pare siano veramente unici nel loro genere, almeno per quanto riguarda il panorama dell’arte pittorica occidentale.

Nell’opera, inserita in una rassegna che ha come protagonista il corpo in tante dimensioni inclusa quella sacra, il santo ha una postura veramente nuova per il tema trattato: è infatti ritratto con un’inquadratura a tre quarti, a mezzo busto, col viso intento a guardare la propria mano, che è protesa verso il dorso a mostrare l’evento stesso della trafittura. Nella tradizione iconografica classica invece il Santo appariva inginocchiato davanti dal serafino che con raggi luminosi gli trafiggeva mani e piedi, mentre le braccia erano aperte in atto di facilitare l’accoglienza di questo intervento divino, e lo sguardo del santo si perdeva estatico verso l’alto nella contemplazione misteriosa del divino.

Le stimmate stesse vengono qui, nell’opera di Bondì, raffigurate in forma di metaforica piuma rossa, che trafigge il palmo della mano e appare così al santo stesso, mentre sotto, sul dorso rovesciato esce trasformandosi in chiodo scuro, quasi noi uomini spettatori potessimo cogliere soprattutto quest’ultima dimensione dell’evento della stigmatizzazione. Perché dunque una piuma o penna? E rossa? Certo a ricordare la presenza di un sangue versato che rende Francesco così simile al suo amato Signore crocifisso e per questo “alter Christus”, ma anche a ricordare che di lì a poco, quelle sue mani reggeranno una penna per scrivere il Cantico delle Creature, che sgorga così vero come lode perché Francesco lo compone dopo una notte di buio e patimenti fisici e morali inimmaginabili… Ed Egli è riuscito a vincere sulla propria voglia di lasciarsi andare per “buttare il cuore oltre l’ostacolo” e vedere quanto sia bella la creazione e tutto quello che Dio ha voluto attorno a lui, ben oltre il male che il suo piccolo “lui” avverte e sperimenta.

L’intuizione iconografica stupenda pare dunque qui quella proprio di collegare i due eventi così significativi della vita di Francesco: proprio da quell’umanità ferita, da quei segni indelebili Francesco ritrova la possibilità di guardarsi attorno e di cantare il creato in un modo così sublime che forse nessun poeta dopo di lui è riuscito più ad eguagliare.

E ancora in questa moderna rappresentazione l’aspetto del santo subisce una sorta di “trasfigurazione” a causa del liquido bianco che gli cola dalla testa su tutto il corpo… Liquido bianco che ci ricorda il latte, sentito come olio che unge biblicamente la testa dei re antichi del popolo ebraico, oppure vissuto come liquido capace di sfamare uomini fragili e ancora “carnali”, quel “latte spirituale” di cui parla San Paolo (1Cor 3, 1-9) per chi non può ancora assumere “cibo solido” e che qui avvicina Francesco ad ogni fatica e vacillamento umano.

Eppure quel latte ha anche un risvolto di dolcezza umana, è un nutrimento solo materno che non può mancare al grande desiderio di Francesco di rendersi “madre” dei suoi stessi frati, come nella “Regola di vita negli eremi” dove come stile di convivenza egli invita a comportarsi così: “Coloro che vogliono stare a condurre vita religiosa negli eremi, siano tre frati o al più quattro. Due di essi siano le madri e abbiano due figli o almeno uno”. [FF, 136].

E infine un’iconografia coraggiosa, quella di ritrarre un seno femminile sul dorso nudo di Francesco, un seno capace di allattare certamente, un seno che lo rende madre dei frati e di ogni uomo che vorrà seguirlo sulla sua via evangelica così chiara. Il tema del latte, e dell’allattamento, come allegoria del nutrimento spirituale era ben noto all’immaginario medievale e la stessa santa Chiara, riportano le Fonti, ebbe questa ardita visione di arrampicarsi essa stessa su una scala per succhiare da un capezzolo di Francesco quel latte che per lei diviene un fulgido insegnamento nel quale poi specchiarsi per una vita intera. Particolare, però, che durante l’inaugurazione della mostra sia stato chiesto al pittore se conoscesse questa immagine ed egli abbia negato, conferma di come un’intuizione artistica illuminata possa ricongiungersi alla sapienza di una tradizione spirituale, la quale continua ad essere rivisitata anche non solo per ordinarie vie di conoscenza razionale.

Sì, perché questo San Francesco, ritratto dal “nostro” omonimo pittore odierno, non ci raggiunge credo attraverso una comprensione razionale, ma ci affascina attraverso un coinvolgimento emotivo che passa davvero attraverso i sensi e quel latte che cola pare di averlo un po’ in bocca anche noi, come quegli occhi impiastricciati che quasi resi ciechi vedono a malapena (come non pensare a S. Francesco cosi gravemente malato agli occhi nell’ultimo periodo?).

Simile ad una statua vivente di strada, dove artisti casuali nelle nostre città si tingono di vernice bianca e ci guardano silenziosamente un po’ inquietandoci e riservandoci chissà quali messaggi enigmatici. Ma qui il messaggio è chiaro per tutti: solo bagnati, direi inzuppati di quella grazia che Dio riversa magnanimo su ogni uomo, se la sappiamo cogliere, ci rende capaci di giungere a dire un grazie vero per tutto, anche se spesso ci costa molto e ci fa sanguinare.

 

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Una risposta a “Le stimmate e il Cantico”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    In me ha suscitato….. Come il corpo per un artista sia “onirico”. E mi fermo qui.

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