L’Ac e la politica con la P maiuscola

Sulle parole di Papa Francesco all'associazione. E sulla sfida di essere «anima del mondo», che era già il cuore della «scelta religiosa»
2 Maggio 2017

Può suonare un po’ strano che il Papa raccomandi di fare politica ai membri di un’associazione – l’Azione Cattolica – che oltre cinquant’anni fa, con Vittorio Bachelet, si è radicalmente rinnovata facendo la “scelta religiosa”. Che allora significava anche presa di distanza – e quindi rottura dei collateralismi – da un certo modo di intendere la politica: come pura gestione del potere, competizione esasperata nella tutela di interessi di parte. È successo domenica 30 aprile, quando Francesco ha salutato i membri dell’associazione che festeggiava il 150 anni di vita.

Da allora l’Azione Cattolica è stata spesso accusata di essere irrilevante e invisibile, di essersi “ritirata dal mondo” per chiudersi nelle parrocchie a dire qualche preghiera e servire il parroco. Ed è vero che un po’ invisibile lo è stata e lo è, come lo sono tutti coloro che non identificano la propria ragion d’essere con la presa del potere. Ma irrilevante no, non lo è stata.

In un momento di grandi fermenti culturali e sociali per il nostro Paese – la metà degli anni settanta – Vittorio Bachelet ha descritto la scelta religiosa come la cornice migliore per permettere ai credenti di «vivere la loro vita di fede in una concreta situazione storica, ad essere “anima del mondo”, cioè fermento, seme positivo per la salvezza ultima, ma anche servizio di carità non solo nei rapporti personali, ma nella costruzione di una città comune in cui ci siano meno poveri, meno oppressi, meno gente che ha fame» ( V. Bachelet, Azione cattolica e impegno politico, 1973, in Scritti ecclesiali, Ave 2005). Insomma, la scelta religiosa come presupposto per una partecipazione consapevole e non di parte.

Con queste parole si sintonizzano quelle di Francesco, che ha incastrato l’invito a fare politica tra l’apostolato, il servizio alla carità, la passione educativa ed il confronto culturale, cioè le cose che l’Azione Cattolica ha più coltivato in questi anni: «sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico, – mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con la maiuscola! – attraverso anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale».

L’invito esplicito di Francesco a fare politica è arrivato dopo il monito al Forum Internazionale dell’Azione Cattolica («l’Azione Cattolica viene dal popolo e deve stare in mezzo al popolo») e dopo aver ribadito, durante il volo di ritorno dall’Egitto, che un partito cattolico non ha senso, «non siamo nel secolo scorso».

Dunque, è un invito esente da nostalgie per il passato, ma ben radicato nel presente, dove la politica ha perso da tempo la P maiuscola: l’ha persa a causa di quelli che nei decenni hanno fatto scempio dei valori fondamentali (onestà, giustizia sociale, cura del bene comune), ma anche a causa di chi dice di voler moralizzare tutto, ma pretende di farlo negando altri valori fondamentali: la formazione della coscienza, le competenze, la cultura, la capacità di confrontarsi con chi la pensa diversamente.

È vero, l’Azione Cattolica non è un’associazione potente. Ma ha dato un potente contributo (e anche un grande tributo di vite) a tutti gli aspetti più importanti della vita del nostro Paese: ha formato le coscienze e la personalità di cittadini e cittadine che hanno lavorato nell’antifascismo e nella Resistenza, nelle istituzioni e nei sindacati, nella lotta alla mafia e per lo sviluppo del Sud, nella magistratura e nei movimenti degli studenti, nelle riforme sanitarie e in quelle della scuola, nella lotta alla povertà e nell’emancipazione delle donne… Ci sono persone che si sono formate in Azione Cattolica fra i presidenti della Repubblica, in Parlamento, nelle Amministrazioni locali. Ce ne sono tra i volontari della Caritas e in molte altre associazioni. Nelle periferie, nelle parrocchie, nelle cooperative, nelle università, nelle aziende.

L’Azione Cattolica non è potente, ma è una potenza, perché forma cattolici adulti che sanno mettersi al servizio del Paese, dove ce n’è bisogno. Non si può fare politica con la P maiuscola se non si ha una coscienza formata e una cultura capace di dare forma a progettualità per il futuro non populiste. Ma non si può mettere la maiuscola neanche a Volontariato, Legalità, Giustizia Sociale, Bene Comune, senza un’adeguata formazione delle coscienze.

Ora il Papa dice: la politica è una priorità, buttatevi. Ascolterà, l’Azione Cattolica?

 

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