Che cos’è questo per tanta gente?

Di fronte ai bisogni del mondo, possiamo essere preda dello scoramento: ma la Parola di oggi ci invita a grandi affidamenti e piccole opere quotidiane, come troviamo anche in una poesia di Antonella Anedda dedicata alla madre intenta a cucire....
25 Luglio 2021

A chi abbia a cuore il Vangelo è sicuramente sorta, almeno una volta nella vita, una domanda simile a quella di Andrea, di fronte alla folla numerosa che si apriva davanti agli occhi: «Che cos’è questo per tanta gente?». È la domanda dello scoraggiamento, è la domanda di chi misura le proprie deboli forze, le proprie stanchezze, le proprie fatiche, così sproporzionate di fronte al mondo. Cosa possiamo fare con queste poche energie, con queste piccole idee, con questi scarsi mezzi? Come possiamo saziare una folla con cinque pani e due pesci?

È la tentazione di molti, in cui la Parola di oggi ci invita a entrare senza ansie: non siamo noi a fare, ma c’è uno Spirito che agisce e moltiplica il poco che abbiamo. Il passaggio fondamentale è quello dell’affidamento, che significa ‘decentrarsi’: non l’io al centro, con i suoi programmi e le sue sicurezze, ma il Cristo. Vediamo bene, nella pedagogia di Gesù, il sentiero a cui ci chiama: misurare il nostro poco per farne affidamento, e così sperimentare l’abbondanza che viene da Dio: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?» chiede il Maestro, già sapendo, dice l’evangelista, «quello che stava per fare» e dunque per saggiare, per educare Andrea a un passo ulteriore.

E noi, oggi, di fronte al XXI secolo, non sentiamo stanchezze e incertezze simili? In fondo, credo ci siano chieste tre cose, secondo quanto il Vangelo oggi ci indica: alzare lo sguardo, come Gesù, sulla folla, per coglierne i bisogni, gli aneliti, i desideri, le contraddizioni, la fame.  Misurare il nostro poco senza farci assalire dallo scoramento, bensì per metterlo al servizio, per metterlo in opera, con quotidiana costanza e speranze rinnovate, là dove siamo, là dove sentiamo di dover essere. E, infine, affidarci, liberi dall’esito, liberati dal risultato: non spetta a noi moltiplicare pani e pesci, non è compito nostro compiere miracoli.

Quello di un impegno semplice e quotidiano, sereno e libero, è il tema di una bella poesia di Antonella Anedda, che si intitola appunto Opere, tratto da Historiae (2018):

Sabato mattina, mia madre aggiusta le sue gonne,
scuce e ricuce, allarga e poi restringe,
allunga gli orli, li modifica inserendo nastri,
bottoni, fettucce di gros-grain, velluto, raso.
C’è un’attenzione inquieta che la inchioda alla luce
e trasforma il suo viso in un tessuto.
Se la chiamiamo non risponde
ma il suo esistere fa corpo con le cose,
sfavilla come l’ago che imbastisce
anche noi che guardiamo.

Come la madre della poetessa, così intenta e concentrata in quel cucire che è azione e opera, animata da «un’attenzione inquieta» che esprime concentrazione e interrogativo, così noi, con equilibrio, possiamo mettere in moto i nostri talenti, sperando di ‘sfavillare’, ossia di essere immersi nel mondo con luce differente.
Con la consapevolezza che lo scoramento non ci appartiene, così come la superbia, se mai dovesse accadere, del grande risultato. Abbiamo solo del pane e del pesce.

Una risposta a “Che cos’è questo per tanta gente?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Dalla poesia emana quella calma come da certi dipinti di Fontanesi, di un vivere quotidiano fatto di piccole e grandi cose in sintonia con la natura dove anche la turbolenza di un temporale non esclude il ritorno al sereno. Gesù significa anche questo nell’oggi se fosse più presente, un vivere senza frenesie, dove conta quanto si raggiunge con i nostri sensi, l’emozione segno di una felicità raggiunta, non importa se costa la vita. Lui è il pane vero, cibo completo per l’uomo il quale ha bisogno di guadagnare la pagnotta, di esaudire i desideri che ha nel cuore oltre che nella mente, vivere in pace le gioie anche le nostre fatiche, anche il piangere i dolori perche non soli, per e con gli affetti di cui siamo circondati, perché nella preghiera si trae forza, si riceve certezza che tutto quanto vissuto con amore genera vita, e pensando ai nostri cari questi lo sono sono come il presente che vediamo. Si, molto condivisibile questa pagina di riflessione.

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