Lo sguardo del Concilio

Dall’alto, nel mezzo, d’insieme: questo lo sguardo trinitario che, secondo Papa Francesco, la Chiesa conciliare ci lascia in eredità
15 Ottobre 2022

Estratto dall’omelia di Papa Francesco nel 60° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II e nel giorno della Memoria di San Giovanni XXIII, papa (11 ottobre 2022)

Nell’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II sentiamo rivolte anche a noi come Chiesa queste parole del Signore: Mi ami? Pasci le mie pecore… Il Concilio Vaticano II è stato una grande risposta a questa domanda: è per ravvivare il suo amore che la Chiesa, per la prima volta nella storia, ha dedicato un Concilio a interrogarsi su sé stessa, a riflettere sulla propria natura e sulla propria missione…

Questo è il primo sguardo da avere sulla Chiesa, lo sguardo dall’alto. Sì, la Chiesa va guardata prima di tutto dall’alto, con gli occhi innamorati di Dio. Chiediamoci se nella Chiesa partiamo da Dio, dal suo sguardo innamorato su di noi. Sempre c’è la tentazione di partire dall’io piuttosto che da Dio, di mettere le nostre agende prima del Vangelo, di lasciarci trasportare dal vento della mondanità per inseguire le mode del tempo o di rigettare il tempo che la Provvidenza ci dona per volgerci indietro. Stiamo però attenti: sia il progressismo che si accoda al mondo, sia il tradizionalismo – o l’ “indietrismo” – che rimpiange un mondo passato, non sono prove d’amore, ma di infedeltà. Sono egoismi pelagiani, che antepongono i propri gusti e i propri piani all’amore che piace a Dio, quello semplice, umile e fedele…

Riscopriamo il Concilio per ridare il primato a Dio, all’essenziale: a una Chiesa che sia pazza di amore per il suo Signore e per tutti gli uomini, da Lui amati; a una Chiesa che sia ricca di Gesù e povera di mezzi; a una Chiesa che sia libera e liberante. Il Concilio indica alla Chiesa questa rotta: la fa tornare, come Pietro nel Vangelo, in Galilea, alle sorgenti del primo amore… Fratelli, sorelle, ritorniamo alle pure sorgenti d’amore del Concilio. Ritroviamo la passione del Concilio e rinnoviamo la passione per il Concilio! Immersi nel mistero della Chiesa madre e sposa, diciamo anche noi, con San Giovanni XXIII: Gaudet Mater Ecclesia! (Discorso all’apertura del Concilio, 11 ottobre 1962). La Chiesa sia abitata dalla gioia. Se non gioisce smentisce sé stessa, perché dimentica l’amore che l’ha creata.

Eppure, quanti tra noi non riescono a vivere la fede con gioia, senza mormorare e senza criticare? Una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, veleni e polemiche. Dio ci liberi dall’essere critici e insofferenti, aspri e arrabbiati. Non è solo questione di stile, ma di amore, perché chi ama, come insegna l’Apostolo Paolo, fa tutto senza mormorare (cfr Fil 2,14). Signore, insegnaci il tuo sguardo alto, a guardare la Chiesa come la vedi Tu. E quando siamo critici e scontenti, ricordaci che essere Chiesa è testimoniare la bellezza del tuo amore, è vivere in risposta alla tua domanda: mi ami? Non è andare come se fossimo a una veglia funebre…

Il secondo sguardo che ci insegna il Concilio è lo sguardo nel mezzo: stare nel mondo con gli altri e senza mai sentirci al di sopra degli altri, come servitori del più grande Regno di Dio (Lumen gentium, 5); portare il buon annuncio del Vangelo dentro la vita e le lingue degli uomini (Sacrosanctum Concilium, 36), condividendo le loro gioie e le loro speranze (Gaudium et spes, 1). Stare in mezzo al popolo, non sopra il popolo: questo è il peccato brutto del clericalismo che uccide le pecore, non le guida, non le fa crescere, uccide. Quant’è attuale il Concilio: ci aiuta a respingere la tentazione di chiuderci nei recinti delle nostre comodità e convinzioni, per imitare lo stile di Dio, che ci ha descritto oggi il profeta Ezechiele: “andare in cerca della pecora perduta e ricondurre all’ovile quella smarrita, fasciare quella ferita e curare quella malata” (Ez 34,16)… La Chiesa non ha celebrato il Concilio per ammirarsi, ma per donarsi… È un popolo sacerdotale (Lumen gentium, 10 ss.)… Non dimentichiamolo: il Popolo di Dio nasce estroverso e ringiovanisce spendendosi, perché è sacramento di amore, «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium, 1).

Fratelli e sorelle, torniamo al Concilio, che ha riscoperto il fiume vivo della Tradizione senza ristagnare nelle tradizioni; che ha ritrovato la sorgente dell’amore non per rimanere a monte, ma perché la Chiesa scenda a valle e sia canale di misericordia per tutti. Torniamo al Concilio per uscire da noi stessi e superare la tentazione dell’autoreferenzialità e le nostalgie del passato, il rimpianto della rilevanza, l’attaccamento al potere, perché tu, Popolo santo di Dio, sei un popolo pastorale: non esisti per pascere te stesso, per arrampicarti, ma per pascere gli altri, tutti gli altri, con amore. E, se è giusto avere un’attenzione particolare, sia essa per i prediletti di Dio cioè i poveri, gli scartati (Lumen gentium, 8c; Gaudium et spes, 1); per essere, come disse Papa Giovanni, «la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri» (Radiomessaggio ai fedeli di tutto il mondo a un mese dal Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 settembre 1962)…

Il buon Pastore vuole – terzo sguardo – lo sguardo d’insieme: tutti, tutti insieme… Non cediamo alla tentazione della polarizzazione. Quante volte, dopo il Concilio, i cristiani si sono dati da fare per scegliere una parte nella Chiesa, senza accorgersi di lacerare il cuore della loro Madre! Quante volte si è preferito essere “tifosi del proprio gruppo”… progressisti e conservatori… “di destra” o “di sinistra”… “custodi della verità” o a “solisti della novità”… Il Signore non ci vuole così… Superiamo le polarizzazioni… Lasciamo da parte gli “ismi”: al popolo di Dio non piace questa polarizzazione… È bello che oggi, come durante il Concilio, siano con noi rappresentanti di altre Comunità cristiane. Grazie! Grazie per essere venuti, grazie per questa presenza. Ti rendiamo grazie, Signore, per il dono del Concilio. Tu che ci ami, liberaci dalla presunzione dell’autosufficienza e dallo spirito della critica mondana. Liberaci dell’autoesclusione dall’unità… Portaci fuori dai recinti dell’autoreferenzialità… Liberaci dall’artificio diabolico delle polarizzazioni, degli “ismi”…

 

Una risposta a “Lo sguardo del Concilio”

  1. Gian Piero Del Bono ha detto:

    L’ amore e’ obbedienza . Infatti il primo atto di non amore e’ quello dell’ Angelo ribelle che proclama la sua intenzione di non obbedire a Dio ” Non serviam” non serviro’ . Da quella prima mitica e sovrannaturale proclamazione di disobbedienza fino ad oggi quante proclamazioni di ” non serviam”. Sia i modernisti che i tradizionalisti ribelli peccano dello stesso peccato fondamentale: dicono di amare Dio ma non lo amano ,amano solo se stessi.

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