L’Avvento? Che avventura

I ragazzi - lo indicano tante esperienze casalinghe di queste settimane - si rivelano ogni anno guide formidabili nel valorizzare i segni dell'Avvento. Purchè...
11 Dicembre 2011

Alla prima d’Avvento i bambini che ascoltano il Vangelo accompagnati da alcuni genitori sono saliti dalla cripta portando all’altare un modellino in compensato con quattro pareti spoglie che riempiranno nelle prossime domeniche perché… “Venne ad abitare in una casa”. Dal pulpito hanno rivolto a tutti i grandi – anche ai nonni – l’invito a trovare un angolo in cucina o in soggiorno per raccogliersi la sera a leggere il calendario d’Avvento. Non quello con i cioccolatini o i Babbinataloni, bensì quello che per ogni giorno propone un brano della Parola, una preghiera scritta da mamme e papà, un segno-impegno concreto. Poi un Padrenostro insieme prima di spegnere le candele della Corona. Bacio, buonanotte e via…a nanna!
Sfuggono ad ogni censimento tanti piccoli cantieri operosi che si sono aperti anche quest’anno nelle famiglie italiane, dove ci pensano i bambini a ricordare l’appuntamento quotidiano di preghiera (“quando accendiamo la seconda candelina?”), costringendo gli adulti ad avere occhi nuovi e orecchie attente mentre si leggono i racconti di Betlemme. Sono loro le genuine sentinelle dell’Attesa, guide formidabili a valorizzare i segni sempre verdi dell’Avvento.
Quando avvertono di dover andare oltre la “magia” spendacciona delle luminarie anticipate a metà novembre o la frenesia per i regali da competizione, i piccoli ci aprono la strada dello stupore, della condivisione, dell’impegno da non mollare. Con loro s’impara la puntualità e la ferialità della preghiera, perché spesso il primo problema è “trovare il tempo” per convocarsi tutti lì, davanti al presepe, o sul tappeto ad ascoltare insieme la pagina appesa sul muro, ad altezza di bambini. Per loro siamo costretti a riscoprire e a ruminare qualche brano del Vecchio testamento che non avevamo mai digerito o compreso, comunicando il gusto del popolo d’Israele appassionato dall’Attesa. Grazie a loro siamo portati ad inventarci qualche lettura animata o qualche lavoretto che valorizza i materiali poveri (le statuine costruite con i barattoli dello yogurt) in stile di sobrietà, secondo i suggerimenti arrivati dal passaparola o da qualche buon sussidio (in particolare, cfr. “Avventure in Avvento”, curato dai coniugi Rosatti e Oberosler, Effatà Editrice, 2006).
Due “purché” s’impongono in sede di verifica. “Purché siano gli adulti i primi a crederci…” . Vale a dire che i bambini sono abilissimi anche a cogliere la nostra stanchezza o il nostro ritualismo ed esigono genitori entusiasti che s’impegnano prima di loro: tengono desta la nostra vigilanza, la mettono severamente alla prova.
Il secondo “purché” sta nella capacità di saper rimodulare insieme a loro la proposta, in modo flessibile a seconda dell’età. Se in quella prescolare tutto sembra risultare facile (compreso il rischio d’incendio per chi maneggia i fiammiferi), in quella preadolescenziale subentra un naturale rifiuto per quanto può risultare fiacca abitudine o retaggio del tempo in cui “ci si fermava a giocare con le statuine del presepio”. E’ indispensabile rinfrescare ogni anno la modalità – nel caso di ragazzi di diverse età i più grandi possono diventare dei narratori-animatori – , perché quell’incontro serale non sia né formale, né tollerato. Anche qui è in gioco, come in ogni scelta educativa, la nostra coerenza, tanto più nella fase in cui i figli attraversano l’adolescenza. Stanno valutando se la preghiera è ancora un’avventura che riempie ogni giorno la vita o “una cosa da bambini” da riporre nel baule dei ricordi. Per questo ci tengono sotto osservazione, ci misurano, c’interrogano su quale Attesa stiamo vivendo.

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