Pare, da vari resoconti giornalistici, che i cardinali (assai loquaci prima e dopo il conclave, in queste settimane del 2025) abbiano sottolineato nelle congregazioni generali la rilevanza della “collegialità” e della “sinodalità”, manifestando il proprio legittimo desiderio di essere coinvolti nelle decisioni che il Papa dovrà compiere nella guida della Chiesa universale.
È un fatto molto positivo, segno che, ormai, la collegialità figlia del Vaticano II e la sinodalità rimessa al centro del discorso ecclesiale e della prassi pastorale da papa Francesco sono ormai elementi consolidati.
C’è da dire che papa Leone in questo sembra non solo ‘aver compreso’ il messaggio, ma lo ha fatto proprio, a partire da quel cenno alla «chiesa sinodale» del suo primo saluto la sera dell’8 maggio fino al richiamo al «camminare insieme» dell’omelia di inizio pontificato.
Dunque, coloro che tra i 251 cardinali (elettori e non elettori) hanno preso la parola alle congregazioni generali potranno sentirsi rassicurati. Però, forse manca una sottolineatura del discorso di chi chiede collegialità al vescovo di Roma, e riguarda la collegialità e la sinodalità che essi sono disposti a vivere nelle loro diocesi o nei loro incarichi di governo. Perché, è bene dirlo, si tratta di una richiesta buona, questa del ‘camminare insieme’, ma è altrettanto buona (e credibile) quando poi viene accolta, soprattutto nelle rispettive chiese particolari, altrimenti si domanda ciò che poi non si è disposti a dare. E questo sarebbe un’incoerenza poco giustificabile.
Sappiamo tutti che è più facile ‘rivendicare’ un potere che condividerlo: ma siamo certi che molti membri della gerarchia che hanno domandato sinodalità siano poi sostenitori convinti della stessa quando un fratello vescovo, un fratello sacerdote, una sorella consacrata, una sorella laica, un fratello laico domanderà condivisione, collegialità, sinodalità, ascolto, parola.
E suona allora come un poco stonato che i vescovi italiani abbiano impiegato 8 anni (e tre presidenze) a recepire la richiesta, insistente, del vescovo di Roma ad aprire un Sinodo italiano; così come suona un poco stonato che il documento proposto poche settimane fa alla seconda assemblea sinodale italiana avesse accolto molto poco del cammino condiviso degli anni precedenti, tanto da essere sostanzialmente respinto e ‘rimandato’ in autunno. Piccoli incidenti di un cammino complesso, certamente. Ma sono dati che vanno raccolti e non dimenticati, nella speranza che il futuro sia più comunionale.
Val la pensa ricordare (soprattutto ai 7 cardinali italiani che hanno responsabilità di diocesi nella penisola): chi di sinodalità ferisce, di sinodalità (per fortuna) perisce.
La sottolineatura di Sergio è come spesso provocatoria, forse volutamente, aggiungerei per fortuna; aiuta a riflettere, a cercare di calare parole e proclami nella vita quotidiana. Cardinali, vescovi, monsignori, parroci. Ognuno si sente insignito di un potere che cala dall’alto e quindi insindacabile e che solo all’alto debba rispondere. Questo è secondo me il vizio di fondo. Credo che i più se ne rendano conto ma contemporaneamente ne rimangano intrappolati. Dovremmo tutti rivedere il nostro credo: ogni volta che pronunciamo le parole “Dio Padre Onnipotente” passare a “Dio Padre Misericordioso” . Sarebbe un cambio estremamente salutare giacche’ le parole che pronunciamo ci modellano e ci plasmano più di quanto crediamo, soprattutto se siamo convinti che il nostro credo sia aderire all’amore misericordioso e cercare di imitarlo.
@Sergio
Mon so de mi disturbano più le fakes oppure le incongruenze, le mancanze di discernimento.. tipo accusare il buon Francesco di aver fatto troppo e al contempo poi accusarlo di aver parlato molto e fatto poco.
Mi sorge il dubbio che una così forte richiesta di collegialità e sinodalita’ da parte dei cardinali, dipendesse dai ben 73 Motu Proprio emanati da papa Francesco in soli 12 anni, contraddicendo nei fatti la collegialità tanto declamata a parole. Mi sembra logico, e comprensibile, che i cardinali volessero invertire la rotta…
Però questa narrazione, molto sostenuta da ambienti ostili a Bergoglio, dovrebbe essere un po’ meglio documentata, visto che almeno Francesco ha aperto il C8/9 e vari sinodi in cui si poteva parlare liberamente e non solo approvare cose preparate da altri, fino a dire che i documenti sinodali sono Magistero…
Il “motu proprio” di un Papa non è sullo stesso piano di un C8-9 o delle riunioni sinodali…
E cosa avrebbe deciso in concreto il C8/9? dopo un po’ è abbastanza finito in sordina direi. E comunque se si vuole un sinodo non si può sempre lanciare la palla con “ambienti ostili” perchè la democrazia per sua natura implica l’esistenza di partiti spesso in contrasto tra loro. Diciamo che negli anni bergogliani più che sinodalità c’è stato un uso abbastanza disinvolto della categoria di “nemico” da attribuire alle visioni diverse. Il dialogo, la comunione e la sinodalità non si invocano o si concedono si costruiscono insieme. Non c’è alcun tecnicismo ecclesiale che può costruire una comunione che non esiste, al massimo (come è successo in questi anni) ci sarà uno spoil system…