La gratitudine è il fiore più bello che germoglia nel giardino fertile dell’umiltà. Per chi è umile niente è dovuto, ma tutto è dono. La nostra intera esistenza è frutto di grazia, è un dono, perciò dovremmo vivere in perenne atteggiamento di gratitudine e di gioia. Se tutto è grazia, come afferma S. Paolo, tutto può e deve divenire inno di grazie, nei confronti di Dio e di coloro che ci fanno dono del loro amore e della loro collaborazione.
Il ringraziare, nelle diverse forme in cui si può esprimere, è manifestazione esteriore di sentimenti interiori di riconoscenza. È gesto di lodevole cortesia saper manifestare in forme esterne gradevoli quei sentimenti che, partecipati, hanno l’effetto di creare simpatia, armonia, comunione, gioia di stare insieme.
È incredibile ma vero: la semplice ed umile parola “grazie” contiene qualcosa che può cambiare e far bella la vita! Se impariamo a ripeterla abitualmente e dal profondo del cuore, tutto cambia in noi e attorno a noi. Da introversi diventiamo aperti e disponibili; da presuntuosi diventiamo umili; da antipatici brontoloni diventiamo simpatici; da persone chiuse ci apriamo alle relazioni. Nel momento in cui riusciamo a ringraziare, ci accorgiamo di fare felice l’altro, ma interiormente ci sentiamo felici anche noi!
Sappiamo bene che non è facile ringraziare e la difficoltà nasce dalle tendenze negative che ci portiamo dentro, frutto del peccato originale. Le principali si possono riassumere nell’esigenza di essere sempre al centro dell’interesse comune, di avere sempre ragione, di voler dire sempre l’ultima parola, di ostentare sempre una piena forma, senza cedimenti e senza debolezze, di rivendicare la propria autonomia nei confronti di tutti, anche di Dio. Tutte queste tendenze, presenti dentro di noi, se non vengono combattute, non ci permettono di diventare persone capaci di gratitudine.
Quando ci si sente amati da Dio, si può facilmente aprire il cuore e le labbra alla riconoscenza. Il Padre è intimamente e continuamente vicino a ciascuno: sempre, in ogni momento della vita! Occorre vedere, dietro le apparenze, la Provvidenza divina nascosta nei fratelli, negli avvenimenti, nel susseguirsi delle tante e piccole cose che formano la trama del vivere quotidiano. E sarà proprio nei momenti nei quali più viva sarà la percezione di questa presenza amica che più spontaneamente scaturirà la gratitudine, perché è il Signore che sostiene e consola, illumina e fortifica.
Tutto intorno a noi è ripieno di Dio, è segno della Sua presenza; tutto è segno di Qualcuno che si fa vicino, che si offre e che ci chiede un dono. Sono i segni di Dio e fanno parte di un progetto d’amore! Ma per riconoscere questi segni e capirne il significato, è necessario un cuore di bimbo.
Avere un cuore di bimbo significa guardare le cose in modo limpido, escludendo ogni forma di malizia e quella indisponibilità che sono così facili nel nostro rapporto con gli altri; accettare ogni evento con animo disponibile a leggervi dentro il bene e non il male, l’aspetto positivo e non quello negativo. Solo un cuore di bambino sa capire e accogliere con gratitudine quello che gli viene donato, anche se di poco conto!
Altro elemento per crescere nella vera gratitudine è il diventare poveri, così da avere l’animo aperto ad accogliere ogni dono. L’essere poveri in senso evangelico è libertà: dall’esteriorità, dalla finzione, dal delirio di onnipotenza. È accettazione volontaria dei propri limiti e delle proprie miserie, sull’esempio di Gesù che, pur essendo Dio, si è sottoposto ai limiti delle varie povertà umane, eccetto il peccato. Tutti noi abbiamo le nostre povertà, ma diventiamo ricchi solo nel momento e nella misura in cui sappiamo accettarle. Dio è più grande delle nostre povertà e delle nostre sconfitte!
Se siamo umili, riusciamo ad accettare noi stessi, così come siamo, e le situazioni concrete in cui veniamo a trovarci. Accettarsi non è sempre facile, ma è la condizione e la premessa per la serenità personale e per un’apertura costruttiva verso la vita. Dio ama ciascuno di noi in modo personale. Ai Suoi occhi ognuno è: unico, irripetibile, speciale, è un prodigio.
Chi non sa amare, non sa neppure ringraziare. Chi non si apre per accogliere i fratelli, non sarà mai capace di riconoscere ciò che sono e ciò che fanno. Dio non ci ha creati come individui isolati, ma come persone destinate ad una relazione con Lui e con gli altri. Le due dimensioni dell’amore verso Dio e dell’amore verso il prossimo si intersecano e si completano.
Non si possono amare i fratelli senza amare Dio; e neppure si può amare Dio senza amare i fratelli: anzi solo l’amore verso Dio, rende vero e sincero l’amore verso i fratelli.
Una bella rappresentazione è stata trasmessa nella cerimonia di apertura ai Giochi Olimpici del Giappone, Organizzati malgrado il timore del coronavirus dei cittadini . SONO un inno alla speranza di perseverare con coraggio ed aspirare a vittoria. Una sensibilità dimostrata profonda perché nel magnificare le arti atletiche raggiunte dall’uomo anche quelle che in età della vita diverse Sono esempi di solidarietà, coraggio, spirito di amore solidale. La torcia è stata fatta passare da gruppi che si sono succeduti: atleti oggi in eta avanzata e malati, atleti partecipanti i giochi nonostante handicap, bambini segno di vita e gioia, Esempio di quei valori valori senza tempo con la partecipazione di un medico e infermiera, atleti negli ospedali di oggi a combattere la dura battaglia, di tenere in vita la vita. E in ultimo la donna, con quanto significa nella famiglia e società ad accendere il braciere olimpico. Bello, Grazie Giappone