Evangelizzare fino alle lacrime

Evangelizzare fino alle lacrime
23 Aprile 2018

Nasce a Morelia, in Messico, il 16 maggio del 1947. Nel 1981, si è sposato con Susan, a Cana di Galilea. Ha quattro figli: Susan, Juan Marcos, David y Ana Gabriela. Ci aspetteremmo perciò un bravo laico, che ha fatto della condizione coniugale il luogo per vivere il suo vangelo. Lasciando a chi non è sposato la dimensione di annuncio diretto di Cristo. In realtà, Josè H. Prado Flores, è uno dei personaggi più attivi e prolifici che la Chiesa conosca, e in parte anche discussi, nella nuova evangelizzazione. Dalla sua intuizione e attività sono nate e si sono consolidate oggi, in 82 paesi del mondo, circa 2000 esperienze strutturate di annuncio, dando corpo ad una vera e propria scuola di evangelizzazione: la scuola di S. Andres.

Quando nel 1971, partecipando a un incontro di preghiera, Josè H. Prado Flores sentì una speciale effusione dello Spirito, decise di dedicarsi chiaramente ad una nuova forma di evangelizzazione. Lui ha sempre affermato che la sua opera non è sua, ma è frutto dell’azione divina e che non si sarebbe mai immaginato ciò che poi è successo. L’idea originaria era semplice: mettere a servizio di Cristo le competenze filosofiche e pedagogiche che egli si stava costruendo allora, per dare corpo ad una forma di evangelizzazione che fosse capace di “parlare” più efficacemente agli uomini e donne del nostro tempo.

Così nel 1980, in Messico, grazie all’aiuto di Bill Finke e padre Salvator Carrillo Alday, vede la luce una nuova esperienza di evangelizzazione che mira alla “formazione di evangelizzatori”, attraverso una metodologia attiva e partecipativa e un percorso formativo ben delineato. Nel corso degli anni l’esperienza assume diversi nomi, a partire nel 1983, da “Scuola degli apostoli”, fino ad arrivare nel 1995 al nome definitivo: “Scuola Evangelizzazione Sant’Andrea”, dopo l’approvazione ecclesiastica da parte dell’Arcivescovo di Guadalajara e la definizione di un programma di formazione costituito da 21 corsi, suddivisi in tre livelli: evangelizzare, formare nuovi evangelizzatori e formare formatori di evangelizzatori.

Il carattere metodologico che contraddistingue questa esperienza può essere ritrovato nella somma di tre fattori. Primo. La ferma convinzione che i primi a richiedere una evangelizzazione sono proprio gli uomini e donne di Chiesa, che pur aderendo formalmente e culturalmente alla fede, di fatto non la vivono effettivamente. Perciò questa esperienza si rivolge innanzitutto ai già cristiani, per riattivare e ravvivare la loro fede.

Secondo. La percezione chiara che il punto di ripartenza di una fede rinnovata non poteva essere altro che il kerigma, l’annuncio rinnovato, ma originario e fondante della resurrezione di Cristo, come sorgente di gioia e liberazione per ogni donna e uomo. Perciò la scuola di S. Andres si struttura secondo una logica interna alla fede, che per prima cosa tende a riattivare l’esperienza della resurrezione e solo dopo si preoccupa di allargarsi ad altre dimensioni teologiche e morali.

Terzo. La costatazione che una evangelizzazione efficace oggi non può più prescindere dalla centralità delle esperienze reali, emozionali e corporee delle persone a cui si rivolge. Perciò, seguendo l’assunto aristotelico classico secondo cui, “niente esiste nell’intelletto che non sia passato per i sensi”, questa scuola centra l’evangelizzazione sulla possibilità di fare esperienze sensoriali ed emotive dei misteri della fede.

Forse è proprio questa caratteristica che più rende concreto e fattivo questo percorso. Perché cambia molto l’effetto che questa produce nell’intimo delle persone, se si rivive emotivamente la forza dell’amore di Cristo nella croce e nella resurrezione, attraverso una rappresentazione scenica partecipativa della crocifissione e del mattino di pasqua. Ogni persona qui è “immerso” nell’evento dalla testa i piedi, e se ne fa attraversare muovendo cuore, istinto e ragione al tempo stesso. Lo stesso vale per gli altri nuclei di fede che lungo il percorso vengono gradualmente fatti sperimentare.

Molti preti che partecipano direttamente a questa scuola, dichiarano apertamente di non aver mai vissuto prima, benché preti, in modo così intenso la partecipazione ai misteri di Cristo, tanto da emozionarsi fino alle lacrime. E in moltissimi partecipanti l’intensità emotiva sperimentata provoca ovviamente poi un attaccamento e una relazione molto più intensa e solida con la persona di Cristo, permettendo di sostenere molto di più un prolungamento anche nella vita quotidiana di questa esperienza di fede. L’emozione percepita, momentanea e intensa, può, cioè diventare sentimento stabile e equilibrato.

Indubbiamente la fatica maggiore a far sì che un’esperienza del genere possa allargarsi  è data soprattutto dalla diffidenza, degli ambienti cattolici italiani, a ciò che punta sull’emozionale e sul corporeo. Molta della nostra pratica pastorale è ancora centrata su un’antropologia in cui la testa è molto più importante del cuore e del corpo, in cui le cose di fede prima vanno pensate e capite e dopo vanno vissute. Ma il dato reale con cui siamo chiamati a fare i conti è che sempre più oggi le persone sono spinte a rovesciare il baricentro antropologico: conta il sentire più che il pensare e la possibilità di comprendere la fede è subordinata spesso all’averla vissuta effettivamente o no. Di fronte a questo dato, la scuola di S. Andres non propone alle persone una riconversione antropologica prima di poter arrivare a Cristo. Ma, in spirito evangelico, accoglie la realtà così com’è e, convinta che Cristo possa darsi anche in una prospettiva antropologica diversa da quella che da almeno quattro secoli caratterizza l’occidente, prova a declinare l’evangelizzazione in canali comunicativi che permettano maggiormente l’incontro con le donne e gli uomini di oggi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)