Divorziati risposati: quale accoglienza?

Viene da chiedersi se il vero lavoro pastorale dopo Amoris Laetitia dovesse avere al centro, oltre alle persone risposate, anche l'intera comunità.
13 Maggio 2022

L’articolo sulla Via Crucis delle famiglie e le poche righe scritte da papa Francesco in risposta ai quesiti posti da fra James Martin a riguardo dell’accoglienza riservata nella Chiesa alle persone LGBT mi hanno riportato al passato e a parole sentite per anni: la chiesa accoglie tutti e non fa differenze fra i suoi figli; se quindi qualche volta si incontra inospitalità o aperta ostilità, ciò deve essere imputato alle persone che fanno parte della chiesa ma non alla chiesa in se stessa.

Sono divorziato e risposato dal 1997. Il mio status, come fedele, era regolato da quanto stabilito dalla Familiaris Consortio, che, pur con toni garbatissimi, ha imposto fino a tempi recenti gravosi divieti in modo indiscriminato a tutti i risposati, senza eccezione alcuna.

In questo lunghissimo periodo, ho partecipato -prima come fedele e poi come operatore- a tante esperienze pastorali, sempre accettando le condizioni che il magistero stabiliva per me. Non accedevo ai sacramenti, pur avendo incontrato infinite volte sacerdoti pronti a somministrarmeli, ed accettando di conseguenza tutte quelle piccole e grandi discriminazioni che -di tanto in tanto- accadevano nella comunità parrocchiale. Discriminazioni non imputabili solo, soggettivamente, alle persone sbagliate -laici o presbiteri che fossero- ma soprattutto ad un magistero sfornito di misericordia e per nulla accogliente.

Però, ripeto, ho cercato di approfondire le ragioni del trattamento riservatomi, concludendo che forse era il mio orgoglio ad impedirmi di vedere correttamente la mia situazione con il distacco necessario. Del resto, la condizione particolare mia e di mia moglie -entrambi divorziati- rappresentava spesso un unicum nelle comunità frequentate e quindi spesso assumevamo il ruolo di testimoni in incontri di vario genere;  quindi questo ci consentiva di avere un ruolo a tratti anche gratificante, al punto di essere coinvolti in progetti diocesani e inter-diocesani. Da un lato quindi, eravamo l’esempio di come il vivere in una oggettiva situazione di peccato grave poteva distruggere la via maestra che porta a Dio, costituita dai sacramenti e dal vivere a pieno la vita comunitaria, dall’altro lato però, fra i peccatori incalliti, eravamo i primi della classe: quelli bravi e buoni che accettavano di buon grado divieti e esclusioni.

Tutto questo è continuato fino alla pubblicazione di Amoris Laetitia. Dopo un breve percorso di discernimento, che tutto sommato avevamo fatto per tanti anni, ci è stata data la possibilità di ritornare ad accedere ai sacramenti. Paradossalmente, nella comunità, questo è stato l’inizio di una rottura.

L’essere ritornati, a pieno titolo, fra tutti i fedeli non ha più permesso alle altre persone di indentificarci  come erano soliti fare e cioè un gradino comunque sempre  più in basso del loro. Graziosamente, ci concedevano talvolta di salire al loro livello ma era ben chiaro chi fossero i santi e chi i peccatori; di fatto, abbiamo scoperto che la comunità non ci accoglieva a priori ma ci permetteva di farne parte solo dopo aver espresso un giudizio sulla nostra disponibilità a farci umili.  E quindi sono iniziati i problemi.

Le coppie con cui si condividevano alcune esperienze pastorali hanno iniziato a porre piccole e grandi distanze. Minimi gesti d’amicizia un tempo usuali, come un caffè o un passaggio in auto, venivano respinti, sempre però con il sorriso, cosa che rendeva il tutto ancor più crudele. Un processo lento, ma che emergeva con evidenza sempre più forte e che, ad un certo punto, è diventata ostilità aperta, addirittura sfacciata, tant’è che io e mia moglie ci siamo dimessi dalle varie attività e ci siamo allontanati.

Ci sono tanti paradossi in questa vicenda: ciò che prima avrebbe dovuto allontanarci, ci ha legati alla chiesa, mentre ciò che avrebbe dovuto certificare una piena accoglienza, ha provocato il nostro ritrarci.

Sono stato diretto testimone del totale smarrimento di parecchi sacerdoti provocato da Amoris Laetitia. Chiedevano regole e manualetti da seguire per condurre il discernimento, sentendosi forse defraudati dal potere di concedere e negare. Tutto deve essere sembrato loro tremendamente liquido, così come spaventosa la prospettiva che tutto diventasse soggettivo, lontano dalla rassicurante oggettività data da norme fisse. Ed anche per questo, nell’incertezza, è stato tutto un pullulare di commissioni diocesane sul come approcciarsi ai risposati che chiedevano la riammissione ai sacramenti.

Tutto questo non ha toccato solo i sacerdoti ma anche i tanti laici impegnati, che di norma erano costituiti da coppie regolarmente sposate in chiesa, cresciute all’ombra del campanile. É stata comprensibile la loro difficoltà.

Di per sé, un risposato è una persona che ha scelto di vivere costantemente nel peccato, quindi l’accoglienza precedente ad Amoris Laetitia, rappresentava già un difficilissimo banco di prova per quelle coppie che invece sarebbero state disposte a sacrifici inenarrabili piuttosto che venir meno alla promessa matrimoniale. Si trattava infatti di vedere un fratello o una sorella in chi non si dava affatto pena di porre fine alla situazione gravemente immorale in cui si trovava e che, allo stesso tempo, chiedeva di far parte della comunità.

Peccatori non pentiti ma accolti, in pratica, un ibrido mostruoso. Però, era d’aiuto l’imporre a queste persone limitazioni e divieti:  non puoi essere perdonato, non puoi comunicarti, far parte del consiglio pastorale, leggere all’ambone, essere padrino o madrina… insomma questo era il dazio da pagare che metteva bene in chiaro le differenze tra chi siede a pieno titolo nella chiesa e chi no.

Poi tutto si è confuso: i divorziati risposati, pur continuando a vivere nel peccato, potevano ritornare ad essere perdonati così come vengono perdonate le persone che si sforzano in ogni modo d’avere una vita retta. Accettare questo richiede davvero avere assorbito il vangelo fino all’ultimo iota. Ed allora, viene da chiedersi se il vero lavoro pastorale, dopo Amoris Laetitia, non dovesse avere al centro, non solo le persone risposate, ma la comunità per intero proprio in termini di discernimento personale. Comunità che però è stata abituata da sempre a ragionare in termini di merito e di demerito, anche riguardo all’accesso ai sacramenti.

Non so se l’esperienza mia e di mia moglie sia comune ad altre persone, anzi mi auguro che almeno qualcuno sia stato più fortunato di noi. Questo però ci riporta all’assunto inziale. Chi abbiamo incontrato nei tanti anni di cammino prima come utenti e poi come operatori pastorali? Abbiamo incontrato la Chiesa o abbiamo incontrato uomini di chiesa forse poco adatti ai loro compiti? Oppure questa distinzione è solo un modo per cavarsi d’impaccio, rispetto ad una chiesa che -nel suo complesso- non riesce più a leggere la realtà, al punto che da un lato predica il dovere dell’accoglienza e dall’altro si comporta, nel concreto,  in modo del tutto opposto? Un tempo punendo con mille divieti i risposati e poi, dopo Amoris Laetitia, non riuscendo ad accettarli come fedeli a pieno titolo?

 

16 risposte a “Divorziati risposati: quale accoglienza?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    …..quindi la separazione e il male minore, per il bene dei più deboli. Se la motivazione è per il bene delle persone, significa fare un altro percorso di vita. Può essere che già all’inizio l’Unione non fosse supportata dalla stessa fede, in tal modo che può rendere nullo il legame sacramentale; ma anche impegni che invece promuovono alla separazione, sempre a fin di bene e rispetto delle singole persone. Dio comunque c’entra in tutti i casi, la coscienza di una persona di fede non vuole rompere con Lui. E fa bene, perché è datore di doni, sostiene chi crede in Lui, porta il suo peso allenandolo al coraggio. Dio ha fatto l’uomo perché anche sia santo, questo richiede che la materia è sempre fragile, e non sempre lo spirito e così alto. In ogni situazione le nostre decisioni implicano un dare se è l’amore il filo conduttore, e questo implica sacrificio …….si dice però che è l’amore a vincere, quale? …solo Dio .che vede nel segreto del cuore può giudicare,

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La coppia che va in chiesa a esprimere promesse davanti a Dio, sono gli stessi sposi ministri, perciò molto importante, ma magari si scopre dopo, che abbiano la stessa cultura cristiana, non bastano i certificati. Inizialmente tutto sembra Pacifico, facile, esiste un amore che sembra essere maturo per fare promesse. Ma la vita che si presenta e piena di sorprese, si scoprono verità, che vanno a incrinare la sicurezza di un sentimento. Certo è anche naturale che questo accada, dipende quindi dal grado di amore anche sacrificale, di uno, ambedue il superamento di conflittualità, la famiglia e l’impegno verso il bene dei figli richiede responsabilità a scegliere anche per il loro bene. Certo se si è credenti e molto più impegnativo il decidere, Dio e influencer, ma anche datore di doni, anche liberatore, non castiga, sa leggere nel cuore ciò che dall’esterno non si vede.

  3. Luigi Autiero ha detto:

    Ma escludendo chi è ateo o appartiene ad altra Chiesa, può succedere che una unione si riveli sbagliata…….

    Cara Francesca
    Guardando solo l’Italia cosiddetta “cristiana”, la % delle separazioni è molto alta “(+49,3%) 21 feb 2022″
    Cristiano è sinonimo di discepolo del Signore.
    Questi si sono ravveduti, convertiti, credono in LUI e LO seguono e servono da vicino.
    Quando IL Signore abita nei cuori ,” non sulle mura di casa” questi sono trasformati e non vivono le brutture dell’adulterio e di altri peccati, ma si amano.
    Il peccato piace e abbonda in chi vive senza di LUI.
    Il mio commento precedente ci sta tutto, poi ognuno è libero di vivere la sua vita come vuole;
    la fede in Cristo è altro.
    Saluti

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma escludendo chi è ateo o appartiene ad altra Chiesa, può succedere che una unione si riveli sbagliata, per esempio qui ci si scambia opinioni proprio perché ognuno ha una idea altra rispetto al problema sollevato e tutti si è dei battezzati. Quindi esiste il fatto di separazione, fin da Gesù Cristo, o infedeltà altre, che la convivenza rivela. Si tratta di Fede, quanto questa si riveli esistente o no, malgrado la “promessa” , e questa incide e sulla vita della Chiesa che su quella della singola persona. San Paolo ha lasciato scritti in merito non solo a regola di situazioni che si possono creare ma a mettere in risalto cosa è il bene, secondo Dio, di quale amore la persona per se stessa, dovrebbe vivere, e in ogni caso il sacrificio ne fa parte. ed è questo che non trova consenso,; accettare le difficoltà e anche questo amore ma non da tutti compreso., accade anche in ogni altro stato la persona si trovi.

  5. Luigi Autiero ha detto:

    Tanti , non hanno una relazione con Lui
    e che vivono il peccato che piace
    Non leggono quasi mai il vangelo.
    Mai si ringrazia il Cristo, per la vita, il pane, figli, lavoro;
    mai si prega per i figli , affinchè D-o ,li preservi, dalla schiavitù del peccato:
    fumo, alcolismo, violenza, disprezzo di D-o, orientamenti sessuali contro la volontà di D-o, che produce in loro :
    tristezza, noia, rabbia.
    Ecco manca la Relazione con Lui ed il peccato moltiplica
    Lontani da LUI, è inevitabile essere immersi nel mondo e servirlo.
    Si legga ,D-o cosa dice in :1 Corinti 6, 9-11
    LUI non caccia via nessuno che va a LUI col cuore e che si Ravvedono, e li lava, dalle brutture del peccato, per vivere una vita da figliuoli di D-o adottati.
    Parliamo con LUI;
    orazioni recitate non si alzano da terra

  6. Luigi Autiero ha detto:

    Salve
    Senza puntare il dito contro alcuno, dico la mia da ciò che leggo nel testo sacro.
    In ogni famiglia dove i coniugi hanno una relazione col Signore Cristo, non vi sono separazioni..
    Prima di far parte dell’Ekklesia ,”non parlo di denominazioni religiose”
    occorre Ravvedersi e convertirsi al Signore Cristo; questi sono l’Ekklesia.
    La fede è relazione col Signore, credere in LUI ,e LUI invocare per essere salvati; il resto è religiosità sterile.
    La causa di tanti divorzi, e orientamenti sessuali che D-o condanna , è una vita che si conduce lontano da LUI; vivendo la religione, ma non la fede-relazione.
    Si vero; Gesù non è venuto per Giudicare , ma per salvare; ma un giorno Giudicherà i peccatori che hanno seguito e servito le brutture del peccato; quelli che non si sono Ravveduti.
    Si deve abbandonare il peccato, convertirsi a LUI, Nuova Nascita
    Senza siamo solo religiosi come tanti.

    segue

  7. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Dire che Dio e amore risponde a verita, ma non basta amare secondo natura, la quale è debole, non perfetta. Dio è intervenuto a rendere la nostra vita naturale …immortale. L’amore cristiano contempla un dare senza tempo, comporta il sacrificare all’occorrenza di se per l’altro , gli altri e questo accade nella famiglia se cristiana. E’ Dio che l’ha pensata così, secondo la Sua idea di amore. . Se si va all’altare e di fronte a Lui si fa promessa, non è che ci si può ripresentare pretendendo di ripetere la medesima con la scusante di essersi sbagliati. Può accadere, è umano ma comporta un sacrificio ,possiamo però contare sul suo amore, siamo sempre figli. La separazione comporta tenere fede all’impegno, anche sacrificante, ma e il sacrificio che fa scoprire la vera natura dell’amore secondo Dio,.

  8. romano siciliani ha detto:

    Io penso che il bene e il male siano necessariamente e definitivamente separati. Il tema è: quale comunità cristiana hanno incontrato e vissuto questa coppia? lo stigma altrui del divorziato/risposato è tale da cancellare in noi la coscienza di essere peccatori perdonati, e riperdonati, e ancora riperdonati dalla Misericordia di Nostro Signore?

  9. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    IL problema sta nell’aver trasformato la nostra RELAZIONE con Dio in un CCC, un pechenino di regole e regolucce… ( Chi sa del buco nel condom di Sgreccia?).
    Dove casca l’asino? Banalmente quando all’interno della CC il confine bene/male viene spostato. Che pena mi fa chi lo invoca!
    Posso invitare ad uno studio della Parola che non riduca l’Eden ad una mela??

  10. iolanda marsiglia ha detto:

    Secoli di giudaismo e cristianesimo hanno raccolto e formulato, come prima presso i Greci e in altre civiltà, il conflitto radicale fra necessità di vivere l’integralità della vita e il bisogno di salvezza.
    Le norme servono ad alleviare l’angoscia per questa condizione, che non può essere eliminata da pur assai benemeriti
    riforme e rinnovamenti.
    Una lettura anche storico critica dei testi sacri ci consente di notare che allora ci si sposava appena sessualmente maturi e si moriva toccando raramente i 40 anni. Il peccato era l’adulterio inteso non come nei tempi moderni che hanno visto nascere anche l’inquietante peccato della fornicazione.
    In una realtà dello Spirito Santo, la sessualità dovrebbe essere significante della natura relazionale dell’uomo.

  11. Paolo Cardoni ha detto:

    Grazie di cuore per la testimonianza. Credo che sul tema divorziati-risposati e sul matrimonio in genere sia proprio da rivedere completamente l’aspetto sacramentale. Se il matrimonio è celebrato come sacramento c’è poco da fare. Ma il matrimonio non è sempre stato sacramento. Per quasi un millennio è mezzo non lo è stato. Oggi semplicemente non c’è la possibilità di poter costruire seriamente una famiglia senza celebrarlo come sacramento. Di fatto si allontanano anche le coppie conviventi. Si dovrebbe reintrodurre una forma di matrimonio attraverso un rito di benedizione senza per questo creare matrimoni di serie A e B. Solo dopo anni di convivenza e attento discernimento la coppia potrebbe affrontare quello sacramentale con il vincolo di indissolubilità. Ovviamente la questione è molto più complessa ma credo di aver reso l’idea.

  12. Elisabetta Manfredi ha detto:

    Grazie per la testimonianza, ma che tristezza! Queste persone che vi hanno respinto devono vivere davvero tristemente la loro fede, non un annuncio di gioia ma una serie di distinguo che permette loro di sentirsi tra i buoni. Vi ammiro moltissimo per la vostra perseveranza, ma temo che la abbiate usata nel luogo sbagliato. Nulla andrà perduto di quello che avete seminato, ma magari seminare in altri campi vi avrebbe dato più gioia… Come dico sempre in questi casi, come donna subisco da sempre discriminazioni più o meno pesanti nella CC, e da tempo ho deciso di zappare in campi senza una croce sul cancello, campi del bene e quindi sempre campi del Signore.

  13. gilberto borghi ha detto:

    Grazie davvero di questa testimoninanza e della riflessione. Ho l’impressione che due cose non dichiarate stiano alla base di Amoris Laetitia: da una parte una spiritualità matrimoniale non fondata sul sacrificio e l’idea che bene e male non sono divisi da una linea netta, ma hanno un confine sfumato… Trasformazioni che, per essere accolte davvero, richiedono generazioni di cristiani. Perciò, per ora, il rancore malcelato (delle coppie che si sono sforzati di stare dentro le regole), la confusione dei preti (di quelli legati al legalismo) e la difficioltà di relazione (dentro alle comunità che non accettano il cambiamento) non possono essere superatri.

    • Gian Piero Del Bono ha detto:

      “L’ idea che bene e male non sono divisi da una linea retta”
      Beh , questa e’ un idea molto vecchia. Vecchia come il Mondo. C’ era gia’ Nel Paradiso Terrestre e il suo portavoce suadente era il Serpente: il bene e il male non sono divisi da una linea retta, mangia pure la mela.
      Oggi questa idea trionfa ! il bene e il male non sono oggettivi ma soggettivi : quello che IO penso sia bene e’ benee quello che IO penso sia male e’ male. Se IO penso che sia buono divorziare e risposarsi così e’ , e gli altri , la Chiesa , devono adeguarsi .
      Il Serpente ci ha azzeccato a suggerire ad Eva di mangiar la Mela. Fuor di metafora: la Chiesa oggi dovrebbe servire chi , Dio o il Serpente? Oppure mi risponderete che dipende…., o che il Serpente non esiste… o che mah, boh magari il Serpente e’ buono e Dio e’ cattivo,,…oppure che non sappiamo davvero se Gesu’ abbia predicato il matrimonio indissolubile lerche’ Ai tempi non c’ era il registratore!

      • gilberto borghi ha detto:

        No Gian Piero. Nell’Eden il serpente dice che mangiare il frutto non è male. Nega la differenzxa tra bene e male. E il soggettivismo non è che esiste una linea sfumata tra bene e male, ma che tale linea, a volte anche più netta dell’oggettivismo, la decide il singolo. Sono cose diverse da quella che intendo io. Io sostengo che bene male sono distingubili e realmente sono cose diverse, ma che la loro differenza è sfumata e graduale. Possibile che l’unica alternativa sia tra oggettivismo rigido e soggettivismo radicale? si tratta solo di usare la logica. La realtà non è mai solo bianca o nera. Non sono io a dirlo, ma l’esperienza di vita.

  14. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Gg fa citavo Giovanni, anzi Gesù che ci diceva che Lui non è affatto venuto per GIUDICARE.
    Quanti secoli dovranno passare perché il Suo messaggio sia re epito dalle Religioni che vogliono sostituirsi a Lui??

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