Una via di sguardi, dall’ultima cena alla croce

“Non avere occhi spenti. E che sia questo il Vangelo?” (don Angelo Casati)
8 Marzo 2024
  1. Lo sguardo di chi sa inginocchiarsi e non cerca una ricompensa

 Forse tu Dio
odori i miei passi
al calpestio dell’ombra
nel bosco.
Ancora attendi paziente
all’ultimo tornante.
Deporrai la veste
cingerai l’asciugamano
ti chinerai nell’acqua
a lavare i piedi
sporchi di sabbie e di strade.
E io vedrò i tuoi occhi
nell’acqua di un catino.

(don Angelo Casati)

«Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui s’era cinto.» (Gv 13, 4-6)

Che sguardo hanno visto in te i tuoi amici quando ti sei inginocchiato ai loro piedi in quell’ultima cena? Avrai fatto brillare l’acqua con quei tuoi occhi di Cielo, capaci di vedere fino alla fine l’altro prima di te stesso.
In questo momento, la Terra mi sembra troppo povera di sguardi così. Di sguardi che non cercano nessuna ricompensa. Di sguardi che sanno concentrarsi sulle povertà dell’altro senza giudizio, senza distanze, solo alla ricerca di quella bellezza perduta che può essere restituita attraverso l’amore.
Non siamo capaci di servire i poveri senza pensare che un po’ siamo bravi. Non siamo capaci di amare senza pensare che però non possiamo sempre essere noi quelli che si scomodano, che fanno il primo passo. Non siamo capaci di restare ai piedi, sullo sporco dell’altro, con la fiducia che quel nostro rimanere inginocchiati può generare vita nuova. Ancora non siamo capaci. Ma tu ancora ci attendi paziente all’ultimo tornante per insegnarci come si fa.

  1. Lo sguardo amante del perdono nel tradimento

 Saranno i tuoi occhi a cercarmi
all’ultima postazione
del mio smarrimento.

(don Angelo Casati)

«Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote.
Pietro lo seguiva da lontano. […] Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici.» E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallò cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro»
(Lc 22, 54-60)

Non stancherò mai di chiedermi che profondità, che dolcezza, che passione ferita ma non arresa custodivano i tuoi occhi quando hanno incrociato quelli schivi e già pieni di lacrime di Pietro. Mi trema ogni volta in cuore a leggere di questo vostro sguardo. Tu, Pietro, quanto hai sofferto nell’accettare di essere amato dentro alla tua meschinità di tenebra? Tu, Gesù, che coraggio hai avuto nel continuare ad amare l’amico dentro a un tradimento così?
Io non so, Dio, come si fa a guardare chi ci ferisce con la tenacia e la tenerezza con cui tu hai guardato Pietro.
Non so come si fa a non avere uno sguardo di delusione che diventi condanna o fuga.
Ma forse, prima ancora di preoccuparmi di imparare a guardare chi mi ferisce come tu hai guardato Pietro, ho bisogno di sentire quel tuo sguardo su di me. Vieni a cercarmi, Dio della fiducia, dentro ai miei tradimenti quotidiani. A volte cado così in basso che vorrei scappare da te per sempre. Eppure, tu, coi tuoi occhi ardenti, non ti stanchi di venirmi a cercare all’ultima postazione/ del mio smarrimento e sei occasione immensa di riscatto dal mio abisso.

 

  1. Lo sguardo di chi non cerca un oltre

 Mi appartengono occhi velati
che non varcano l’oltre.

(don Angelo Casati)

 «Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non rispose nulla. […] Anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui»
(Lc 23, 8-11)

Erode nutre il desiderio di vederti non perché vuole capire chi sei, ma per il puro gusto di scorgere in te il gossip fugace che è sulla bocca di tutti. Vorrebbe il colpo di scena e rimane amareggiato nel trovarsi di fronte a un uomo sfigurato e che tace. Forse per rabbia che nasce dalla delusione, forse per quell’appagamento superficiale che deriva dalla cattiveria, non vedendo in te quello che brama, ti maltratta.
Sembra tutto così surreale che è istintivo schierarsi contro Erode. Eppure, tante volte, il nostro modo di guardare gli altri è proprio come il suo: pieno di aspettative e riduttivo.
Quante volte, a scuola, i miei alunni si mettono a piangere perché si sentono imprigionati dentro agli sguardi soffocanti di genitori che chiedono il miracolo, senza rendersi conto che il miracolo lo hanno sotto il naso, dentro a quel figlio, quella figlia piena di vita.
Quante volte amiamo qualcuno non per come è, vedendolo davvero nei suoi limiti ma anche nei suoi irripetibili inediti, ma cercando in lui o in lei una conferma dell’idea rassicurante – ma anche molto riduttiva – che ci siamo costruiti.
Sono tutti sguardi che si fermano sulla soglia; che non hanno il coraggio di varcare l’oltre; che si perdono l’infinito che hanno davanti. Erode, focalizzato sull’immagine dell’uomo che vorrebbe vedere, non si accorge che ha di fronte il Figlio di Dio. Noi, focalizzati sull’ideale che abbiamo in testa, ci perdiamo l’infinitamente bello e inimmaginabile che ci metti vicino. Conduci i nostri occhi, Signore, oltre la soglia delle cose; permettici di gustarne il segreto più profondo.

  1. Lo sguardo di chi, obbedendo, si accende

Mi hai acceso
sogni in pupille:
essere nella vita
semplicemente
un piccolo
ciottolo grigionero
e tenere aperta
notte e giorno
instancabile
una porta.

(don Angelo Casati)

«Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.» (Lc 23,26)

Chissà se tu e Simone avete fatto in tempo a guardarvi prima che i soldati gli caricassero sulle spalle la tua croce… Vi immagino così: tu, Gesù, coi tuoi occhi stanchi ma non arresi che quasi gli chiedi scusa. Lui, che pur non potendo fuggire da quell’imposizione, ti dice di sì e trasforma una condanna in un’occasione. Mi piace pensare che gli occhi di Simone, dopo averti incontrato, si sono accesi un po’ di più, si sono fatti testimoni della libertà tenace che nasce dall’obbedienza. Non si offre lui di portarti la croce, però la accetta e forse approfitta di quella vicinanza costretta, per condividere con te la strada.
Spesso nella vita capitano eventi che non vorremmo. A volte ci troviamo in relazioni che ci affaticano. A volte è il lavoro che non ci appaga. A volte è una malattia. Per qualcuno, addirittura e purtroppo, una guerra. Viviamo nella costante illusione che la libertà coincida con la possibilità di scegliere tutto sempre… ma non è così, e tu, Simone, ce lo insegni da capo. Ci sono delle volte in cui non possiamo scegliere se portare o meno una croce, ma possiamo scegliere il modo con cui farlo. Aiutaci, Dio amante della libertà, a portare le croci che ci capitano addosso come occasioni per fare un tratto di strada con te e lasciarci accendere nelle pupille uno sguardo nuovo, libero, nonostante la prigionia della croce.

 

  1. Lo sguardo che, anche da chiuso, insegue orizzonti

Conosco occhi chiusi
i tuoi
come di innamorati.
[…]
Navigano terre
inseguono orizzonti
s’incendiano ai volti.

(don Angelo Casati)

 

«Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò»
(Lc 23, 44-46)

Arriva l’ora in cui anche tu chiudi gli occhi. Dopo aver incontrato centinaia di sguardi, da quelli che non ti hanno lasciato un secondo, come quelli di tua madre Maria o di Giovanni, a quelli che hanno provato a disintegrarti guardandoti come il peggiore dei malfattori, viene il momento anche per te di morire. Qualcuno pensava che sarebbe finita diversamente questa tua via crucis. Qualcuno tra quelli che ti hanno visto moltiplicare i pani e resuscitare Lazzaro, fino all’ultimo secondo ha creduto che i tuoi occhi non si sarebbero mai chiusi. Tu però scandalizzi fino alla fine e oltre. Sì, oltre. Perché anche da chiusi, i tuoi occhi cercano un nuovo orizzonte. Non si fermano nel buio della morte, ma si incamminano verso la risurrezione. Li tieni chiusi per poco, giusto tre giorni, ma poi li riapri per sempre.
Signore, facciamo fatica a fidarci che è possibile custodire occhi innamorati anche dopo la morte. Facciamo fatica a credere che la vita continua anche dopo che abbiamo chiuso le palpebre ai nostri morti.
Eppure, nonostante ci fidiamo sempre meno dell’eternità di questo nostro esserci, abbiamo sete di nuovi approdi, di nuovi volti, anche oltre la morte. Abbiamo sete di una speranza di occhi che, anche da chiusi, navigano terre. Oggi più che mai abbiamo bisogno di te e dei tuoi occhi temporaneamente chiusi: dall’alto della tua croce ci insegni che per contemplare per sempre la vita, è necessario accogliere la morte. Insegnaci a morire, senza morire per sempre. Insegnaci a guardare così bene e in profondità le cose della vita che quando dovremo chiudere gli occhi continueremo a restare innamorati e ad attendere un altro inizio.

 “Oso chiederti per grazie
che sia tu, Signore,
la luce segreta
dei miei occhi impoveriti
e sia congiungimento
tra parola e parola
tra sillaba e sillaba.
Tu a ridare senso al non senso,
tu luce dei miei occhi, o Dio.
Me ne vado vivendo
e sorrido.”

 Don Angelo Casati

2 risposte a “Una via di sguardi, dall’ultima cena alla croce”

  1. Luciana Alessandrini ha detto:

    Questo testo l’ho letto più volte, mi è entrato nel cuore e nella mente, mi riconcilia con il rito della Via Crucis! Grazie!!!

  2. Silvana Colturani ha detto:

    Grazie , leggo sempre il vostro sito e soprattutto in questo periodo la Via Crucis. L’aver sottolineato il verbo vedere questo venerdì mi ha molto affascinato e aiutato a riflettere. Buona giornata. Silvana

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