Oggi ci accompagnano sette fratelli, che si trovano ad essere protagonisti di due diverse storie.
Nella prima lettura sette fratelli vengono torturati e decidono di morire per non rinnegare la legge dei padri, convinti della futura risurrezione in Dio; nel racconto del Vangelo abbiamo, invece, sette fratelli morti dopo aver sposato la stessa donna e la domanda sulla loro sorte nella vita futura. Sette fratelli per un unico caso: la risurrezione.
Dopo pubblicani e farisei, oggi troviamo i sadducei. Anch’essi no06n sono da meno per quanto riguarda ostentazione e pretese di verità precostituite. Volti dell’aristocrazia d’Israele, impegnati a mantenere il patrimonio, essi non possono, o non vogliono, considerare il tema della risurrezione: alla fine perché pensare alla risurrezione quando Dio consegna all’uomo il bene nella sua vita terrena – secondo il tema della retribuzione? Perché non ridicolizzare coloro che al contrario credono alla resurrezione, e quindi che ricadono nell’assurdo, soprattutto ora che si trovano davanti a quel Gesù di Nazareth tanto ascoltato e seguito? L’occasione – si sa – è un peccato perderla e i sadducei ne approfittano subito.
Da buoni ebrei prendono spunto da un brano famoso della vicenda di Tobi a Sara per creare un perfetto aneddoto, da presentare al maestro di Israele, che rispecchia la legge di Mosè sul Levirato (Dt 25,5-10).
Così una donna vedova senza figli doveva essere presa in moglie dai fratelli minori per mantenere la discendenza che spettava al fratello, ma questa sfortunata vedova ha visto passare la bellezza di sette fratelli prima di morire. Così la domanda sarcastica a Gesù procede da sé: di quale marito sarà questa moglie?
Il Maestro si mostra come tale, con una conoscenza della Legge e dei salmi che gli permette di disinnescare la trappola. Così inizia a parlare dei figli della risurrezione che vivranno nell’eternità come figli di Dio; poi recupera la figura colossale di Mosè per dimostrare proprio la presenza della vita eterna anche nella tradizione. Infatti, neanche i Sadducei potrebbero mettere in discussione la definizione che Gesù richiama, che riprende la presentazione di Dio a Mosè nel roveto ardente, quindi «il Dio di Israele è il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe» è quello stesso Dio che viene associato alla vita anche dai profeti (come Isaia). Così echeggia una frase di Is 38: «Poiché non gli inferi ti lodano, né la morte ti canta inni; quanti scendono nella fossa non sperano nella tua fedeltà. Il vivente, il vivente ti rende grazie come io oggi faccio. Il padre farà conoscere ai figli la tua fedeltà».
Si conferma così come Dio è contornato dai vivi, non dai morti, e questo non può essere negato.
Questa certezza era riflessa nel cuore dei sette fratelli che decidono di perdere la loro vita per Dio, sicuri di riceverla proprio da Lui nella risurrezione. Sette fratelli per un Dio di vita.
Parafrasando: questo Dio che conosciamo attraverso le Scritture esiste perché leggiamo di uomini e donne esistiti, i tempi lontani ma vissuti nei fatti narrati che li riguarda a conferma he senza sapere di loro non potremmo credere alla vita esistita, come capita per la natura, le foglie cadono, altre ne verranno ma senza lasciare se non strame mentre una vita umana ha un nome e una storia he lascia scritta a qualcuno che la conoscerà e potrà di lui/lei parlare. Consolante la cosa perché non si può convenire con coloro che pensano valga quanto l’erba che disse a. Una persona cara ci manca molto per l’amore che condiviso, per momenti belli,brutti vissuti e il fatto che Gesù Cristo abbia confermato circa una resurrezione, be’ vuol dire vita che non è stata solo inutile ma ridonata attraverso ciò che di bene abbiamo costruito anche per mezzo di Lui e nella fede in Lui noi esistiamo come i nostri cari sono esistenti per noi.