L’intimità sorprendente e possibile con Dio padre

Oggi si apre uno scenario, direi quasi da capogiro, su qualunque esperienza negativa o ferita che possiamo vivere riguardo al nostro rapporto col paterno
24 Luglio 2022

Le letture di oggi ci introducono al grande tema dell’intimità tra uomo e Dio Padre. Aldilà del tipo di esperienza che ognuno di noi possa aver fatto del proprio padre e del suo essere figlio e fratello, oggi si apre uno scenario, direi quasi da capogiro, su qualunque esperienza negativa o ferita che possiamo vivere riguardo al nostro rapporto col paterno.

È come se, in qualche modo, il Signore ci dicesse: “So chi sei, conosco la tua storia, la tua bellezza fin dall’inizio come pure la tua fatica e il tuo dolore, ma io per te sono questo: sono quel Dio che parla così confidenzialmente con Abramo, quel padre che perdona fino in fondo al cuore, quel Padre, così totalmente intimo al Figlio Gesù, al punto da donarvi il Padre nostro. Vuoi davvero seguirmi in questo volo ardito, che supera e recupera ogni tua storia e ogni possibile ferita? O vuoi restare attaccato al mancato amore che ha attraversato la tua vita e farti inchiodare da questo alla tristezza?”

Il Signore ci dà tempo perché l’intimità è un grande dono, che spesso non decidiamo noi… è forse una di quelle poche dimensioni della vita che “accadono” senza che le abbiamo costruite con grandi sforzi, perché è un dono totale e gratuito. Tutti infatti prima o poi, in una qualche relazione di vario tipo, ci siamo ritrovati a sperimentare la bellezza potente di sentirci a casa con una determinata persona, compresi e conosciuti da sempre, vivendo anche la pienezza di un dialogo vero, con gesti spesso che avevano il sapore di un “per sempre”.

Se questo avviene, o è avvenuto, come dono raro nella fragile esperienza delle relazioni umane, certamente è presente nel dialogo accorato di perorazione per la salvezza delle città corrotte tra Abramo e il Signore. Nonostante l’intimità confidenziale e l’ardire di un rilancio di richieste per ben sei volte, come in un gioco tra ragazzi, egli riconosce a Dio tutta la sua grandezza e il divario che c’è tra loro in una chiara relazione non paritaria, dove lui stesso si definisce “polvere e cenere”, mentre Dio è il vero giusto che riconoscerà e salverà la giustizia di pochi uomini, in una misericordia totale che include anche i non giusti.

Forse nemmeno Abramo lo sa, ma questo suo osare sta in piedi sulla certezza tutta di fede che la seconda lettura ci consegna: Dio perdona, sempre, fino in fondo. Non tiene conto dell’ardire dell’uomo, anzi apre lo spazio tra Sé e noi, affinché possiamo osare di presentarci a Lui senza alcuna paura a riguardo del giudizio su noi stessi. Abbiamo mai fatto l’esperienza di un dialogo così limpido col Signore, che si muove tra rispetto, audacia e confidenza piena? Eppure questa è la condizione del cristiano che si sente figlio del Padre.

Ed è proprio questa esperienza che apre e introduce al respiro della preghiera che nel Vangelo insegnerà Gesù stesso: non esiste una preghiera intima tra Dio e l’uomo che non apra agli altri, anche a quei fratelli che non sanno o non vogliono sentirsi figli e fratelli. Già Abramo aveva aperto la riflessione su quanto ci sia consentito osare nella richiesta a Dio, ora pare rispondere Gesù nel vangelo, con una parola inequivocabile: chiamandolo padre! Abramo non era ancora riuscito a pronunciare questo nome, perché solo Gesù può farlo in totale pienezza essendo credibile fino in fondo, proprio “annullando il documento scritto contro di noi”. Egli, il Figlio Primogenito, ci include in questa intimità di preghiera che forse i discepoli avevano visto tante volte, rimanendone profondamente affascinati.

Sentiamo questo fascino, nel rapporto tra Gesù e il Padre, e ci siamo mai fatti trascinare verso una confidenza filiale? Proprio guardare quella tenerezza di Gesù fatta di notti in preghiera, silenzi, luoghi appartati, brevi flash a voce alta di dialogo col Padre, di cui tutti i vangeli sono punteggiati, ci permette di restare affascinati dall’intimità del Padre.

E così qui Gesù, completando la modalità di Abramo, ci insegna il giusto posizionamento: prima il “Tu sei” delle prime due invocazioni, dove il nome di Dio deve essere detto santo e il Suo Regno farsi sempre più vicino, nella presenza accolta di Gesù stesso in ogni uomo e in ogni istante della storia. E solo dopo le richieste per un “noi”, sentendoci fratelli nel chiedere pane quotidiano, perdono personale e reciproco, fino alla salvezza da ogni tentazione, che è fondamentalmente quella del nostro abbandonarlo.

Così il Signore, in questo clima di confidenza estrema coi suoi, passando loro il dono che viene dalla sua stessa relazione col Padre, introduce due scene, tanto concrete, quanto lapidarie: quasi due spezzoni di film, che ci aiutino a comprendere. Nel primo, in quell’uomo insistente che bussa a un amico, per sfamare un altro amico, ci svela il senso dell’insistenza, dell’osare lecito col Padre: far circolare l’amore, per non tenerlo per sé in notti e porte chiuse. Nel secondo, con il paradosso di padri terreni, quindi “cattivi” perché prigionieri della propria fragilità, che mai però darebbero serpi e scorpioni, ma pani e uova, si coglie il senso ultimo della bontà del Padre.

E il dono per i figli è questo: lo Spirito Santo, che è la sommatoria di tutte le cose buone che noi possiamo pensare, anche sul piano umano. Unica condizione: che abbiamo il desiderio di chiederglielo; il desiderio di vivere in pienezza senza dover rinunciare a nulla di ciò che è umano, solo perché siamo fragili e feriti, perché posti in quell’intima confidenza che il Padre costruisce con noi da sempre! Sappiamo scoprirla come qualcosa “che accade” nelle nostre giornate e nelle nostre esperienza quotidiane, perché diventi comunione?

2 risposte a “L’intimità sorprendente e possibile con Dio padre”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Dio da Dio, Luce da Luce…..così Gesù Cristo, manoi siamo altro, noi abbiamo bisogno dello Spirito per diventare, fratelli, figli. Provane sia che se ci manca questa Presenza tutto quello che riusciamo a fare una volta costruito perde di importanza, oppure, tutto quello che abbiamo creato e della nostra stessa natura, non durevole, non altrettanto bella. L’egoismo per es. ci fa diventare incapaci di ealizzare vera vita: la famiglia per es. già diventa quell’allargata fatta di incostanza, attratta da un soddisfacimento di desideri che si esauriscono una volta realizzati perché non si è Gesù Cristonati dalla Perfezione, siamo dei tutti in divenire, solo per quell’l’amore infuso come strumento per elevarci, farci diventare eredi di eternità. L’amore sacrificale, non è terreno, richiede volontà, l’impegno di ricorrere a Lui riconoscendolo Padre, diversamente la natura ci riporta solo a restare fatti di terra e a questa tornare.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    “Unica condizione: che abbiamo il desiderio di chiederglielo;”
    Pochi gg fa ho visto in TV l’inizio di un film francese. Amo la loro ‘familiaritá’, provincialità, umanità, come mia cugina Melina, che ha dato il suo nome ad una retrospettiva..
    Una famiglia si sfascia ( così strano?) E la nonna ( oggi è la loro/ns festa 👍😍). Si trascina i tre figli da Parigi in campagna, a vivere con i nonni. Succede che il nonno ha interrotto ogni rapporto con la loro madre, da anni. E i nipoti gliene addebitano la colpa. Fino a quando in una tf con la mamma, qs ammette:
    ” No. Sono stata io che non lo ho più cercato!”
    Vivo q.cosa di simile!
    Cara Chiara ( stesso nome della mia in questione..😡😭), mi sono riletto la Parola ed ho notato come il CENTRO sta in una parola: RELAZIONE. Senza di essa resta solo la MORTE.
    Ciao

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