Il vangelo di oggi ci mostra, secondo Mc, il primo scontro “ufficiale” tra Gesù e una parte rilevante degli intellettuali ebrei: i Farisei e una parte degli scribi. I primi, sembra abbiano organizzato volontariamente questo incontro, tanto che Mc lascia intendere che ci sono tutti quelli di Cafarnao, e quasi danno a questo evento lo stesso valore di quando vanno in Sinagoga (il verbo “si riunirono” è il medesimo in entrambi i casi, v. 1); gli scribi (i teologi ebrei) si sono mossi addirittura da Gerusalemme, dalla grande città a circa 200 km più a sud, facendosi quattro giorni di cammino. La questione, perciò deve essere grossa.
L’occasione è data dall’osservazione che i discepoli di Gesù mangiano, senza prima essersi lavati le mani. Ma la domanda vera a Gesù non è igienica, bensì religiosa: “Perché i tuoi discepoli non camminano secondo quanto ci hanno consegnato gli anziani?” (letterale v. 5). Nei primi cap. di Mc, già per quattro volte (2,7; 2,18; 3,6; 3,22) era capitato che Gesù, facendo cose non secondo la tradizione dei padri, avesse mosso la reazione oppositiva degli intellettuali ebrei. Questa volta, la domanda sembra andare al cuore della faccenda: sei o no nella tradizione dei padri?
Come spesso accade, Gesù non risponde direttamente, ma cerca di mostrare che il punto di partenza dei suoi interlocutori non è corretto: “Avendo mandato via da voi l’intenzione di Dio che vi regola, voi vi fate forti di ciò che gli uomini vi hanno consegnato” (letterale v. 8). Perciò il vostro cuore “lontano, sta distante da me” (letterale v. 7). Il cuore nel linguaggio biblico è la sede delle intenzioni della persona. Perciò, tradotto, Gesù dice: le vostre intenzioni si sono allontanate da Dio e si tengono lontane, non sono disposte ad avvicinarsi a Lui.
Eppure, il motivo per cui Gesù viene ripreso dai suoi interlocutori è che, non rispettando la tradizione dei padri, non si resta puri. Che appare un’intenzione buona, anzi, mostra il desiderio di essere il più possibile fedeli all’essere Ebrei. Solo che Mc usa ben 5 volte qui, una parola traducibile con “puro”, ma che di per sé indica la condizione sociale di chi si distingue dalla normalità di tutti, di chi, quindi, non si “contamina” con gli altri, perché lascia tra sé e agli altri un confine che lo differenzia molto da tutti gli altri uomini.
Diventa allora paradossale la costatazione che questa stessa parola ha la stessa radice greca della parola “comunione”, cioè di quello stato di relazione tra le persone in cui si percepisce che siamo tutti parte di un tutto positivo dove è più importante l’unità di fondo dell’umanità stessa, che le differenze identitarie dei singoli.
In questo senso, perciò ricercare la purezza e fuggire l’impurità significa identificarsi tanto da isolarsi e sentirsi diversi dagli altri. Non a caso i Farisei erano proprio quelli che si erano isolati dagli altri ebrei. Una purezza, quindi a cui non interessa l’unitarietà universale degli uomini, ma cerca il puro come “separato”, che perciò, spessissimo finisce per far sentire la persona superiore agli altri.
Questa purezza viene “bollata” fortemente da Gesù, perché a Lui interessa, invece, che ogni singolo possa costruire sé stesso nel cercare la comunione con tutti gli altri. Non a caso i dodici atteggiamenti che vengono stigmatizzati da Gesù alla fine del brano, sono tutti potenzialmente degli attacchi alla relazione umana tra le persone, mentre non viene menzionato nessun atteggiamento che abbia a che fare con la “religione”, cioè direttamente col rapporto con Dio.
Era, invece, il Talmud, cioè la ricostruzione scritta della tradizione orale della rivelazione data a Mosè sul Sinai, che aveva costruito ben 613 regole di comportamento, in modo da distinguere nettamente gli Ebrei dagli altri e da sentirsi così, depositari unici della volontà di Dio. La parola di Gesù è, perciò un pugno in faccia a questa tradizione orale: per gli ebrei essa è dei “padri”, i canali autentici della intenzione di Dio; per Gesù, invece, viene dagli uomini, è ciò non garantisce che sia secondo l’intenzione di Dio.
Il dramma, perciò, non sta nel seguire la tradizione, ma nell’avere un’intenzione in cui la propria identità sia data solo da ciò che ci rende diversi dagli altri, dove, quindi, solo la propria interpretazione della tradizione diventi lo strumento per sapere chi si è. Cristo non chiede questo, ma chiede di risalire all’essenziale dell’intenzione di Dio, su quello appoggiare la nostra identità e poi lasciare che Lui modelli le nostre intenzioni su quell’essenziale: amare Dio con tutto sé stessi e il prossimo come sé stessi (Mc 12, 28-31).
Nella finta diatriba tra tradizionalisti e progressisti si perde spesso proprio questo essenziale. I tradizionalisti, spesso lasciano capire che per loro l’essenziale è proprio la definizione della propria identità come separazione netta dal mondo attuale, appoggiandosi così solo sulla loro interpretazione della tradizione e, proprio come gli interlocutori di Gesù, dimenticano l’essenziale di Dio. Va riconosciuto, invece, che sono innumerevoli le regole della nostra tradizione che sono solo di “uomini” e che ancora oggi nella Chiesa manteniamo.
Ma quando i progressisti vogliono fare piazza pulita di queste regole umane, spesso sembra che la loro intenzione sia quella semplicemente di adeguare il vangelo di Cristo al pensiero corrente, andando verso una identità di sè il più possibile simile alla cultura dominante, in cui tutte le intenzioni sono secondo Dio, cioè, alla fine intenzioni di amore, per il semplice fatto che un “io” le vuole. Ma anche qui l’essenziale dell’intenzione di Dio sembra non esserci più e spesso nei loro discorsi appaiono come “dispersi nei pensieri del loro cuore”.
C’è una parola, in questo brano, che qualifica entrambi questi atteggiamenti: ipocrita. (v. 6). Il suo significato biblico, non è quello morale dispregiativo che ha oggi, ma semplicemente andrebbe tradotto con “teatranti”. A dire che chi perde l’essenziale, poi si trova a “rappresentare” la scena di un copione che non è il proprio, vivendo una vita non propria. Da un lato, idolatrando la tradizione ci si sforza di aderirvi, immaginando che questo ci renda puri. Dall’altro ci si sforza di convincersi che ogni intenzione umana va rispettata, anche zittendo ciò che dal profondo del nostro cuore sale. In entrambi i casi lo spazio lasciato alla “grazia di Dio” resta solo quello per continuare a dire dentro al cuore umano: guarda, l’amore non è così!
I tradizionalisti non si lasciano convertire al senso concreto dell’amore qui e ora; i progressisti resitono allo Spirito che gli ricorda l’indisponibilità dell’amore ad essere “tirato per la giacchetta”. In entrambi i casi poco importa se quegli “uomini” a cui ci si consegna siano del passato, più o meno remoto e santificato, o del presente, più o meno virtuale e “social” condiviso. Parafrasando Agostino: solo chi ama secondo Dio, può fare davvero quello che vuole!
L’accesso al cuore è individuale.
Ma la pretesa che ciò che è soggettivo sia anche oggettivo, forse è il sogno di ogni io che si percepisca separato dal Padre di tutti.
Come discernere ciò che arriva dall’io, maschera superficiale, da ciò che è del cuore, sede della Verità più profonda?
Forse, quando siamo vicino a Dio, assaporiamo quella leggerezza che dona il coraggio di essere se stessi senza voler controllare od ottenere il consenso altrui. Quella tolleranza che non è relativismo, perché è un lasciare andare le difese del proprio.
Sarà banale, perché la parola è abusata, ma serve vero Amore.
Dono totale, senza pretese.
Ma è l’unica Via e non siamo soli. “Chiedete e vi sarà dato”..
Nel cuore del nostro cuore, Cristo consola i cuori sinceri, che si rivolgono a Lui senza maschera e senza volontà di dominio, per trovare risposte che non servano l’io separato dagli altri, ma l’io insieme e per agli altri.
Le vedove.
Quanta attenzione nella Parola.
Quale considerazione presso i primi cristiani.
E oggi?
Vorrei leggere qui una loro testimonianza.
Ricevono l’ attenzione che meriterebbero!
Lontano dalla folla i discepoli interrogarono Gesù sulla parabola:,”Così neanche voi siete capaci di comprendere?”. Almeno loro avevano l’incomprensione come attenuante, e ciò da opportunità a Gesù di chiarire specificare essere importante alla vita dell’uomo. Oggi ci sono molti Maestri, sono ricercati da ascoltare, piu del Maestro il quale sconvolge la vita proponendo una sua libertà troppo sacrificante il volere umano. Eppure vi è sete di ascoltarne molte filosofie da nuovi maestri, che più assecondano desideri come da invenzioni esaltanti, primati sportivi, coraggiose sfide tecnologiche, un mondo costruito da mano e intelligenza e volere dell’uomo. che portano a sognare successo e sempre nuove prosperità al mercato dei desideri. Ma anche una realtà diversa si affaccia come orrori di delitti , guerre senza più senso,malattie della mente e del cuore. Quale Tradizione nuova potrà offrire ciò che quel Vangelo sa essere e dare per la vita dell’uomo di ogni tempo?
….. e, x salvarci dal peccato, regole&precetti a go-go…
quanto bisogno di purità nel leggere capire attuare la parola….,😅
Bah direi più che altro discernimento del peccato, Pietro… you know 😀
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Nel Cristo si stabiliscono delle verità assolute sugli uomini sufficienti per la loro salvezza: l’uomo è figlio di Dio e gli uomini sono tra loro fratelli; l’uomo è peccatore e il peccato non ha a che fare con la morale dell’uomo. Come nel mistero della Trinità in cui egli è nel padre ma ne rimane distinto e in relazione di figlio per la salvezza dell’uomo, così il peccato è nell’uomo ma ne rimane distinto ed in relazione all’uomo per permetterne la salvezza dal male che esso gli causa.
Il peccato si lega alla moralità che definisce ciò che è bene per l’uomo e la comunità in un determinato tempo e luogo. Se nel brano di Marco la morale è legata alle tradizioni da rispettare e tramandare, nella storia la morale, che in un primo momento riguardava più l’ambito economico, ha poi riguardato più la sfera sessuale. Nella storia più recente ed attuale si supera la morale sessuale e si relativizza anche l’importanza della morale stessa e, in ambito religioso, l’importanza del peccato, dimenticandosi forse che il figlio è venuto sulla terra proprio per salvarci dal peccato e la sua relazione con l’uomo avviene attraverso il peccato che fa parte dell’uomo e ne causa il male. …