Il cap. 4 di Mc è composto quasi solo da quattro parabole, di cui leggiamo oggi le ultime due. Per Mc, nei primi tre capitoli del suo Vangelo, Gesù compie opere che sono umanamente inaspettate e insperate: cinque guarigioni miracolose (più due sommari di altre guarigioni), tutte “fuori regola”, secondo le prescrizioni dei farisei, ma che producono al tempo stesso attrazione e incredulità nei suoi confronti. È altamente probabile che nel cap. 4 Mc voglia mostrare come Gesù offra, in parabole, i principi per comprendere questi eventi così fuori regola e anticipare le reazioni possibili all’arrivo del Regno di Dio.
La scelta di parlare in parabole ha perciò due motivi: da un lato Gesù vuole rendersi comprensibile a tutti, utilizzando esempi di vita concreta e conosciuta da tutti; ma dall’altro vuole che il senso profondo di ciò che lui dice sia afferrabile solo da coloro che sono disponibili ad accogliere il Regno di Dio. “Con molte parabole di questo genere annunciava loro la parola (il senso profondo v. 33 originale), secondo quello che potevano intendere. Non parlava loro senza parabola; ma in privato ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.”
Uno stile comunicativo preciso e scelto, perciò. I princìpi e i movimenti tipici della vita del Regno di Dio, infatti, sono percepibili nel loro senso profondo solo da chi si lascia afferrare dal Suo amore. Non si tratta quindi di una serie di idee nuove che possono essere apprese e conosciute da tutti. Si tratta di lasciarsi prendere dentro la relazione con Cristo e gradualmente ciò ci renderà chiaro che il Regno è un mistero che non può essere controllato e compreso pienamente dall’uomo, ma nel quale noi ci fidiamo di essere compresi e sostenuti dal suo amore. Il senso delle due parabole di oggi è già qui.
Nella prima il contadino, che ha ricevuto il seme e lo ha sparso sulla terra, non “vede” (v. 27 originale) come diventi frutto, non ne controlla la crescita. Vede lo sviluppo, “prima l’erba, poi la spiga, poi il grano pieno nella spiga” (v. 28), ma non ne conosce la logica. “La terra, in automatico, porta frutto” (v. 28 originale) Mentre lui vive la sua esistenza normale, quotidiana, quel seme cresce. Tradotto: Non siamo noi a gestire lo sviluppo del Regno di Dio. A noi viene chiesto di seminare e vivere, e poi di non fare. E forse la parte più difficile è proprio l’ultima: accettare di tirarsi indietro e lasciare che Dio faccia il suo mestiere. Dovremmo ricordarcelo: “servi inutili” (Lc 17,10).
Ma poco poco che ci sentiamo investiti di una missione, di un potere, di una chiamata, rischiamo sempre di impadronirci noi della intenzione di Dio e di pensare che tocchi a noi far fare passi avanti al Regno di Dio. Troppi continuano a sostituirsi a Dio, anche dentro la Chiesa, lanciando condanne o assoluzioni come se avessero capito perfettamente tutto del Regno. Ma questo, sia dentro che fuori la Chiesa continua a combinare disastri, come la storia ben ci ricorda. Mentre “la terra in automatico” farà crescere quel seme. La natura, fecondata dalla parola di Dio, basta da sola a realizzare il regno. La sua parola non ritornerà a Lui “senza effetto, senza aver operato ciò che desidero” (Is 55,11).
Nella seconda ci viene mostrato come il Regno di Dio non sia misurabile solo con le logiche umane. Come il seme più piccolo (quello della Senape Salvadora Persica) diventi un albero così grande tanto da permettere che gli uccelli del cielo possano “porre la tenda” (v. 32 originale) sotto la sua ombra. Ci mette dai 12 ai 15 anni per arrivare fino a 6-7 metri di altezza, partendo da 1 millimetro di grandezza.
Quanto mai attuale! Duemila anni fa un piccolo “gruppo” di uomini e donne, hanno cominciato ad annunciare che Cristo è risorto. E che Dio ci attira a sé per riunirci tutti insieme a vivere la sua stessa felicità infinita. Dopo duemila anni siamo ancora lì a pensare che superare, sconfiggere e uccidere l’altro sia un vantaggio per noi. Se misuriamo con le logiche umane, ci può prendere lo sconforto! E questo vale anche per la Chiesa: dopo duemila anni siamo ancora lì a “battagliare”, con reciproche “quasi scomuniche”, tra chi ha sensibilità diverse nel rapporto con Cristo risorto.
Ma questa parabola viene a scuoterci e a colpirci: “Insensati e tardi di cuore a credere” (Lc 24,25). Nello sguardo del Regno tutte queste cose devono accadere, perché “i miei pensieri non sono i vostri pensieri” (Is 55,8). Perciò, mentre voi pensate che il mondo e la Chiesa vadano a rotoli, non vedete che quell’albero continua a crescere. E che coloro che si lascano andare alla sorgente della luce (etimo di uccelli v. 32), possono “abitare” all’ombra di Dio, cioè protetti e accompagnati dalla Sua presenza.
Qualche anno fa i miei studenti mi regalarono una maglietta (forse con un intento educativo!) su cui campeggiava questa frase: “Dio esiste, ma non sei tu, rilassati!”. Ecco, queste parabole, poste all’inizio del tempo ordinario, cioè della vita quotidiana, ci dicono come il clima di fondo della nostra spiritualità sia quello del rilassamento buono di chi sa che tutto è nelle mani di Dio, di chi vive non con lo spasimo di dover per forza raggiungere un obiettivo, o l’acredine di chi vede sfumare quell’obiettivo, fosse anche buono, ma con la serenità di fare quello che davvero sta nelle sue possibilità, lasciando a Dio di occuparsi di tenere le fila complessive della vita.
Forse se oggi si sta scoprendo il quadro desolante di giovani che cercano divertimento, fuga da un vivere senza sogni,, nella droga diventata via di evasione da una realtà che senza ideali da vivere, che li fa schiavi, traviati incapaci di credere e sperare nel futuro E’ da .Domandarsi come mai non hanno conosciuto Cristo! Come rinnegare quel passato quando invece il Cristo era presente nelle case, sedeva commensale anche a parca mensa ma che veniva Benedetto il suo Nome e nel suo nome esisteva amore, solidarietà.,il coraggio di vivere pur tra difficoltà. Oggi si studia quale modello di cultura possa adattarsi a un uomo moderno libero che vuole solo bastare a se stesso.
Per il fedele l’esistenza della Chiesa è molto importante. Non si può pensare a. Risto che anche tramite di essa, presenza costante nella storia, in ogni tempo bussola cui guardare, a cui rivolgersi con fiducia quando smarriti si cerca la via sicura. La sua unità la fa Corpo di Cristo, che è così presente nel mondo. Oggi si ha l’impressione che tutto sembri sfaldarsi, come è triste una montagna che frana, un fiume che dilaga, i ghiacciai che si sciolgono, un bosco di alti pini diventato cimitero dei medesimi, cosi incute grande tristezza quando si disgrega una famiglia, le divisioni delle comunità, e diventa arduo cercare dove è in chi trovare nuova sicurezza. Cristo è definito pietra d’angolo, pilastro portante della Chiesa, e non può accadere che come a Gerusalemme delle sue mura restino solo pietre. E’ vero anche che la Parola di Dio là si può leggere e meditare, ma sarà soltanto per quelli che sanno leggere e gli altri?
CLAP……CLAP….CLAP…
Pit rilassato ( dopo aver ascoltato Lui!!👍👍👍💕
Pochi o molti siano i credenti che si ritengono tali, è difficile la conta in quante persone Dio sia di fatto presente, dipende da quanto Egli trovi posto nel cuore dell’uomo, così come la scelta di Abramo. Il Regno di Dio quindi si può pensare che esista anche oggi giacché al Pastore Capo della Chiesa di Cristo Si è fatto posto al tavolo delle Nazioni che decidono delle sorti di tanti popoli, ascoltare anche una Parola diversa che possa operare a favorire un difficile dialogo tra lingue diverse, per una reciproca intesa su problemi coinvolgenti l’umanità della Terra. Il Regno dunque e’ vicino fintanto che Cristo Risorto, siede come ha assicurato, “tra due o tre”. Importante dalle scelte di tanti piccoli, di ogni uomo di lasciarsi coinvolgere da quel sentimento di Amore che è di Dio Padre, giunto a noi attraverso il Figlio. Il Regno e per tutti, ma sembra occorra indossare una veste appropriata per accedere godere della festa, Deus Caritas est