Il dono di Dio e la risposta dell’uomo

Gioite perché il regno di Dio è più vicino ora di quando diventaste credenti
11 Dicembre 2022

Eccolo di nuovo qui, Giovanni Battista, nella seconda parte del discorso di settimana scorsa. Di fronte all’invito alla conversione attuato con estrema forza, Giovanni si trova a dover concretizzare nella realtà questo invito che ha incuriosito diverse frange della popolazione. Aveva chiesto opere degne dei frutti della conversione ed ora chi ha creduto nella vicinanza del Regno di Dio si chiede cosa deve fare.

Domanda legittima: arriva un momento importante, molti ci credono e sono “preoccupati” di fare la cosa giusta, di fare quello che serve perché il Regno giunga anche a loro e non li trovi degni d’ “ira”. Quanti di noi, in fondo, si palesano nel medesimo pensiero. Molti di noi sono convinti che per ottenere il Regno di Dio bisogna guadagnarselo in qualche modo, bisogna fare qualcosa. Bisogna farsi trovare giusti; ma ricordiamoci tutti che il Regno di Dio avviene e si presenta a noi così come siamo.

Giovanni aveva capito un aspetto importante, come si legge nel salmo: «Non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti; Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.» (Sal 50, 18-19). Dio non ci crede giusti perché ci riempiamo di sacrifici “liturgici” (preghiere, novene, azioni di carità, rosari, messe…) se non hanno nessun risvolto sulla nostra essenza di vita. Non domanda nemmeno di uccidere la nostra storia rinnegandola, ma egli chiede la conversione nella nostra vita, ossia portare tutta la nostra vita alla sua luce perché tutto quello che c’è di male venga bruciato nel fuoco del suo amore misericordioso.

Proviamo a fermarci e a riflettere sul mondo di oggi, la nostra vita e i problemi sociali ed economici che ci assillano fino allo sfinimento e ci rendono incapaci di progettare un futuro di pace e di felicità. La vita non deve essere stravolta, ma vissuta alla luce della vera conversione. Quel regno di giustizia e di pace nasce solo da una convinzione profonda: essere veramente consapevoli che l’altro è il figlio di Dio e quindi un fratello. La prima domanda della folla ha come risposta il tema del dono. Chi possiede qualcosa in aggiunta, doni ad altri quello che può dell’essenziale. Il regno di Dio si presenta come dono e noi dobbiamo imparare a donarci e poi riconoscere il dono come mezzo di relazione. Doniamo tutto ciò che possiamo per riportare la giustizia tipica dei figli di Dio. In fondo ciascuno di noi è parte della folla che si tiene stretto ciò che ha; la condivisione nell’ottica di un Dio provvidente è difficile, ma è alla base di una conversione, dove mi rallegro per aver donato senza avere un ritorno.

Ci giunge poi un secondo invito: la giustizia nello svolgere il lavoro. Non esigere una quota disonesta, che prevede un’aggiunta rispetto alla quota fissata. Il giusto prezzo, la giusta quantità, il giusto mezzo devono sostituire il principio del tanto a pochi e poco a tanti. Ed infine, i soldati richiamati a rinunciare alla violenza e al sopruso. La legge del più forte, la dinamica della guerra, non devono prevalere proprio perché si scontrano con la giustizia di Dio.

Giovanni non chiede di cambiare vita, ma di ordinarla al vangelo, perché questa domenica è il giorno in cui si arriva a gioire per la prossimità dell’arrivo del dono divino. Allora raccogliamo l’invito paolino alla comunità di Roma:

“Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.”

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