Prima stazione: nel palazzo del sommo sacerdote
Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: “Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo””. Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. … Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: “Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?”
Non era facile mettere in piedi una fake new, il racconto non reggeva, era sempre artificioso. Oggi siamo più scaltri, e poi abbiamo l’intelligenza artificiale che può aiutarci a mettere su narrazioni, molteplici e convincenti, arrivare ad inventare un nemico, financo con prove visive false.
E, alla fine, se si devono perseguire i propri interessi, non si va per il sottile: i testimoni, gli approfondimenti, sono un inutile orpello, ed è preferibile che gli interlocutori non siano inutilmente gravati di pensiero critico.
Vieni Spirito Creatore, visita le nostre menti, sii luce all’intelletto, suscita in noi la parola
Seconda stazione: nel palazzo di Pilato
È frastornato Pilato: un prigioniero che non risponde, i capi dei sacerdoti che fanno pressione e una folla che strepita; ci si mette pure la moglie con questa storia degli incubi. Un sovraccarico di sollecitazioni (o di informazioni, per restare in tema di tecnologie digitali). Pilato, nel Vangelo secondo Giovanni, si chiederà “Che cos’è la verità?”, ma alla fine cede alla pressione del “flusso dei dati” ,“selezionato” e indirizzato in maniera non neutrale. E’ quello che può capitare a noi “in uno spazio come il web”; così scrive Francesco nel messaggio su IA e Pace.
E’ Gesù a farne le spese; e, in generale, la persona rischia di rimanere una pratica da liquidare. Nel caso di Gesù, viene liquidata nel modo più crudele possibile.
Guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive (Is, 10,1)
Terza stazione: nel pretorio, il cortile del palazzo
Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo.
Una corona di spine sarà il dress-code per la mia festa (Angelina Mango, La noia)
Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti
La Passione ha il suo dress code: un manto di porpora nel pretorio. E quel manto prezioso i soldati decidono di tenerlo da parte, forse per il prossimo malcapitato da dileggiare prima dell’esecuzione.
E sta bene così: Gesù, il sacerdote laico, riprende le sue vesti feriali. Un problema possiamo averlo noi, nella tentazione di ridurre la fede a dress code, un codice morale da applicare senza senso, oppure un abito rituale da vestire e svestire secondo i comodi e le circostanze (e non parliamo del dress code liturgico, tra nostalgie e bizzarrie).
... sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.
Quarta stazione: sulla via del Golgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.
Ci saranno sempre croci da portare per gli altri, o, semplicemente, persone che, per un bene più alto da promuovere, sono disposte a un sobbarcarsi un onere aggiuntivo che, in teoria, non spetterebbe loro. In alcune circostanze lo chiamiamo volontariato ma, di fatto, mille preziosi equilibri familiari, sociali, lavorativi si reggono su squilibri di pesi.
Qui abbiamo anche un dettaglio in più: se la folla vociante di prima era anonima, quest’uomo è perfettamente identificato. Conoscere i nomi, la storia, la famiglia di origine, lo possiamo dire degli amici più cari. Nell’età dei social non è più scontato; l’amicizia e la prossimità dovremo forse reinventarle.
C’è l’amico compagno di tavola, ma non resiste nel giorno della tua sventura. Un amico fedele è medicina che dà vita: lo troveranno quelli che temono il Signore. (Sir 6,10.16)
Quinta stazione: ancora sulla via del Golgota
Se rischio di inciampare, almeno fermo la noia (Angelina Mango, La noia)
Alle parole scarne dei Vangeli si accompagna una dilatazione della narrazione popolare e della devozione, con infiniti echi ed infinite risonanze. La Via Crucis tradizionale ci riporta tre cadute, forse diverse da come ce ne appropriamo. Noi giustamente ci raccontiamo inciampi da cui ci rialza e poi… la vita continua, magari con qualche cicatrice e qualche ammaestramento.
Salendo al Golgota, no: si cade e ci si rialza, e aumentano i dolori, e il patibolo rimane la meta. È l’esperienza di tanti sofferenti sui tornanti ultimi della vita, quando le cadute segnano i punti di non ritorno nelle condizioni di vita. Si può arrivare a sperare che questa caduta sia quella “buona”, e ponga fine al tormento.
Prima che sopraggiunga il buio, potremo invocare Maria, vergine della notte. Forse lo faremo con le parole di don Tonino Bello:
noi t’imploriamo di starci vicino, quando incombe il dolore,
irrompe la prova, sibila il vento della disperazione,
e sovrastano sulla nostra esistenza il cielo nero degli affanni,
o il freddo delle delusioni o l’ala severa della morte.
Sesta stazione: sul Golgota
Vivo senza soffrire, non c’è croce più grande. … Muoio perché morire rende i giorni più umani. Vivo perché soffrire fa le gioie più grandi (Angelina Mango, La noia)
Ancora una volta la vincitrice di Sanremo 2024. Financo la metrica ha interessanti richiami. Questi riferimenti religiosi sono una gran furbata di questa giovane cantautrice? Nessuno può escluderlo. Ma può essere che questi riferimenti riemergano spontaneamente dalla memoria collettiva del nostro Sud, con i suoi Sacri Misteri portati in pompose processioni.
Anche nel racconto della Passione lo troviamo il riferimento ad un ricordo che riemerge: Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto. E scoppiò in pianto. Un battesimo delle lacrime, prima di una nuova confessione di fede. Ha a che fare con la giovane Angelina? Forse si.
Questi giovani, i benedetti giovani, ci tocca servirli e amarli in perdita: seminiamo e seminiamo e poi ce li perdiamo; subito dopo la Cresima, anche prima. Un poco ci struggiamo, ma possiamo sperare che, con il tocco giusto, con la testimonianza giusta, quando Dio vorrà, in qualche solco della memoria si riaccendano le parole buone che avremo seminato generosamente, e il seme porti frutto. Magari un frutto nuovo, che neanche conosciamo.
Non c’è amore più grande (dare la sua vita per i propri amici)
Settima stazione: ancora sul Golgota
Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”
“Davvero” Ritorna il tema della verità e le chiacchiere questa volta stanno a zero. Così si spera: la testimonianza dei fatti tocca riconoscerla, e poi cercare di preservarla dall’accumulo incontrollato di parole.
“era Figlio di Dio!” Noi lo ascoltiamo con la densità di venti secoli di fede, fede monoteista, cristiana e trinitaria. Non riesco a togliermi dalla testa il dubbio che il romano politeista abbia pensato una frase più povera “Era figlio di un dio”.
In tutti i tempi, così è la fede, un lungo e tortuoso cammino tra le testimonianze ricevute in dono e la confessione consapevole, articolata, approfondita.
Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce.
Ottava stazione: di nuovo nel palazzo di Pilato
“Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare” E ammesso che il coraggio si trovi, può essere che il coraggio degli uomini si riveli povera cosa: Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Chiamiamo coraggio un semplice atto di umana pietà, riconosciuto in tutte le civiltà. Ma le parole probabilmente vogliono raccontarci una storia interiore. Si erano nascosti, i più vicini addirittura erano scappati; un po’ alla volta si fanno coraggio e vengono fuori con gesti di poco peso, innocui. Poi, per alcuni, arrivano le scelte che davvero richiedono coraggio. Saremo pronti?
Alexei Anatolievich Navalny; 4 giugno 1976 – 16 febbraio 2024
Per i meriti della sua Passione e Croce, il Signore ci benedica e ci custodisca
Amen
E ti rialzerò, ti solleverò. Su ali d’aquila, ti reggerò. Sulla brezza dell’alba, ti farò brillar, come il sole. Così nelle mie mani vivrai.
Photos:
Una grande intuizione rivestire la passione di Cristo dei fatti dei nostri tempi: trovata efficace ed efficiente
Il coraggio di dire ad alta voce e fuori dal proprio ambito ciò che corrisponde a Verità. Gesù Cristo non ha soltanto manifestato la sua Verità ma che era quella di ogni uomo per l’uomo che aspira a essere corpo e anima, intelligenza e cuore, libero e non schiavo umano e divino. Ci si domanda se “ può la Chiesa fermare la guerra?”. Nel tempo di oggi dove sembra ogni ragione involversi per un sempre più allargata fiducia nel contrapporre conflitto a conflitto, sembra naturale un alzarsi Voce autorevole quale è diventata una Chiesa che nella sua millenaria Storia ha dato contributo di umana solidarietà a sostegno di popoli in disagiate condizioni in tutte le parti del mondo e ancora oggi ha uomini coraggiosi che operano in solidale aiuto tra i più dimenticati ancora minacciati di morte, anche nel ns. civile Paese. La Chiesa non può restare in ombra perché il suo mandato e’ essere luce come da suoi alti Pastori abbiamo avuto esempio.
E’ per quel futuro che si è realizzato il grande disegno di Dio, la salvezza dell’uomo per mezzo del sacrificio del suo unigenito Figlio il quale vivendo tra gli uomini ha insegnato che solo attraverso la via dell’amore è possibile salvare la vita., quella come la sua. La guerra è un errore in quanto richiede il sacrificare tante vite umane, anche facendo uso di missili mirati, sono stragi anche di innocenti. Lasciare al prepotente il campo può rivelarsi il male minore perché proprio così si può contare sull’aiuto divino, il fare la sua volontà significa intervento suo a difesa dei deboli. Questo è avvenuto e sfugge a ogni umano ragionamento. Un Navalny ha fatto vivere il suo ideale di Paese più che non una insurrezione armata. Oggi sembra che per una goliardico orgoglio di supposto potere non si abbia percezione di una catastrofe che sarebbe globale, come il cambiamento climatico in atto
Nella via crucis che si fa memoria di un Gesù Cristo che si offre vittima unica per la salvezza di molti, una Parabola di vita, la sua cui leggersi come esempio ai posteri? Le guerre che oggi ci coinvolgono in tanti modi, sono giuste a rivendicare libertà di scelte di diritto ? Magari si, ma muoiono troppi inermi per apparire giuste, e
queste vittime, questo
olocausto di vite umane non sono sacrificio gradito a Dio, forse solo appaiono giustizia all’uomo che così decide. Gli inermi cittadini cercano
scampo, fuggono,lasciano
tutti i loro averi, i cuore duole a fare questo, ma è per costruire in altro modo il futuro. Così è stato per la famiglia di Nazareth