Lc 6,17.20-26, Sesta domenica del tempo ordinario
Quando in passato mi sono trovata davanti a questo brano del Vangelo mi sono sentita molto in difficoltà. Non ci sono figure dalle quali possiamo trarre insegnamenti o nelle quali ci possiamo ritrovare come Simeone o Simone, ma Gesù parla in modo chiaro e schietto rivolgendosi direttamente a noi.
A differenza delle beatitudini del Vangelo di Matteo, nel Vangelo di Luca troviamo quattro beatitudini invece di otto che vengono contrapposte a quattro guai e io mi sento chiamata in causa proprio da questi quattro guai. Ad aiutarmi a capire questo brano è stato un commento al Vangelo di Don Fabio Rosini che mi ha offerto una lettura più introspettiva e consolatoria. Il mio commento al Vangelo di oggi sarà basato proprio su ciò che mi ha colpito e ha parlato alla mia vita della sua riflessione.
Il primo punto su cui è importante focalizzarsi è l’uso di «ora», Gesù si rivolge a noi e ci invita ad interrogarci su come stiamo nel momento presente. Se oggi leggendo questo Vangelo ci sentiamo arrivati, non ci interroghiamo e non ci scuote, allora vuol dire che il nostro cuore non è in ascolto di Dio ed è per questo che ci ammonisce. Il ricco inteso come appagato dalla propria vita non cerca consolazione, ma è distratto da ciò che sta ottenendo nella vita terrena rimanendo così ad un livello superficiale. Per trovare Dio e incontrarlo dobbiamo essere disposti a guardare alla parte irrisolta, povera, dolorante e ammaccata che ognuno di noi ha. Dio passa proprio attraverso le nostre debolezze e fragilità. È importante farsi attraversare dalle sofferenze e dagli ostacoli che la vita ci mette davanti nella consapevolezza che Dio ci prende per mano e ci accompagna. Questa lettura del brano mi risuona molto, poiché è proprio lo specchio di come io ho vissuto l’incontro con Dio. La mia famiglia è cattolica praticante; da quando sono piccola Dio è sempre stato parte della mia vita, ma il primo momento in cui penso davvero di averlo incontrato è quando mi sono resa conto di non essere più capace di curare da sola le mie ferite. Quattro anni fa quando mi sono sentita rifiutata. Avevo bisogno di un conforto che non riuscivo a trovare in niente e in nessuno e poi, una domenica mattina, ascoltando un’omelia, ho proprio sentito la consolazione che Dio offre a chi soffre ed è da lì che sono riuscita a ripartire guardando quello che mi era successo con una luce nuova.
Fa bene condividere il dolore che in età giovanile è superabile quanto incisivo nel cuore e nella mente inermi. Fa bene anche accettarlo, non negarlo, perdonare, rinunciare, essere consapevoli della salvezza. 😉