Opere di misericordia: quattro caffè…

Quel gesto ripeto era gratuito, imprevedibile, coraggioso: parlava una linguaggio transgenerazionale, restituiva dignità ad una femminilità anziana...
17 Marzo 2016

espresso

 

Entrando in quel bar quella mattina non avrei pensato certo di trovarmi a vivere qualcosa di così bello e speciale.

Mi ero seduta in un tavolino in fondo, aspettando il mio caffè appena ordinato, sinceramente avendo solo voglia di sfogliare un giornale e stare per i fatti miei. Attorno al bancone si accalcava un nutrito gruppetto di signore anziane che avevo guardato distrattamente pensando che, ovviamente a quell’ora, era la clientela più prevedibile per quel bar del centro, mentre quasi tutti erano al lavoro o impegnati  in commissioni varie. Solo loro sembravano aver il tempo di fermarsi a far quattro chiacchiere sopra ad un caffè, sperando che quella sosta di metà mattina con qualche amica, forse incontrata per caso, potesse ritardare l’orario del rientro a casa, dove immaginai qualcuna di loro vivesse sola o in compagnia di un marito rimasto a casa, forse perché più malandato o scorbutico, oppure di un gatto che certamente non aveva molti argomenti di conversazione da condividere.

Così quella pausa caffè per loro era sacra, si vedeva da come cercavano di allungare i tempi intrattenendo il barista con frasi banali o agganciandosi a turno con un tono di voce mal calibrato per un locale pubblico. Infatti, devo dire, quasi ne provai fastidio, finchè la più giovane si avvicinò alla cassa per pagare il suo caffè.  Ero sufficientemente vicina per capire che il barista le diceva che non occorreva, in quanto aveva già pagato quel ragazzo seduto in fondo che leggeva il giornale. Avevo già notato che la signora lo conosceva: forse un amico dei suoi figli, o un conoscente per altri mille motivi, pensai. Comunque ad occhio e croce, dall’età che dimostrava, avrebbe davvero potuto essere suo figlio. La signora arrossì per la sorpresa girandosi verso di lui, incredulità che crebbe ancora quando si accorse che il ragazzo non solo aveva pagato il suo caffè ma anche quello delle altre tre amiche, per il solo motivo che erano con lei.

Rimasi folgorata e mi girai forse troppo di scatto per capire che faccia avesse un ragazzo, non oltre la trentina, che sapeva fare un gesto del genere e che, dentro di me, sentii subito di definire come una vera opera di misericordia attualizzata nel contesto odierno. Avevo letto da poco il messaggio per la Quaresima di Papa Francesco e mi ero chiesta se oggi ci potesse essere anche un modo nuovo di compiere opere di misericordia corporali. In quei pochi istanti mi ripetevo mentalmente le parole del papa che mi avevano tanto colpito : “Se mediante quelle corporali tocchiamo la carne del Cristo nei fratelli e sorelle bisognosi di essere nutriti, vestiti, alloggiati, visitati…”

La fantasia di Dio, mi sembrò di avvertire, aveva suggerito a quel ragazzo dall’aria distratta ed elegante, con un aspetto decisamente più da manager in pausa caffè appena sceso dall’ufficio che da educatore parrocchiale, un gesto che valeva da solo il titolo di meravigliosa “opera corporale”, almeno secondo il mio giudizio. Quelle signore non erano “povere” a cui offrire una brioche e cappuccino come capita di fare a qualcuno quando un extracomunitario chiede spiccioli davanti a un bar… Quindi quel gesto non rientrava in un classico “nutrire il corpo”; in più non erano nemmeno ragazze appariscenti o in qualche modo affascinanti per cui il suo gesto potesse rientrare in un corteggiamento canonico di galanteria maschile verso una “bella donna”.

Quel gesto era gratis e toccava proprio il corpo, si rivolgeva a corpi anziani che forse si sentivano ormai solo degni di ricevere un cibo sobrio per la sopravvivenza senile e il tocco “tecnico” delle mani di un medico-fisioterapista-infermiere per fornire cure preordinate. Quel gesto ripeto era gratuito, imprevedibile, coraggioso: parlava una linguaggio transgenerazionale, restituiva la dignità ad una femminilità anziana e diversa, e quindi per questo automaticamente bypassata nel nostro mondo. Insomma pensava i bisogni del corpo altrui prima di toccarlo, diceva, senza entrare direttamente in un contatto fisico, “voglio farvi avvertire un attimo di benessere pieno, essendo semplicemente gentile come fa un uomo verso una donna, solo per fare un dono e senza voler rubare niente…”

Mi scossi e mi resi conto che la notizia, passata a difficoltà nel gruppetto perché alcune dovevano avere qualche leggero problema di sordità, le aveva elettrizzate e fatte sorridere come ragazze al loro primo appuntamento, le aveva per un attimo ringiovanite come un’infusione di vitalità che si iscriveva nel corpo come quel caffè che le stava rianimando, per tanta cortesia offerta senza secondi fini, che ad ognuna indirettamente evocava diversi caffè offerti in passato da qualche corteggiatore gradito e misterioso. Insomma bevanda capace di ridestare ricordi piacevoli, la ricchezza più grande in un’età dove si vive soprattutto di rimandi vissuti e di soprammobili sopravvissuti.

Sorrisi da sola mentre mi girai a riguardare il ragazzo che, visibilmente imbarazzato, aveva risposto a tutti con un’unica frase di circostanza, immergendosi nuovamente nel suo giornale e visibilmente accelerando l’orario del suo rientro in ufficio o altrove dove dovesse andare. Mi chiesi se fosse consapevole di aver compiuto un’opera di misericordia corporale per quelle donne così poco povere o bisognose all’apparenza, nei loro cappottini lindi, ma tanto permeabili alla gentilezza dal modo gustoso con cui avevano reagito… Le aveva “visitate” nel loro essere donne, le aveva aiutate ad ascoltare piacevolmente ancora il loro corpo, aveva “nutrito” il loro bisogno di gentilezza, bisogno tanto connaturato ad ogni essere umano non necessariamente femminile.

Mi concessi l’ultima fantasia, prima di dirigermi alla cassa pagando autonomamente il mio caffè e un po’ invidiando le “mie” nuove amiche interiori: quanto mi sarebbe piaciuto che papa Francesco, sapendo di questo gesto per insperate vie, avesse potuto fare una delle sue improvvise e meravigliose telefonate a quel ragazzo anonimo e forse non necessariamente “praticante”: “Pronto, sono papa Francesco… La ringrazio molto per aver offerto, qualche tempo fa, quattro caffè a delle signore anziane unicamente per farle sorridere e ringiovanirle un attimo… Tenera attenzione verso la Carne di Cristo…”

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