Negoziabili e non negoziabili

Se vogliamo uscire dalla secche bisogna rimettere in parlamento persone che siano davvero motivate a questo servizio da valori non negoziabili, non da interessi personali.
5 Aprile 2011

Questa volta sono serio. Non mi è mai piaciuta come espressione. Ma da quasi cinque anni sembra monopolizzare i ragionamenti sui cattolici in politica. “Valori non negoziabili” è una frase che contiene in sé il senso della difesa e della sensazione di essere assediati su ciò che di più prezioso abbiamo. E per questo non mi rappresenta come cattolico.

Per la prima volta l’ha utilizzata Benedetto XVI nel 2006 parlando ai parlamentari del PPE in udienza.  In quella occasione era suo intendo mostrare come l’Europa non potesse fare a meno di riconoscere “l’esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano“. Quindi in origine nasce come confine che definisce quale sia il comportamento cattolico in politica di fronte ad altri parlamentari che provengono da culture antropologiche diverse. 

Ora, al di là del fatto che questo tentativo di porre un argine sul concetto di natura sia sensato ed efficace, mi pare evidente che questa espressione abbia subito un utilizzo improprio in Italia, negli ultimi tre anni, fino a farla diventare la definizione di chi è cattolico “tout court”. Perché se in sede europea posso anche capire chi sia l’interlocutore con cui il cattolico in politica deve tentare di stabilire una trattativa, in Italia questo è davvero molto più complicato. Negoziabile a casa mia richiama il fatto che sia in corso una trattativa. E allora mi domando: con chi in Italia? 

La risposta sembra semplice, ma in verità quando tento di metterla in parole mi si sfarina tra le mani. In prima battuta si direbbe: i non cattolici presenti nell’arena politica. Bene, e come si fa a definire un non cattolico in Italia? Berlusconi che vara una legge contro la fecondazione assistita, e vuole risolvere il problema degli immigrati rimandandoli a casa loro è cattolico? Bossi è cattolico visto che viene additato da mons. Fisichella come perfettamente in linea con la Chiesa sui valori non negoziabili, ma dichiara apertamente che Bagnasco non capisce nulla quando dice che il federalismo deve essere solidale? Vendola che si dichiara a favore del coppie di fatto e cita mons. Tonino Bello sul senso del suo essere cattolico?  E gli esempi si potrebbero davvero sprecare.

Per dire chi non è cattolico, devo sapere prima dire chi lo è. Perciò è un circolo vizioso. E allora è evidente che  questo confine “non negoziabile” serve prima di tutto a definire chi è un cattolico oggi nella società italiana. E questo sa davvero di difficoltà a definire una propria identità. E ci si rifugia dietro a questa espressione, “valori non negoziabili”, per riuscire almeno in parte a tacitare il senso di sgomento nel non sapere più chi siamo. E in questo modo ha libero spazio una interpretazione di questa espressione che finisce per fare di questi valori una bandiera da difendere ed esibire per definire sé stessi, più che una vita spirituale da coltivare da cui lasciarsi trasformare. E ovviamente chi non ha il medesimo impegno concreto e le stesse modalità operative  finisce per essere immaginato come non cattolico. 

Benedetto XVI aveva espressamente rifiutato questa interpretazione fin dal 2006: “Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità“. E dopo di lui anche il card. Bagnasco e perfino mons. Crepaldi concordano su questo. Il principio ispiratore che definisce quali siano questi valori non negoziabili è il rispetto della dignità della persona umana, considerata a 360 gradi dal concepimento alla morte, in ogni situazione e condizione. E la scommessa davvero fondamentale è la capacità dei cattolici di perseguire questa unitarietà dei valori, che discendono dal rispetto della dignità della persona. Ogni riduzione è un tradimento di Cristo. 

Perciò davvero è assurdo contrapporre la vita alla solidarietà sociale, la natura umana alla libertà individuale. Questa si che è la faccia più deleteria del postmoderno. Mons. Crepaldi dice: “la presenza politica dei cattolici deve avere il coraggio di schierarsi per il cambiamento netto rispetto a forme negative della politica del passato”. E in onore di questo principio allora pongo alcune domande che sicuramente sembreranno fuori centro, ma per me sono la base di una presenza cattolica decente in politica.

E’ negoziabile che un popolo non possa di fatto scegliere i propri candidati a rappresentanti politici da votare, perché una legge elettorale assurda glie lo impedisce, rendendo impossibile anche ad un cattolico scegliere le persone che più lo rappresentano? E’ negoziabile che la maggioranza dei parlamentari sia oggi motivata a entrare nella carriera politica da convenienze personali ed economiche o di lobby a cui si appartiene? E’ negoziabile che gli elettori una volta votato non abbiano praticamente più alcuna possibilità di mantenere significatività politica? E’ negoziabile che l’elettore medio non sappia quasi nulla degli apparentamenti finanziari e economici che un candidato si porta dietro e che poi lo condizioneranno di fatto nella sua attività politica. 

Se vogliamo uscire dalla secche bisogna rimettere in parlamento persone che siano davvero motivate a questo servizio da valori non negoziabili, non da interessi personali.

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