È da ieri che continua a ripropormisi l’immagine di quest’uomo, vestito con un giubbotto arancione catarifrangente dei servizi di emergenza, che tiene con forza e delicatezza la mano ormai esanime della figliola rimasta schiacciata e sepolta sotto una lastra di cemento armato nel crollo della sua abitazione in Turchia: enormità e dignità di un dolore davanti al quale bisognerebbe inchinarsi e tacere in rispettoso cordoglio.
Ecco: io penso che di fronte a quello che è avvenuto, all’enormità dello strazio, sia del tutto legittimo che le persone superstiti e quelle a loro prossime esigano informazioni e aiuti, che abbiano domande, dolore, punti interrogativi e persino rabbia che deve poter trovare voce e ascolto.
Capisco di meno la nostra compulsione al commento e personalmente ritengo più appropriato il silenzio. Di fronte all’enormità della tragedia appaiono ancora più sciocchi i nostri pollai televisivi e le vacue chiacchiere sul quasi nulla rivestito di lustrini. Non ce l’ho con le canzonette e nemmeno con l’intrattenimento leggero, che sto seguendo anch’io in queste serate: la vita è più difficile che facile, il mondo può essere a volte un posto orrendo, e la storia è costellata di tragedie e abomini di fronte ai quali si fatica a trovare parole appropriate, e proprio per questo c’è bisogno ogni tanto di alleggerire la mente e l’animo, gravati da tanti pesi.
L’intrattenimento leggero non è necessariamente la negazione della realtà, ma può essere un breve ristoro prima di tornare a occuparsi delle angustie del tempo presente. Davvero non capisco perché vergognarsi di questo e far finta di nobilitare lo spettacolo di varietà e musichetta con interludi fintamente impegnati che perlopiù hanno il solo esito di banalizzare temi straordinariamente importanti con frasette ordinariamente stucchevoli.
Stasera ho ascoltato l’omelia del cardinale Matteo Zuppi in occasione dell’anniversario della fondazione della Comunità di Sant’Egidio. Alla fine si tratta sempre di navigare tra il possibile e l’utopico, rifuggendo sia dalle pastoie di un sentimentalismo superficiale e perlopiù egoriferito sia dal cinismo del cosiddetto realismo che grettamente chiude tutte le porte della speranza. Siamo persone utili solo se siamo persone che si donano gratuitamente, e la gratuità non vieta di navigare tra le contraddizioni della storia e della vita.