Lo sport secondo Papa Francesco

Lo sport può essere metafora di vita e vita stessa, anche per il cristiano, secondo quanto dice il papa in una lunga recente intervista...
6 Febbraio 2021

«Simpaticamente può essere considerata un’enciclica “laica” sullo sport e il suo valore: culturale, sociale, ecumenico, umano»: così ha definito don Marco Pozza, teologo e parroco del carcere Due Palazzi di Padova, l’intervista che papa Francesco ha rilasciato a La Gazzetta dello Sport firmata da Pier Bergonzi – vicedirettore del giornale (realizzata con l’aiuto dello stesso don Pozza). L’intervista è stata pubblicata sulle pagine della Gazzetta e di Sportweek il 2 gennaio 2021.

Le risposte del Papa alle domande dell’intervistatore sono profonde, dense di contenuto, per certi versi sbalorditive per come il Pontefice conosca, “sia dentro” le dinamiche e le prerogative dello sport. Papa Francesco ha risposto ad una trentina di domande approfondendo le prime sette che riguardavano alcune parole chiave e che sintetizzano il suo pensiero sul valore dello sport: lealtà, impegno, sacrificio, inclusione, spirito di gruppo, ascesi e riscatto.
Vediamo, brevemente, i messaggi che arrivano da questi sette aspetti.

Lealtà: essa fa leva sul rispetto delle regole, altrimenti ci sarebbe anarchia, e il rispetto di queste vuol dire accettare la sfida di battersi con l’avversario in maniera leale. Francesco condanna le scorciatoie per raggiungere i risultati, in particolare la pratica del doping che «non è solo un imbroglio, una scorciatoia che annulla la dignità, ma è anche volere rubare a Dio quella scintilla che, per i suoi disegni misteriosi, ha dato ad alcuni in forma speciale e maggiore».

Impegno, inteso come sinonimo di applicazione. Il Pontefice fa riferimento alla parabola dei talenti (Mt 25, 14-30) in cui Gesù condanna il servo che aveva nascosto sotto terra il talento ricevuto e lo restituisce al ritorno del padrone: il servo è considerato malvagio non perché ha rubato, ma perché non ha messo a frutto ciò che aveva ricevuto in dono. Pertanto non basta avere talento per vincere: «occorre custodirlo, plasmarlo, allenarlo viverlo come l’occasione per inseguire e manifestare il meglio di noi… avere talento è un privilegio ma anche e soprattutto una responsabilità, di quelle rischiose da custodire». Che il talento sia qualcosa che, nello sport, vada allenato, permette al Papa di dire che allenare (riferito agli allenatori) è un po’ come educare, in particolare saper parlare al cuore, motivare, dare un percorso di crescita. E, a proposito di cuore, esso deve essere al centro dell’attività sportiva, occorre tenerlo “allenato” per non disperdere il talento; per fare ciò è necessario che il cuore sia ordinato perché «un cuore ordinato, è un cuore felice, in stato di grazia, pronto alla sfida». Perché è anche vero che tanta gente di talento si è persa per strada a causa del disordine nella propria vita.

Sacrificio: va di pari passo con l’impegno. Nella fatica, l’atleta trova una motivazione, intravede qualcos’altro. Senza motivazione non si può affrontare il sacrificio; il sacrificio, inoltre, richiede disciplina perché possa diventare successo. Parlando di ciò il Papa fa un’analogia tra l’atleta e il santo: questi conosce sì la fatica, il sacrificio, ma è capace di andare oltre perché intravede un bene superiore.

Inclusione: parlando di questo aspetto, papa Francesco fa riferimento alle Olimpiadi di cui apprezza il desiderio innato di costruire ponti invece che muri: nell’antichità addirittura si prevedeva la tregua dalle guerre. Le gesta olimpiche sono un simbolo di una lotta per qualcosa: lotta al razzismo, all’esclusione, alla diversità. Dice il Papa: «Celebrare le Olimpiadi è una delle forme più alte di ecumenismo umano, di condivisione della fatica per un mondo migliore».

Spirito di gruppo: su questa dimensione Francesco torna su un concetto ribadito più volte in questo anno di pandemia: “nessuno si salva da solo”. Si, lo sport ha qualcosa di bello: tutto funziona avendo una squadra come “cabina di regia”; gli sport di squadra (ma anche quelli singoli perché dietro c’è un allenatore, uno staff tecnico) possono assomigliare ad un’orchestra dove ciascuno dà il meglio di sé sotto la direzione del maestro d’orchestra. Dice il Papa: «O si gioca assieme oppure si rischia di schiantare. Ѐ così che piccoli gruppi, capaci però di restare uniti, riescono a battere squadroni incapaci di collaborare insieme».

Ascesi: essa è: «Riscoprire la possibilità dello stupore»; perché è un po’ come abitare nelle periferie e ciò permette di vedere meglio “il centro”, ci si estrania dal mondo per immergersi, poi, ancora meglio. Nell’ascesi c’è un principio che unisce l’esercizio fisico e quello spirituale: cioè il fatto che l’uomo, esercitandosi, può migliorare, può diventare più uomo e questo lo si fa partendo dai propri limiti per spingersi verso un “oltre” che dà significato alla fatica-ascesi.

Riscatto: il riscatto per tanti è la “fame”, è la motivazione più grande per il cuore ovvero far vedere a tutti di valere; è cogliere l’occasione che ti capita e giocartela fino in fondo. Facendo riferimento ad un proverbio arabo che dice: “Non arrenderti, rischieresti di farlo un’ora prima del miracolo”, papa Francesco afferma: «La tua resa è il sogno del tuo avversario. Arrenderti è lasciargli la vittoria. Ѐ sempre un rischio: “Se avessi resistito un attimo in più?” continuerai a dirtelo chissà quante volte… Un uomo non muore quando è sconfitto: muore quando si arrende, quando cessa di combattere. I poveri, da questo punto di vista, sono un esempio spettacolare di cosa voglia dire non arrendersi».

Credo che queste parole “meritino” tanti “mi piace” sui social per la bellezza e la profondità di pensiero!

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