La settimana dei cattolici italiani

assemblea tematica numero 7 "Abitare la città" presenta accenti nuovi mettendo a fuoco il contesto urbano e accostando il "tema casa" nella dimensione culturale e relazionale, non solo edilizia
11 Ottobre 2013

Era opportuno attendere le sintesi tematiche e le conclusioni dei lavori delle 47° Settimana Sociale dei cattolici italiani e ascoltare i commenti dei delegati regionali sul “clima” di Torino. Si colgono nel sito l’abbondanza di contenuti emersi (in parte inevitabilmente anticipati dall’Incontro mondiale di Milano) e l’impressione di una più profonda “aratura” del campo, esteso ai temi delle politiche familiari e tariffarie, dell’aiuto reale alla natalità, dei nuovi contesti “liquidi”, senza cadere però in sterili nostalgie per il passato.
Ravvisati gli storici limiti della “formula convegnone” con effetto imbuto (le sintesi sono un collo davvero stretto per centinaia di proposte) molti hanno cercato di individuare nel dibattito torinese alcuni aspetti di particolare novità, con la speranza che siano ripresi negli atti finali: i vescovi sono stati esplicitamente invitati a non attendere troppo nella diffusione dei testi conclusivi.
In particolare l’assemblea tematica numero 7 “Abitare la città” presenta accenti nuovi mettendo a fuoco il contesto urbano e accostando il “tema casa” nella dimensione culturale e relazionale, non solo edilizia. Una prospettiva casualmente sottolineata da un tweet di Papa Francesco che proprio sabato scorso ha messo molti in crisi al pensiero di gelide o logoranti assemblee di condominio: «A volte si può vivere senza conoscere i vicini di casa – ha twittato il Papa, ripreso il giorno dopo a Torino – ma questo non è vivere da cristiani».
Nell’assemblea di questo gruppo 7 è uscita un’attenzione specifica – indicata da Avvenire fra le quattro «buone idee per il Paese» – che riguarda «la problematica particolare dell’impatto che la separazioni hanno sui figli, anche in termini di instabilità connessa alla necessità di spostarsi periodicamente fra le abitazione dei genitori separati». «In particolare – si legge nella sintesi curata da Paola Stroppiana – sono state presentate come esperienza positiva alcune sentenze che vedono l’assegnazione della casa ai figli che così possono fruire di un’abitazione di riferimento che contribuisca a dare loro stabilità in un vissuto sofferto come quello della separazione e possa costituire un incentivo all’incontro dei genitori separati».
Un’idea dalla finalità sana, complicata nell’attuazione, non nuova alla stretta cerchia degli addetti ai lavori, difficilmente traducibile in legge e segnata da punti interrogativi: chi decide, se non c’è consenso fra i genitori? è una “terza casa” consentita solo ad un elite ricca? per il minore potrebbe comunque essere un contesto provvisorio e conteso, ulteriore motivo di sofferenza…
Eppure, un’idea significativa. Non interessa forse perdersi nei pro e contro, quanto apprezzare il tentativo di affrontare un problema sempre più lacerante a partire dalla prospettiva dei più deboli (i figli). Se ne parla finalmente senza indugi, ipotizzando strade in parte nuove anche se impervie: è già un passo apprezzato probabilmente da chi vive in quella “periferia esistenziale”, come ha ribadito Papa Francesco lunedì cercando di rispondere ai preti romani che gli chiedevano lumi sull’atteggiamento con cui accompagnare i genitori separati
di una relazione interpersonale, fondata sulla stima, sull’ascolto e una schietta cordialità. Nel caso di Spadaro c’è pure la fiducia verso il confratello gesuita, nei confronti di Scalfari l’attenzione esemplare per il non credente (“non anticlericale”). Forse per questo in ambedue i racconti dell’incontro con Papa Francesco assumono spontaneamente rilievo alcuni semplici dettagli rivelatori prima dell’intervista (come la telefonata personale per prendere l’appuntamento con Scalfari), durante la conversazione e al termine, con il congedo che promette ulteriori “visitazioni”. Non sono parole del magistero ufficiale, quelle affidate ad un microfono, eppure queste due interviste ci insegnano una modalità di “a tu per tu” che – anche nella civiltà tecnologica – conserva la forza perenne di ogni “visitazione”.

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