“La politica ha bisogno di assumere lo sguardo dell’altro”

Intervista al direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, don Bruno Bignami.
1 Agosto 2024

La recente Settimana Sociale dei cattolici in Italia svoltasi a Trieste dal 3 al 7 luglio ha rilanciato l’importanza dell’opera dei credenti in politica, volta in particolare a difendere, sostenere e ampliare la nostra democrazia attraverso la partecipazione. Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, nel suo recente volume Dare un’anima alla politica (San Paolo, 2024) ha riflettuto sul legame fra cattolici e politica. Il testo, a partire dal paradigma della fraternità e da alcune testimonianze di credenti impegnati in politica, invita a considerare la centralità della persona, la ricerca della pace e l’attenzione ai poveri e alle fragilità come linee guida per un rinnovato interesse alla cosa pubblica. Lo intervistiamo a partire dai contenuti del suo volume.

 

–        Don Bignami, quale politica è possibile a partire dal paradigma della fraternità?

La fraternità consente di ripensare la politica almeno sotto due punti di vista. In primo luogo, come contenuto, la politica ha bisogno di assumere lo sguardo dell’altro se vuole continuamente mettersi in ascolto e decidere per il bene comune. E l’altro prende il volto del povero, del sofferente, della persona fragile, dell’escluso, dello scarto. La fraternità dà valore anche alle minoranze, al pensiero altro, alla differenza. Non annulla né fagocita l’alterità, ma la osserva con spirito critico e di conversione. In secondo luogo, la fraternità diventa anche uno stile. Infatti, rivela che non è la competizione distruttiva il senso della politica, ma la competizione fraterna che supera la polarizzazione per cercare convergenze. La politica grazie alla fraternità non vede nell’altro un nemico da eliminare, ma una presenza trascendente.

 

–        Nel suo volume lei sostiene convintamente che occorre ripartire da una spiritualità politica. Perché?

La spiritualità è una grave assenza in buona parte del personale politico odierno. Molti vivono le appartenenze religiose come spazi da occupare per fare bella mostra di sé oppure strumentalizzano temi religiosi per la propria carriera. La fede è molto di più. Nella politica è fin troppo facile brandire simboli religiosi per segnare i confini culturali oppure invocare Dio dalla propria parte. Spesso nella storia questi atteggiamenti sono stati l’anticamera di politiche totalitarie e contro i diritti umani. La fede, invece, innerva la politica delle sue dimensioni fondamentali: chiede di vivere incarnati dentro la storia e accoglie la croce come purificazione. I credenti sanno che la semina anche in campo politico talvolta richiede tempi lunghi. Non si usa la fede per l’affermazione di sé, ma ci si mette al servizio del bene comune. Mi ha sempre meravigliato, per esempio, come il sindaco di Firenze Giorgio La Pira sia stato un visionario e contemporaneamente abbia fatto scelte molto concrete in favore dei poveri, dei disoccupati e degli ultimi della città. Il politico vero coniuga preghiera e servizio, in una mistica dell’impegno radicale per il bene comune.

 

–        Nell’epoca dell’intelligenza artificiale e del generale predominio della tecnica, la politica è chiamata a riconoscere e tutelare la centralità della persona umana. Su questo tema cosa ha da dirci l’impegno civile e politico di Tina Anselmi e di Maria Eletta Martini?

Tina Anselmi e Maria Eletta Martini sono due donne straordinarie. Non vanno dimenticate. Ci hanno insegnato cosa significa pagare di persona la fedeltà ai valori cristiani. Il loro ruolo nelle istituzioni è stato esclusivamente al servizio della verità e della giustizia. E hanno saputo accettare che arrivasse la stagione di farsi da parte. La Anselmi «si è bruciata» con la presidenza della Commissione sulla loggia massonica P2: la serietà del suo lavoro, riconosciuta persino da un’eterna rivale come Nilde Iotti, le è costata molte amicizie nel suo partito. Eppure, ha risposto secondo la sua coscienza di credente, libera e convinta che il bene comune meritava molto di più della sua carriera. Non si è lasciata trascinare in giochi di potere. Da donne come queste abbiamo molto da imparare: senso dello Stato, dedizione, distacco dal potere, umiltà.  La Chiesa per loro non è stata il bastone di appoggio per scaricare responsabilità. Non avevano bisogno di esibire la propria fede per farsi accettare in ambienti ecclesiastici o per sbatterla in faccia ai non credenti. Centrale era la loro testimonianza di vita. Le millanterie non fanno bene né ai politici né all’autorità ecclesiastica.

 

–  Da costituente e da esponente di punta della Democrazia Cristiana, Giuseppe Dossetti fu un deciso sostenitore di una democrazia sostanziale in grado di coniugare allo stesso tempo libertà e giustizia sociale. Da monaco, Dossetti profetizzò su alcuni mali della nostra epoca e puntò sulla ricerca della pace fra i popoli. È attuale la sua lezione?

Dossetti è stato un gigante nel Novecento italiano. Prima lo riscopriamo per la sua statura politica e religiosa e meglio è per il bene del Paese. La sua democrazia sostanziale aveva come centro la giustizia sociale, a garanzia di chi è più povero o rischia di essere messo da parte. È stato anche uno strenuo difensore dell’art.11 della Costituzione, oltre a divenire uno degli interpreti più convinti della proposta di pace che proveniva dal dettato costituzionale. L’Italia si è trovata più volte nella tentazione di ricorrere alla guerra o di concorrervi in nome di una giusta causa. Dossetti non è stato solo uno degli artefici della Costituzione, ma anche uno dei difensori più autorevoli in nome del ripudio della guerra. Si è speso nella politica, ma ha saputo anche vivere stagioni differenti maggiormente dedite alla contemplazione. Un uomo dalla fede cristallina.

 

– Cosa ha da dirci il “cristianesimo impegnato” di David Sassoli?

Sassoli ci ha lasciato prematuramente nel gennaio 2022 e avrebbe potuto dare ancora molto al nostro Paese. Il suo impegno in Europa è stato straordinario, sapendosi fare apprezzare da tutti, anche dagli avversari politici. Da uomo mite ha creduto nello strumento del dialogo, che gli ha consentito di immaginare sentieri di fraternità dove molti avevano tracciato pregiudizi di odio e di inimicizia. Ha saputo scommettere non sulla rabbia delle persone ma sulla loro intelligenza. Durante la pandemia ha aperto le istituzioni europee per i più poveri e si è prodigato per mostrare il valore alto della democrazia. Ha saputo immaginare un mondo diverso a partire da una rigorosa adesione personale al messaggio di Cristo e dall’ascolto della dottrina sociale della Chiesa. Ogni istituzione deve avere il coraggio di avvicinarsi al popolo e di proteggere le persone nelle loro esigenze più concrete e nei progetti di cittadinanza. Diceva in modo provocatorio: «Cominciamo a occuparci dei tanti poveri e meno dei pochi ricchi». L’ispirazione di un tale impegno proviene dall’incontro con la vita quotidiana, con le sofferenze e i sogni delle persone. La politica comincia dal cuore, contagia gli occhi e aziona le mani. David non l’ha solo detto. L’ha realizzato.

 

[Intervista a cura di Rocco Gumina]

2 risposte a ““La politica ha bisogno di assumere lo sguardo dell’altro””

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si, sia in politica che in una qualunque vita privata, il proposito di “assumere il pensiero, lo sguardo dell’altro e indispensabile al buon fine. Se oggi ci troviamo alla ipotesi ventilata di conflitto mondiale, e’perché è mancato proprio l’ avere il coraggio di provare un approfondito dialogo sia pure difficile, in quanto ogni governante ha personali ragioni sostenute da un volere che decide e suppone godere di approvazione e consenso del proprio popolo. I conflitti in atto non portano agognata Vittoria, e neppure e credibile che vite umane sacrificate siano via alla Pace. Lo scenario di così vasta sofferenza che ci sta davanti, descrive abuso di fiducia di una quella popolazione di sofferenze e sacrifici patiti dai semplici, deboli, senza parola. Uomini come un De Gasperi e altri hanno creduto in un sacrificante spirito di fraternità. Oggi ? interessi altri prevalgono verso una risoluzione bellica di violenza inumana!

  2. Marisa Rosa ha detto:

    Bellissima riflessione che si scontra con la mentalità corrente di molti politici dei giorni nostri.

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