Difendi il Creato, difendi i poveri

Le radici dell'ecologia di Papa Francesco? Nella spiritualità ignaziana e nel contesto latinoamericano: uno spunto dal X Forum di Greenaccord
11 Luglio 2013

Spaziando dal magistero della Caritas in veritate (per l’economista Leonardo Becchetti indica “la via giusta”) alle buone prassi diffuse (“ma come Chiesa possiamo fare di più”, ammetteva l’esperto vaticano mons. Mario Toso), i quattro giorni del recente X Forum per la salvaguardia del Creato a Trento hanno lasciato molti spunti (www.greenaccord.org ), fra i quali isoliamo un approfondimento su Papa Francesco. Che, fra le tante novità che stiamo imparando a decifrare, ha mostrato fin dalla scelta del nome Francesco la sua priorità ecologica. Quando il card. Hummes in conclave gli disse “Non dimenticarti dei poveri…”, lui pensò subito a Francesco “uomo della povertà, uomo della pace, che ama e custodisce il Creato”. “In questo momento anche noi non abbiamo con il Creato una relazione tanto buona, no?”, aggiunse Papa Bergoglio nello spiegare la scelta ai giornalisti internazionali.
Quest’interpretazione che coglie ambiente e povertà come un nesso “inscindibile” è stata approfondita al Forum di Greenaccord da Carlo di Cicco, vicedirettore dell’Osservatore Romano: “L’attenzione ecologica del primo Papa gesuita della storia – osserva – non nasce dal nulla, non è opportunista o genericamente ambientalista: è un’attenzione sostanziale, fra gli assi portanti del suo universo culturale e religioso”.
La prima radice sta nella spiritualità ignaziana e nell’elaborazione prodotta dai gesuiti in questi dieci anni: in un documento diffuso nel 2010 dal titolo “Ricomponiamo un mondo frantumato”, i confratelli di Bergoglio documentano come la crisi economica metta a repentaglio soprattutto le fasce più fragili della popolazione, esposte ai rischi dei cambiamenti climatici, della deforestazione, dello sfruttamento selvaggio della terra… Il Papa argentino nella realtà latinoamericana – ecco la seconda radice della sua “ecologia umana” – ha condiviso questa realtà che lo porta non solo a parlare “dalla parte dei poveri”, ma a voler condividere la vita della gente (dai bus di Buenos Aires alla mensa di Casa Santa Marta): “è straordinario perché vive l’ordinario in modo straordinario” – rileva Di Cicco, nel rimarcare l’umanizzazione del servizio petrino.
Questa mentalità ecologica – biblica e storica insieme – Papa Francesco “la porta come una pelle di cui non si può svestire”, appartiene alla sua naturalezza. Facilmente ci riserverà nel prossimo futuro altre sorprese: non solo nelle parole (come il discorso sulla “cultura dello scarto” e il richiamo alla FAO del 5 giugno, purtroppo snobbato dai grandi media), ma anche nei gesti e nelle quotidiane scelte di vita. Coerente con quell’imperativo duplice (“custodire la creazione e custodire i fratelli, con tenerezza”) che egli espresse nell’omelia d’inaugurazione del pontificato e poi riprese a Pasqua come via concreta – non utopistica – per rinnovare il mondo. “E gli occhi di Francesco sono straordinari sul creato – è la chiusa illuminante di Di Cicco – perché sono fissi in modo straordinario su Gesù”.

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