La vigilia di Natale ha avuto un’eco abbastanza ampia — almeno nella mia ‘bolla social’ — un’intervista a Massimo Cacciari, rilasciata al Corriere della Sera. Il filosofo, in quel frangente, notava sostanzialmente due fenomeni, catalogati sotto il titolo di «tragedia» e riassunti nell’etichetta, non certo nuova nel dibattito, della «scristianizzazione»: il primo riguardava l’assenza ormai di richiamo da parte del Vangelo: «non si ascoltano più le parole di Gesù», diceva Cacciari, notando come anche un’etica condivisa sia sostanzialmente scomparsa. A riprova del fatto, egli citava Matteo 25: «Se uno giace come morto per strada devi soccorrerlo, se ha fame dargli da mangiare, se è nudo vestirlo. Fine. Se non lo fai, senti di essere venuto meno a una voce che ti chiamava a farlo», marcando, inoltre, come tutto ciò sia ormai tramontato anche nell’azione politica.
Ora, questa sottolineatura di Cacciari, che è innegabile, non è una novità, ed è anche difficile negare l’ampiezza del fenomeno, sebbene non sia da negare nemmeno che esiste e persevera uno ‘stile cristiano’ (per dirla con Theobald), che è qualcosa di più profondo e di meno sradicabile, al momento, da un tessuto che intreccia le vite delle persone. Certamente, i colpi del postmoderno individualista e consumista hanno ormai eroso un’etica comunitaria, una morale pacificamente condivisa, ma i ‘cristiani anonimi’ (Rahner) ancora ci sono, e non sono pochi. Ad esempio, per stare all’Italia, secondo l’Istat quasi 5 milioni di persone ancora spendono il proprio tempo in attività di volontariato.
Il fatto è che pure la politica, con i suoi discorsi volti esclusivamente alla sollecitazione dell’emotività e all’alimentazione delle paure, insieme alla difficoltà che sperimenta nel gestire la complessità dei fenomeni attuali, ha dato legittimità a parole e, quindi, a comportamenti, che fino al tempo dei social erano in qualche modo almeno oggetto di censura pubblica. ‘Avvelenare i pozzi’ comunicativi per un bieco consenso ha ulteriormente allentato i vincoli di relazionalità buone e condivise (la rete, poi, ha fatto da cassa di risonanza, presentandosi sia come causa che come effetto). Però alla situazione odierna si arriva, progressivamente, anche a seguito della strumentalizzazione che del Vangelo le forze politiche hanno fatto, in maniera assai interessata, pure a causa di un miope e frequente sostegno delle gerarchie, quando, sclerotizzando il discorso pubblico ed ecclesiastico, bastava puntare solo (verbalmente) su alcuni ‘valori non negoziabili’, di fatto affermando che altri ‘valori’ (in pratica quelli più comunitari, condivisi, sociali) fossero negoziabili. Insomma, baciare un rosario veicolando, però, parole non evangeliche è stata una strategia che in parte ha pagato, nell’immediato, ma ha poi lasciato macerie.
E tuttavia non bisogna neppure idealizzare un passato che non è mai esistito: la violenza, dalle guerre a quella domestica, lo sfruttamento del povero, la strumentalizzazione della religione a fini di potere, ad esempio, erano diffusi anche in epoca di ‘cristianità’, se non di più. Quindi, bisogna sempre essere cauti del dire che Matteo 25 non ispira più, poiché non ispirava nemmeno quando eserciti di popoli cristiani si massacravano nelle trincee della Grande Guerra o quando si benedicevano gagliardetti di ‘truppe cristiane’ per imprese di conquista.
La seconda annotazione che Cacciari riservava alla ‘tragedia della scristianizzazione’ mi trova in disaccordo più marcato. Poiché il filosofo, sintetizzando — sempre con la categoria della tragedia — gli ultimi pontificati, arriva a dire (e questo mi pare che dell’intervista abbia avuto maggior risonanza): «è tragico Francesco che la dà per scontata [la scristianizzazione] e parla di periferie: d’accordo, ma come si fa? Che senso ha parlare di periferie se viene meno il centro?».
Caro professore, ma il cristianesimo è, per sua natura, policentrico, e ragionare ancora secondo il paradigma dell’unico ‘centro’ che ordine e regola, oltre che essere molto novecentesco, è soprattutto poco evangelico, poiché «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Non è rilevante, nel cristianesimo, il centro, ma è rilevante la relazione con Cristo e i fratelli, ovunque essa si realizzi; e quando ciò accade, lì è il centro. Il Natale è proprio il manifestarsi della scelta di Dio per ciò che è periferico, per ciò che è nascosto e umile: cosa contavano, nell’economia del mondo antico, Nazareth e Betlemme? E cosa contavano, Cafarnao, Betania, Cana di Galilea? Perfino Gerusalemme era poca cosa nei pesi dell’antichità, quella Gerusalemme centro di una religione periferica, da cui peraltro Gesù di Nazareth è stato espulso, morto fuori dalle mure della città. Quel Gesù che scelse dodici uomini semplici, non potenti, non al centro… Lungo i secoli l’insistenza sul centro, anche per parare in difesa i colpi della modernità, ha mortificato le periferie e le sue esperienze generative, non solo bilanciando le spinte centrifughe con la centripete, ma soffocando le prime per far prevalere le seconde; salvo poi, ad esempio, accorgersi in ritardo di quanto di bene stava nelle periferie; così, ad esempio, la Parola restituita al popolo di Dio ha dovuto aspettare la metà del Novecento, in ritardo di quattro secoli abbondanti rispetto ai cristiani riformati; così, per fare un altro esempio, abbiamo dovuto aspettare il XXI secolo per riscoprire la sinodalità che l’ortodossia orientale già custodiva come metodo e dono. Così, ancora, abbiamo dovuto attendere anni per capire che un’opzione preferenziale per i poveri, dall’America Latina, poteva dire qualcosa di vero ed evangelico a tutti.
Il cristianesimo è la fede delle periferie, e il Papa, ricordandolo, ha solo seguito il Vangelo. Ogni periferia è centro, e ogni centro è periferia, nell’esperienza cristiana: che sia Roma, che sia un villaggio dell’America Latina, che sia un quartiere di una metropoli asiatica: il Cristo è vivo ovunque ci sia l’umanità. Ogni eucarestia ha il medesimo valore, che sia celebrata a san Pietro o in una capanna. Superare un certo inevitabile eurocentrismo, per cui ciò che è europeo / occidentale è il centro, nella stagione di fede che viviamo, è un (doloroso) passaggio. Ma è consolante: siamo tutti, sostanzialmente, periferia; «Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti» (1 Cor, 27).
Il centro della fede è la nostra debolezza, che Dio ha scelto.
Credo che il pensiero di Cacciari vada letto all’interno della sua ricerca che da Francesco e dall’umanesimo tragico passa attraverso il Potere che frena. La sua lettura del sacro resta ancorata al portato “esigente” dei suoi testi sine glossa. In questo contesto credo che lui abbia ragione.
Cacciari ha ragione , lui parla in modo logico e intelligente non sentimental- retorico . Ma i cattolici di oggi sembra abbiano in odio la razionalita’ e la logica , nonche’ l’ Intelligenza, per l’ eresia dell’ informe”. La fede per costoro dovrebbe essere una melassa informe ,una fluidita’ opoca, un senza-forma animato solo da buoni sentimenti.
In senso logico e razionale per poter dire ” periferie” bisogna che esista un centro, come per dire Sud bisogna che esista un Nord ,per dire Est bisogna che esista un Ovest. Quindi le ” periferie non esisterebbero se non esistesse un Centro Questo centro nel cristianesimo e’ Dio . Dio e’ il centro . Il Sacro Cuore di Gesu’ e’ il centro di questo centro. Il cuore umano ,il cuore di ogni uomo ,puo’ racchiudere in se’ questo Centro che e’ Dio ,anche se abita al circolo.polare artico e non a Roma centro.
Che senso ha parlare di periferie se viene meno il centro? La Chiesa, intesa come Cristo l’ha fondata è stata per secoli un “centro” di potere – spirituale in quanto ricevuto dall’alto- e, camminando e condividendo la vita dei popoli centrale è sempre stato consultare quella fonte di saggezza nell’evolversi della storia anche difficile dando testimonianza di quella Fede, quel Vangelo, vero e testimoniato perché tutti i confini della Terra sono stati raggiunti da quel messaggio. Oggi quella centralità sembra essersi dissolta, ininfluente sulle decisioni dei Governanti, ma anche nella vita di comuni cittadini; ci sono solenni funerali, …emozioni . ma ai drammi nessuno ha percepito, visto Si fa un grande elemosinare denaro sempre al comune cittadino, contando sulla sua sensibilità che già provata da tante e diverse povertà contando da quel resto di Fede rimasta spera in quel Cristo di cui oggi tanto sembra rendersi necessario un suo ritorno.
Condivido, ma in fondo, però, questa ricerca del Centro esteriore e visibile, direi materiale, nasconde il bisogno del Cuore interiore, non visibile, ma non per questo meno concreto, vero Centro dell’essere umano e di ogni Realtà, materiale e spirituale, e si potrebbe dire, dell’Essere.
Da quel Sole interiore, tutto irradia e converge. Da lì parte e lì ritorna.
Grazie Sergio. Mi ritrovo in pieno . È da aggiungere come da un po’ di tempo molti pensatori e attivisti di sinistra stiano rimpiangendo i bei tempi antichi della cristianitá quando le persone e le comunità erano più buone in ragione della fede cristiana. Non concludono che il materialismo storico marxista e quello attuale liberista e capitalista hanno la identica matrice appunto materialista che annulla la persona in ragione del potere politico e del denaro, l’uomo a una dimensione , insieme queste ideologie hanno contribuito a smantellare lo spirito nell’animo umano. L’etica non si appiccica come un adesivo .Ben venga lo Spirito Santo che soffia dove vuole, in particolare nei piccoli e nel piccolo. Grande è l’azione di Papa Francesco a rimettere la barra della Chiesa nella giusta direzione
TRA IL POLICENTRISMO moderno c’e’ quello x cui la conoscenza è parcellizzata ed ognuno vede solo il proprio campicello.
il Filosofo dovrebbe invece avere una visione a 360 gradi imo semplicemente per non essere squalificato non dico come filosofo ma anche come semplice ‘pensatore’. Ecco la differenza con il Papa! Ne ho avuto riprova ad una intervista trasmessa stamane alla RAI.
IN Essa Cacciari, forse in preda ad un Amarcord da non-protagonismo, lamentava lo stato dell’Italia che negli anni m60 era prima in chimica fine, in informatica e altro. Non capisce che non basta un Natta, un Fermi e un Olivetti per primeggiare in un mercato che oggi esige forza finanziaria, copertura mondiale, tecnologia totale, anche produttiva insomma DIMENSIONI che l’Italia non ha.
Ci sono solo due punti centrali nel Cristianesimo: amare Cristo e amare gli altri. Geograficamente non c’è alcun centro ed esistenzialmente siamo tutti periferie.
Grazie di questo articolo!