Relativismo e relazione

Il relativismo è questione di stile relazionale. Usare lo stesso stile non fa altro che indurirlo. Usare uno stile diverso apre delle possibilità.
6 Febbraio 2013

 “Paoletti… Sufficiente. Ti va bene?”. “Si benissimo, prof.” Pracucci… Buono.” “Ok, grazie”. “Pretolani… he Claudio, come faccio a darti più di sufficiente?”. “He, me lo da, prof…”. “Eh ho capito, ma la tua l’interrogazione non è che sia stata molto felice…”.

Di solito al termine del primo quadrimestre nessuno obietta quando si tratta di dare le valutazioni. Religione non fa media e anche ammesso che io possa votare a giugno contro la promozione di un alunno, cosa che comunque accade, resta tutto il secondo quadrimestre per cercare di “comperarmi” il voto. Siamo in Italia e si sa, in campagna elettorale…

Ma il buon Claudio, la settimana scorsa ha obiettato. Bontà sua. “Ma prof. Solo sufficiente in religione, i miei mi scannano”. “E che ci posso fare io se non avevi studiato nulla o quasi? Per darti di più mi sarebbe bastato che tu avessi chiara la  differenza tra una visione laica dell’omosessualità e quella cattolica”. “Eh, ma io su questo le ho detto quello che pensavo. Ma perchè dovrei prendermela con uno gay, mica è colpa sua se è così”. “Certo, e io l’ho apprezzato, ma la mia domanda era un altra, cioè se la Chiesa ritiene che l’omosessualità sia da considerarsi un dato naturale o no. E tu mi hai detto di sì”. “He, ma prof. non è così?” Annamaria dal fondo ci mette del suo. E pure Gianluca: “Si prof. non è chiaro molto neanche a me sta roba.”

Forse è anche stata poca chiarezza mia. Così termino le valutazioni e rispiego la differenza tra l’approccio laico e quello cattolico. E poi, per assicurarmi che abbiano capito, chiedo loro di esplicitare le loro posizioni sulla questione aprendo un dibattito. “Allora, quanti secondo voi sono convinti che la natura umana non sia sessualmente inclinata, ma lasci aperte le due possibilità, sia omo che etero?” In quattro alzano la mano. “Quanti invece credono che la natura umana sia inclinata all’eterosessualità?” Se ne alzano 12. Poi altri tre che restano nel dubbio e non sanno rispondere.

Giulia, una delle 4 pro “Indifferentiae naturae” abbozza: “Ma prof. Non è che se due sono maschi il loro amore sia meno di quello tra un maschio e una femmina. L’amore è una roba che va oltre il corpo, riguarda l’emozione e il rapporto che c’è tra due”. “Infatti – aggiunge Monica, compagna di idee – fare sesso e fare l’amore sono cose ben diverse”. A questo punto sarei stato tentato di chiudere la questione alzando una bella affermazione di principio sulla posizione della Chiesa e riprendere il lavoro programmato. Ma mi sono chiesto: “A che pro? Chi ne trae vantaggio dall’aver posto una affermazione perentoria di un valore sacrosanto?” Forse solo io, che mi rassicurerebbe dietro il mio programma da fare. Di sicuro non loro che vorrebbero invece che qualcuno accettasse la sfida e scendendo sul loro terreno, li aiutasse a vedere dove non vedono. Di certo non la Chiesa che ancora una volta farebbe la figura di chi non ascolta, e resta rigidamente ferma sulle sue posizioni. E allora ho provato.

“Ecco Monica, – dico io- proprio per questo. Se un gay decide di amare uno del suo stesso sesso, dici tu che lo fa perché vede in lui l’amore che lo attrae, la persona insomma, non solo e non tanto il suo corpo. Mi potrebbe anche stare bene, ma allora coerenza vorrebbe però che il rapporto tra questi due escludesse la relazione fisica. Perchè sembra, da come lo dici, che questo lato della relazione non sia importante per loro. Invece l’esperienza ci dice che nel mondo gay proprio la dimensione fisica è presa come luogo effettivo in cui quella relazione si realizza. Perciò c’è qualcosa che non regge. Il pensiero gay sta in piedi proprio sul principio che io, della mia dimensione corporea posso fare quello che voglio e il fatto che io sia nato maschio o femmina è solo un accessorio al mio essere. Accessorio che però, guarda caso diventa essenziale quando poi devo vivere una relazione affettiva. Allora i casi sono due. O riconosco compiutamente che io sono un anima e basta, perciò la vita corporea in una relazione affettiva che ci sia o non ci sia non cambia niente. Oppure devo sciogliere la contraddizione, ammettendo che il corpo è centrale e quindi la natura umana, fatta di solo due terminazioni genitali, mi indica che essa è inclinata all’eterosessualità. E quindi l’omosessualità, che pure resta possibile e legittima, ha però un significato diverso.” 

“He si, prof. visto così avrebbe ragione lei. – commenta Giulia – Ma allora resta il problema dell’accettazione comunque dei gay nella società”. “Hai perfettamente ragione – le dico – ma questo è un problema che viene dopo. Per ora sei d’accordo sul fatto che la natura è inclinata all’eterosessualità?”. “…Mmmm forse si, adesso…” Un piccolo passo si è fatto. 

Una sola considerazione. Il relativismo non si vince con un dogmatismo altrettanto rigido, da opporre in faccia a chi ci parla. Ma con una relazione di ascolto, accoglienza e dialogo sincero, ove ognuno porta le proprie valutazioni e alla fine almeno avremo provato a capirci. E a volte poi qualche cosa cambia… Il relativismo è questione di stile relazionale. Usare lo stesso stile non fa altro che indurirlo. Usare uno stile diverso apre delle possibilità.

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