In questi giorni molti gruppi di giovani sono in cammino lungo diverse vie – storiche o di più recente invenzione – per giungere a Roma, dove si terrà l’incontro con il Papa (11-12 agosto) in preparazione al Sinodo di ottobre.
Questo tipo di ‘vacanza’, che consiste nel camminare per molti chilometri per diversi giorni, a imitazione degli antichi pellegrini medievali che si dirigevano alle grandi mete della fede cristiana (soprattutto Gerusalemme, Roma e Santiago di Compostela), è stato senz’altro riscoperto negli ultimi anni.
Da un po’ di tempo anche io dedico una parte delle mie vacanze a un cammino simile e sempre più, negli ultimi anni, ho visto numerosi giovani in marcia, ora da soli, ora in piccoli gruppi, ora in gruppi più ampi legati a parrocchie e movimenti, con lo zaino in spalla e la bandana in testa. L’anno scorso mi è capitato anche di accompagnare una ventina di diciottenni sulla via Francigena, gruppo che quest’anno, forte dell’esperienza dell’estate precedente, ha deciso di ripetere il cammino su un altro tratto dell’antica strada verso Roma.
Credo che nella riscoperta di questo fenomeno da parte dei ragazzi e delle ragazze ci siano alcuni punti che potrebbero suggerire alcune riflessioni in vista del Sinodo e che ci dicono qualcosa dei giovani di oggi, o almeno di quelli che dedicano i giorni del riposo a vacanze più faticose, invece di scegliere mete di solo divertimento o evasione.
Vado a sintetizzare in dieci parole chiave quanto ho riscontrato nei miei incontri:
– novità: i ragazzi rimangono affascinati da un tipo di esperienza che, rispetto alla loro quotidianità, ha tutti i caratteri della cose nuove, in quanto nessuno di loro, nel normale squadernarsi dei giorni, cammina per ore e ore portandosi tutto in spalla, in località difficilmente raggiungibili in auto, e dormendo in alloggi ben diversi dalle loro comode case.
– libertà: il cammino è libertà, in quanto ognuno sceglie, in base alle proprie forze e desideri, quando e per quanto camminare, sceglie dove e per quanto sostare, cosa mangiare, con chi parlare, a che ora partire e a che ora andare a letto, ma il tutto in una gestione della propria libertà che comunque deve tener conto anche dei compagni di cammino (non puoi fare baccano a mezzanotte se altri pellegrini dormono, o non puoi dormire poche ore se l’indomani ti aspettano 25 km di marcia).
– scoperta: ogni giorno il cammino si rivela luogo della scoperta: di un luogo, di un volto, di una parola, di una fatica. Ogni giorno porta con sé la dimensione di una ricerca sottesa che richiede sensi vigili e un cuore pronto a scorgere l’inatteso.
– essenzialità: giovani cresciuti nel consumismo più aggressivo mettono nello zaino l’indispensabile, perché vale la semplice regola che più lo zaino è pesante più la fatica cresce. Per cui due o tre magliette, due pantaloni, un asciugamano, un libro, e poco altro. E alla fine di ogni tappa, tutti a fare il bucato… Che educazione radicale a puntare sul necessario!
– comunità: tanto nel caso in cui si cammini da soli, quanto in gruppo, ogni itinerario porta a incontrare altri pellegrini mai visti prima, simili o diversi, italiani o di altre nazionalità, credenti o non credenti: un mondo vario. Con il tempo, le cene condivise e la fatica comune a poco a poco si creano legami nuovi, si scopre gente che l’esperienza condivisa rende più socievole, meno protetta da barriere e ruoli, respirando un senso di comunità vero, fresco, spontaneo, dove ognuno è considerato per quello che è, non per quello che fa, poiché da fare c’è poco, se non camminare e conversare.
– bellezza: tutti i cammini attraversano regioni di straordinaria bellezza, borghi che sono gioielli, monumenti e paesaggi naturali ricchi di storia e di fascino, un vero balsamo per gli occhi e il cuore di tutti.
– lentezza: ognuno ha il suo passo, ognuno cammina come riesce, ma una regola fondamentale è non farsi prendere dalla fretta. Dal momento che l’unico ‘compito’ di una giornata è camminare, i tempi sono dilatati, ci si può fermare a fare una foto con calma, a visitare una chiesa, a conversare in un bar. Nella società della frenesia, il cammino è l’elogio della lentezza, pena il consumare tutte le energie in poco tempo. Ma attenzione, ogni gestione del tempo deve essere responsabile: il caldo estivo non permette di dilatare all’infinito i momenti di ozio!
– conoscenza di sé: poche esperienze permettono di conoscersi come il camminare per giorni, perché questo ci permette di conoscere i nostri limiti (fisici, mentali, relazionali), le nostre risorse, ci insegna a gestirci (dai tempi del riposo all’alimentazione, dal sonno alla cura del corpo), ci ricorda che il nostro fisico ha delle esigenze oltre a quelle estetiche, ci rassicura che non tutti abbiamo gli stessi ritmi, ma che questo è un dono e non una punizione.
– spiritualità: ogni cammino porta con sé una dimensione spirituale, che può essere esplicitamente cristiana oppure semplicemente un tuffo nell’interiorità. Ma è innegabile che il cammino, metafora della vita, stimoli il contatto con la dimensione spirituale: ore di cammino affinano la meditazione, aiutano la lettura della propria vita, permettono di cogliere, in una modalità diversa dal quotidiano, i segni dello Spirito o semplicemente i luoghi di vita e di morte nelle esistenze di ognuno. E per chi ha fede, aiutati dalla portata storica e cristiana dei cammini, ci sarà un continuo confronto con alcune grandi figure religiose, ci sarà occasione per leggere ogni giorno una pagina di Vangelo o stare per un po’ in preghiera e silenzio, dialogare con persone di profonda umanità che ogni itinerario fa incontrare.
– parità: durante i cammini adulti e giovani, uomini e donne, consacrati e laici fanno la medesima fatica, hanno gli stessi bisogni di base e si trovano a fare sentieri identici: vige cioè una situazione di parità, dove non vi sono posizioni di vertice e posizioni subalterne.
Dieci parole chiave per l’estate in cammino: forse se le nostre comunità avessero il coraggio di ricalibrarsi su novità, libertà, scoperta, essenzialità, comunità, bellezza, lentezza, conoscenza di sé, spiritualità, parità potrebbero ancora ripopolarsi di volti giovani e scoprirebbero, senza molta fatica, che tutte quelle parole sono in realtà racchiuse nel Vangelo, che di esse è il custode per una vita piena.