Lo sguardo di Angela

Mi fa riflettere la differenza tra il modo di pensare di Angela e quello degli altri: analizzare il modo o analizzare il contenuto? Quale dei due oggi è più capace di dirci qualcosa della realtà che le persone vivono, al di là dei facili stereotipi e pregiudizi difensivi?
20 Dicembre 2020

“Ma di ‘ste robe ne abbiamo fatte un treno anche noi”. Denis ha una certa dimestichezza con la storia, è la sua materia preferita. E sciorina nell’ordine: crociate, roghi delle streghe, conquistadores, e il presunto silenzio di Pio XII su Hitler. Avevo deciso di non enfatizzare questa discussione, perché già di suo, quella è una 5° “frizzante”, e non ha certo bisogno di provocazioni. 

Ma la lettura di un vecchissimo articolo di Avvenire, dal titolo “Non temo la morte, uccido per la fede” non poteva passare inosservato. Un arabo arrestato per aver compiuto una strage terroristica al Cairo, con la morte di 9 turisti tedeschi scambiati per ebrei (ironia della storia!), si racconta durante la pausa del processo in cui sarà condannato a morte. Il quadro che ne esce è chiarissimo. Per attirare l’attenzione sui problemi dei musulmani, nell’allora guerra in Bosnia, pensa bene di fare un attentato, si dichiara seguace della Jihad, e sostiene senza mezzi termini di non deformare l’Islam, ma di essere un martire della fede.

La discussione si anima attorno alla “confessionalità” o meno di questo atteggiamento. Luisa sostiene che l’Islam ha questa tendenza nel “Dna” e che quindi rappresenta un pericolo per il mondo, specie per noi Cristiani che abbiamo tradizioni molto più tolleranti. Denis, non ci sta e se ne esce appunto con la sua disanima storica contro le malefatte del Cristianesimo. E tende a concludere che è la religione in quanto tale ad avere il germe dell’intolleranza: “Finché qualcuno pretende che tutti debbano pensare come lui, perché lo dice Dio, non ci caviamo”. 

Angela, che di solito non entra in queste discussioni, alza la mano e rispettosamente aspetta il suo turno. Riflessiva, lo sguardo sereno, di chi si fa domande sinceramente, che però sembra un po’ infastidito per la piega che il discorso sta prendendo. “Io credo che Denis e Luisa abbiano in comune una cosa: pensano che siano le idee di per sé ad essere pericolose, mentre io credo che sia il modo di viverle che può trasformarle in buone o cattive. Non tutti i musulmani sono così e non tutti i Cristiani pensano che le crociate siano state una bella cosa. Io ad esempio non lo penso. Ho un amico musulmano, Hamid, che va in moschea tutti i venerdì, che di fronte a questo articolo si vergogna e chiede scusa a noi, perché questo non è Islam”.

Ovviamente ne Luisa ne Denis ci stanno. E continuano a pensare, quasi d’accordo su questo, che qualche eccezione conferma solo la regola. Me lo aspettavo, e non è questo che mi fa problema. Ma mi fa riflettere la differenza tra il modo di pensare di Angela e quello degli altri: analizzare il modo o analizzare il contenuto? Quale dei due oggi è più capace di dirci qualcosa della realtà che le persone vivono, al di là dei facili stereotipi e pregiudizi difensivi?

Mi piacerebbe che questa domanda potesse essere rimessa al centro della discussione del incontro – scontro tra religioni, perché ho la sensazione che quello che capita in una classe come la mia 5° non sia molto distante da ciò che capita nei bar, o in alcuni programmi televisivi, o in certi dibattiti su internet. Solo che poche volte c’è chi, come Angela, riesce a spostare lo sguardo e a vedere colui che guarda, oltre alle idee che dice. E così poter rivelare che al di là delle differenze apparenti di contenuto, c’è molta vicinanza tra un musulmano come Hamid e una cristiana come Angela. E che Lucia, che si dichiara cristiana, ha un modo di guardare che assomiglia più a quello di Denis, che a quello di Angela.

E magari scoprire che gli atteggiamenti di fondo  sono trasversali a molte appartenenze religiose. Oggi c’è chi, galleggiando sull’onda e senza acribia, sostiene una sorta di indifferenza “soft”, e chi, con una sorta di intransigenza di ritorno, ha un atteggiamento “dogmatico” dove spesso l’attacco è la miglior difesa. Ma anche chi si interroga, magari in modo ancora scientifico – razionale, sul senso della vita e “laicamente” non accetta mai risposte preconfezionate, o chi, fidandosi di sé stesso e della realtà, fa una scelta religiosa di campo, appoggiandosi su indizi e ragionamenti non compiutamente provati, ma per lui sufficienti.

Credo che guardando così, le religioni intese come contenitori delle tradizionali identità, e quindi come fonte delle relative differenze, si illuminano di una luce diversa, e forse ci si scopre un po’ più vicini ai “lontani”, senza dover perdere la propria identità.

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