Un opera teatrale di solito si compone di tre atti. Questa pure. Anche se la finzione teatrale qui lascia il passo alla realtà.
Primo atto. Sto interrogando in una terza. Una delle ragazze alla cattedra, Linda, mentre riflette sulla mia domanda, fissando il muro dietro le mie spalle in attesa di ispirazione, esclama: “Non c’è più il crocifisso!, Prof, hanno rubato il crocifisso!” “Ma che stai dicendo Linda? – le dico”. “Sì, prof. si volti, non c’è, è rimasto solo il chiodo, eppure sono sicura che la settimana scorsa c’era!” A dir la verità io non avevo fatto caso che fosse sparito. Mi volto, ed in effetti il chiodo è vuoto. Le dico: “Ma come fai ad essere sicura che c’era?”. “Eh, venerdì nella verifica di matematica non ne sapevo mezza e l’ho guardato due volte nella speranza che qualcosa mi venisse in mente”. “Davvero Linda? – le chiedo”. “Si, prof, non si sa mai, quando non so nulla mi attacco a tutto. E’ per questo che mi da fastidio che non ci sia più”. “Bhè, dispiace anche a me – le dico – ma non penso che ci dovrebbe stare solo perché funziona come un corno antisfiga o un ferro di cavallo”. Dalla classe Luca salta su: “La prof. di foto, in laboratorio, ha fatto una tirata perché lì il crocifisso c’è e lei non lo vuole”. “Fermi tutti – dico alla classe – devo finire di dare voti e il quadrimestre sta finendo. Non voglio aprire questa faccenda adesso”. E riprendo ad interrogare, decidendo di comunicare al bidello la sparizione del crocifisso, cosa che faccio appena finita l’ora.
Secondo atto. Tre giorni dopo, mentre entro a scuola alle otto, mi si affianca Linda: “Ho risolto – mi dice”. E mi mostra un crocifisso da parete, un chiodo e il martello. “Ah, l’avete ritrovato? – le dico”. “No no, l’ho comprato! Il crocifisso ce lo voglio. Tanto costa così poco”. “Ma scusa Linda, tocca alla scuola rimetterlo”. “Non mi frega, se aspetto la scuola lo rivedo in quarta, forse”. E mi saluta, dirigendosi verso la classe, e lasciandomi tutto il mio stupore e le mie domande che iniziano a bollire. Fede o magia? Sarebbe da incoraggiare o da fermare? Si dovrebbe cogliere l’occasione per riprendere la discussione interrotta con la classe o aprire un contenzioso con la scuola sulla presenza del crocifisso nelle aule? O tutte e due? La mattinata di lezione mi aspetta e le domande restano lì.
Terzo atto. Un paio di giorni dopo, a ricreazione, Linda mi viene incontro nel corridoio e mi fa: “Ma lo sa che la prof. di foto si è lamentata perché il crocifisso è riapparso!” “Ah, e che è successo? – Le chiedo”. “Niente, nessuno in classe l’ha “fumata” pari. A me sembra davvero che sia un po’ fuori. Si fa delle pare mentali sulla laicità della scuola, che non ho capito bene cosa voleva dire”. “Ma la prof. sa che l’hai rimesso tu?” “No certo, l’ho attaccato in un ora che eravamo in laboratorio e non mi ha visto nessuno. E, a parte lei, nessuno se ne era accorto”. “Ah, capisco. Bhè sai, certe persone pensano che siccome la scuola è un luogo pubblico non si dovrebbe esporre nessun simbolo religioso che sia di parte. Qualsiasi parte. Altre pensano che siccome è un luogo pubblico dovremmo esporre tutti i simboli di tutte le confessioni religiose presenti a scuola. Altri invece che, siccome siamo in un paese di tradizione cristiana, sia giusto esporre solo i simboli religiosi della nostra tradizione religiosa”. “A me non me ne frega niente di questo, prof. Io l’ho riattaccato perché così mi sento più serena e spero che le cose in classe vadano meglio. Insomma, una protezione in più non fa mai male”. “Quindi vuoi dire che se invece del crocifisso ci mettiamo la statuina di Buddha per te è uguale”. “Mah…, non lo so…, forse no…, o forse se fossi nata in Cina…, sì sarebbe uguale”.
Lascio ai lettori decidere se è più una commedia, una tragedia o una farsa. Quello che ne ricavo io è che questa generazione è davvero oltre la secolarizzazione. E le nostre diatribe sulla laicità non li toccano più. Perché sono in una terra dove la dimensione spirituale si riapre, ma confinando con la magia e senza voler riconoscere il radicamento in nessuna tradizione culturale precedente. Perciò a rischio.
Ma non rispetto ai pericoli che spesso noi adulti cattolici vi leggiamo dentro: relativismo, secolarizzazione, perdita di Dio, che pure appaiono in questa vicenda, ma che sono una conseguenza, non la causa. Al centro del rischio ci sta la fatica di queste generazioni a poter coltivare la propria dimensione spirituale, che pure in loro è riapparsa, non in modo magico – sacrale, ma come luogo di una relazione incarnata con Dio. Quindi dove la fede e la coltivazione reale di un rapporto con Lui passi attraverso tutto sé stessi, per evitare che anche Cristo diventi solo una devozione, un’etichetta, o peggio un portafortuna e finiamo per utilizzarlo come un amuleto o come una bandiera, come un totem o come una panacea.