Sacrificio
In un’interpretazione popolare abbastanza diffusa nel mondo cattolico, questa parola ha un valore positivo perché segnala l’intenzione e la capacità della persona di forzare la propria natura istintiva per conformarsi a ciò che la regola segnala come buono. Se non c’è sforzo non c’è sacrificio; se la volontà non si impone contro l’istinto, non c’è sacrificio.
In passato questa idea sembrava centrale nella spiritualità cattolica. Ma ancora oggi c’è chi sostiene che se le azioni del giubileo, non sono un po’ “forzate”, non richiedono un certo grado di opposizione della volontà all’istinto, non hanno valore.
L’idea che ci sta dietro suppone che per conformarsi alla volontà di Dio, alla sua natura, sia necessario opporsi alla spontanea inclinazione della natura umana. Come se la dinamica divina e quella umana fossero di per sé incompatibili. E quando queste due dinamiche entrano in contatto, la natura divina non possa fare altro che “contrastare” quella umana.
Come l’antropologia culturale ci segnala, questo modo di pensare era molto diffuso nelle forme religiose, cosiddette, naturali. La divinità che appariva o entrava in contatto con l’umano rischiava di distruggere le persone. Il tono emotivo di fondo che presiedeva al rapporto tra uomini e dei era quello della paura. Il sacro si definiva così come trascendenza “spaventosa”.
Per placare quello “strapotere” l’uomo pensava che fosse necessario “contrastare” la propria natura, fino ad accettare di “sacrificare” parti di sé, per essere accettati dalle divinità. “Sacrificio” significa, alla lettera, “fare diventare sacro”. Si pensava così, che ciò che veniva sacrificato diveniva sacro, cioè gradito a Dio. I sacrifici umani (già vietati nella bibbia, Lv 18,21) erano la traduzione più estrema di questa idea.
Ma il vangelo non è così. Dio entra dentro l’umano senza distruggerlo, senza provocare paura (anzi si parla di gioia Lc 1, 14) e da dentro i limiti dell’umano inizia un cammino di innalzamento dell’uomo, senza che l’umano ne venga stravolto. Nel cristianesimo, il rapporto tra la natura umana e quella divina è regolato dal dogma dell’incarnazione (Calcedonia, 451 d.C.), in cui si afferma la compresenza delle due nature nella persona di Cristo.
In quel testo si dice che le due nature stanno assieme “senza confusione, senza cambiamento, senza divisione, senza separazione; la distinzione delle nature non è affatto eliminata dall’unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna natura rimangono integre”. L’idea che quando Dio raggiunge l’umano, questo venga sconvolto o debba essere negato o distrutto non appartiene al cristianesimo.
Resta vero che il peccato originale incrina la natura umana e rovina il rapporto con Dio, ma la natura dopo il peccato “non è totalmente corrotta” (Catechismo n. 405) e resta ancora ad immagine di Dio (Catechismo n. 1701), capace di vivere il desiderio naturale di Lui (Catechismo n. 27). A dire che l’uomo è ancora in grado di far funzionare anche istintivamente, pur se in modo parziale e a livello solo umano, la tendenza all’amore, come traduzione effettiva dell’essere ad immagine di Dio.
Il senso cristiano della parola sacrificio, allora, resta solo quello di togliere ciò che blocca il fluire istintivo del nostro desiderio di amare, affinché lo Spirito Santo possa produrre effetti dentro di noi. La spiritualità del cristiano è fatta di sottrazione non di addizione. All’uomo non viene chiesto di aggiungere di suo, sforzandosi, azioni che lo facciano avanzare nel cammino spirituale, ma di sottrarre i blocchi che fermano il suo istinto ad amare, su cui lo Spirito Santo si appoggia per innalzarci all’amore di Dio.
Allora l’impegno primo per vivere il giubileo sarebbe quello di smettere di fare le cose per “sforzo” e di impegnarsi ad amare solo liberamente, spontaneamente. Se siamo stati davvero afferrati da Cristo, nel nostro istinto lui agisce e ci farà sentire attraente ciò che è secondo l’ordine dell’amore, non secondo il senso del dovere.
Comunque anche le parole assumono significato da ciò che proviene dal “fare, agire, decidere nella vita quotidiana quando si vive con gli altri esseri umani, quando anche nella storia personale trapelano i valori nei quali come in un dipinto, emergono il ns. vissuto. Allora anche la parola sacrificio diventa mattone di costruzione in un operare che impegna anima e corpo, e si riferisce certamente a fatica fisica, a speranza da coltivare per l’obiettivo da raggiungere. Tutto questo riguarda in ogni stato di vita la persona si trovi. Diverso e quando l’opera là si commenta finita: Gesù Cristo Risorto e luce, gioia in un regno di Pace e giustizia, dono all’uomo mortale che ha camminato nella vita scegliendo di seguire Lui il Signore della Storia. L’amore emerge in tutta la sua grandezza perché e attraverso di esso che una madre da vita al figlio, società che ha scelto la Pace e trova vie che non fanno uso di armi ma nuove tratte dalla intelligenza del’animo e del cuore
Più che di sacrificio, mi piacerebbe sentire parlare di dono. Se entriamo nell’ottica di Gesù, non si parla più di sacrificio, ma del dono di sé. Così sì, siamo “afferrati da Cristo”, quando tutto viene fatto non più per dovere, ma per amore, nell’intimo desiderio/libertà di volerlo davvero fare. Automaticamente non sarà più un sacrificio, ma appunto un dono.
Tutto nella vita può costare sacrificio, anzi si dice che senza sacrificio non si fa strada, e questo non per la carriera lavorativa, ma il farsi carico ad es. di una persona ammalata. Gesù stesso ha provato stanchezza con molto altro, perché parlare a gente che ascolta ma senza sentirsi accolto, creduto, addirittura deriso, rifiutato, fino ad essere condannato a mort!!…come non chiamare la sua una vita sacrificata? Se poi guardiamo all’oggi, anche il Suo Vangelo ha raggiunto tutti i confini della Terra e quanti i missionari hanno per questo dato la vita!? Quanto di sacrificio non richiede quando a una madre il figlio nasce debole, e avrà bisogno delle sue cure per tutta la vita. Tutto questo ha richiesto un amore da sacrificio di se,, perché vi è verità nella Sua Parola quando afferma che il giogo con Lui sarà leggero. Abbiamo di che riflettere se la Sua Pace sarà presa in considerazione come possibile a realizzare la fine di ogni guerra
Alberto! Rispetto il tuo tradizionalismo.. su tesi oggi ben poco accettabili..
Vorrei solo che fosse chiaro che con le citazioni ad litteram si fa solo la guerra. Guarda il Bollorè che riempie 500 pagine di citazioni incluso il Pascal ma non lo cita quando parla della ragione: si possono costruire fallacie
.PS. sulla CC che avoca a se la vera e unica interpretazione: quante volte ha sbagliato????
In effetti riconosco di essere finito in un blog di sedicenti modernisti e tra i blog mi interessano i commenti sul vangelo e questi di Gil. Apprezzo la mancanza di censura, dilagante in molti gruppi sul web, tranne un caso in cui parlavo di circoncisione in modo forse troppo personale, considerandolo comunque un tema religioso. Non apprezzo invece in generale gli altri post che trovo generalmente superficiali e vacui proprio come tale non posso che considerare il modernismo religioso. Apprezzo anche Cossovich, ingiustamente mazziato, non capisco perché, dai commenti e mi è piaciuto un bel post recente di Gumina.
La CROCE.
IL modo più assurdo di interpretarla è proprio quello del Venerdï Santo e delle relative invocazioni della Chiesa.
Cioè = SACRIFICIO.
Magari voluto dal Padre x sanare l’offesa ricevuta.
Assurdità assoluta.Devo spiegare??😭?
Ma non solo!
Gesù doveva cmq morire.
E resuscitare come, io credo, noi stessi.
Imo una delle cose +mal trasmesse dalla CC sta nella Sua Umanità.
Ha voluto essere vicino all’Uomo fino alla fine. All’Uomo da-relitto che Lui AMA.
Mi spiace darvi un’allerta: il sacrificio era ed è dell’Uomo violentato,schiavizzato ucciso HIC ET NUNC.Sono sicuro che Lui. Che io AMO, ci rimarrebbe molto male se con tutte ste teologate con la sua croce nascondessimo le infinite croci che ci circondano. Di brutto.
Ciao Pietro, l’unica bassezza che vogliono contenere i miei commenti è proprio quella di essere un meschino commento a ciò che un blogger pubblica in modo originale, personale e dottrinale. Ogni citazione ad altri commenti mi serve solo per completare ciò che cerco di dire, per renderlo più accettabile a chi legge perché il confronto o la disputa sarebbero qui veramente ardui. Stavolta però penso che sia tu che Gil abbiate preso in buona una strada sbagliata perché per risolvere una questione difficile non partite da riferimenti al vangelo ma da opinioni personali o quelle più legittime della Chiesa. Mi piacerebbe che riportaste sempre citazioni del vangelo perché aiuta a non perdersi.
… Quello che ho scritto dice quello che non è il sacrificio in senso religioso ovvero una rinuncia o negazione della nostra volontà a favore di quella del padre. Quello che invece è il sacrificio in senso cristiano è l’unico sacrificio che è quello di Gesù per noi, agnello immolato per gli uomini e lì deve fermarsi l’interpretazione del sacrificio e non andare oltre.
…
sarebbe ipocrita anche non dire la mia su come poter alleggerire il peso del sacrificio nel messaggio del vangelo. Per cui torno con la mia nenia sulla volontà e sull’essere dove è necessario distingue la volontà di essere dalla volontà di fare e l’unica volontà del padre è che noi siamo e rimaniamo suoi figli per cui la nostra volontà si rivolge al fare e non all’essere e non contrasta con quella del padre. Questo viene rappresentato dalla parabola del figlio prodigo e dalla più recente narrazione delle tentazioni dove la lotta è tra la tipicamente umana volontà di essere e la più cristiana volontà di fare.
Penso che il sacrificio si possa considerare un tema centrale della fede cristiana soprattutto partendo dal simbolo principale che la rappresenta, la croce. È difficile non associarla al significato del sacrificio e ignorarla in qualsiasi argomentazione su questo tema è diabolico, dove diabolico si contrappone a simbolico e la croce è il simbolo. Anche l’argomentazione di Pietro mi pare semplicistica perché scegliere il bene non è per forza scegliere Dio ma può tranquillamente fermarsi ad una morale terrena. È ipocrita ignorare la difficoltà di liberarsi del sacrificio nel suo significato più atavico dove la volontà di Dio prevale sulla nostra e di questo ne è testimone il Getsemani e ne fa eco la ripetizione del padre nostro e ogni tentativo di disimpegno è aggrappato ad uno spirito laicista e fuori dal contesto religioso
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In sintesi tu dici che sacrificio sta nel rimuovere gli ostacoli all’amore.
Io sempre + mi convinco che il buon Dio ha dato come costitutiva. Generante. Fondamento . Sia x l’Uomo che x l’evoluzione. Quello che in UNA parola chiamiamo con Libertà.
Quindi sono contro l’Intelligent design. contro Bollorè&il VAT I.
Ecco che x il tema ‘sacrificio’ argomento così. Uomo ha LIBERO arbitrio. TOTALE.
Donde: se sceglie il bene, sceglie Dio, come chiamare sacrificio ciò cui deve rinuciare? Al max..rinuncia.. ma gioiosa sapendo a CHI sta andando incontro. Ciao.