La Prolusione «spezzata» ai messaroli

Dal lungo discorso pronunciato da Bagnasco lunedì alla Cei ho provato a isolare cinque passaggi «vicini» ai cristiani della domenica
18 Maggio 2012

Non è invidiabile chi deve sintetizzare in due cartelle i passaggi fondamentali del Card. Bagnasco all’Assemblea della Cei. Non solo per la tradizionale lunghezza (50 mila caratteri il testo letto ai vescovi lunedì 21 maggio!), ma anche per l’abbondanza di spunti, poi drasticamente selezionati dalle letture giornalistiche: chi vi ha colto la “strigliata” ai partiti con difesa di Monti, chi l’altolà al “divorzio breve”, chi la scoperta della “cultura dei legami”.
Perché non fornire un compendio di poche pagine ad uso del cristiano anonimo, parrocchiano della domenica, che non trova il tempo di leggere quei tre fitti paginoni, per sapere quello che “il capo” dei vescovi italiani vorrebbe suggerire anche a lui?
Nell’ultima Prolusione – proviamo a titolo d’esempio quest’esercizio divulgativo – ci sarebbero almeno cinque spunti da evidenziare, bocconcini alla portata dei messaroli tanto cari a don Tonino Lasconi.
Innanzitutto, quando Bagnasco richiama l’attenzione sui “ricomincianti” (ovvero “coloro che, iniziati da piccoli alla fede, hanno raffreddato il loro rapporto con Dio”) portati a riaprire quel tema prima o poi nella loro vita: “un lutto, una nascita, un amore che comincia e finisce, una malattia, un incontro strabiliante, o anche solo la necessitata partecipazione con i figli agli itinerari della loro iniziazione cristiana”.
Per accogliere queste persone – ecco il secondo spunto – Bagnasco indica “la parrocchia con la sua accessibilità e ordinarietà, ma anche con un suo rinnovato flusso di calore. Essa non è un luogo di routine a misura dei “soliti noti”: è il miracolo di Dio dispiegato sul territorio, dove lo straordinario è racchiuso sotto forme abituali ma non per questo meno perentorie e incisive”.
Ma il presidente della Cei accosta subito alla parrocchia le aggregazioni laicali – segnalando quello che è ancora un rapporto non risolto in molte comunità e fra molti sacerdoti – che sono “nuovi forti esperienze di annuncio”. Afferma però con accenti quasi ultimativi: “È il momento che associazioni e movimenti, riscoprendo ciascuno la propria valenza iniziatica, s’innestino in una pastorale integrata, che sia di compagnia alle solitudini di oggi e rilanci nel concreto la missione sul territorio”. Un’ammonizione quanto mai impegnativa, forse un po’ da tradurre dall’ecclesialese: “valenza iniziatica” suona davvero difficile, mentre la formula della una “pastorale integrata”, già usata anche in altri ambiti, attende applicazioni concrete.
Un altro spunto della Prolusione è l’incoraggiamento caloroso ai preti: “Coraggio, rinnoviamoci – scrive loro -, non diamo nulla per scontato, lasciamoci provocare dalla vita, facciamo conto di essere al nostro primo anno di Messa, dispieghiamo tutto l’entusiasmo di cui siamo capaci, coinvolgiamo i religiosi, i laici, i genitori; non temiamo i loro suggerimenti….” e via incoraggiando.
Fra altri possibili stralci della Prolusione andrebbe segnalato a chi nelle diocesi (e nei blog) registra qualche preoccupante ritorno preconciliare, quanto il Cardinale scrive a proposito del Concilio Vaticano II: “Ci rammarichiamo che qualcuno, magari per semplice anticonformismo, si possa distaccare dall’insegnamento conciliare, e lo faccia ostentatamente, quasi a provocare una reazione. Ebbene, se è dai vescovi che questa è attesa, noi non possiamo non dire che il Vaticano II è “un autentico dono di Dio”, dl quale certo non intendiamo staccarci”
In reparto anche la stanza del silenzio

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