La madre di Sonia

"Prof, io credo che i genitori ti dovrebbero far fare esperienze di tutto ciò che è possibile sperimentare. Poi però dovrebbero accettare che noi abbiamo le nostre idee, che magari non sono come le loro".
11 Dicembre 2010

Esco da una settimana di fuoco, con cinque pomeriggi di consigli di classe e di ricevimento dei genitori.  Visi, voci, sguardi. Tanti dolori che i genitori raccontano, tante preoccupazioni, ma anche tanto disinteresse e formalità. Ma ogni tanto qualche colloquio mi continua a frullare in testa. 

La madre di Sonia, arriva alla fine del pomeriggio e si avvicina con titubanza. Quasi evitando il mio sguardo, mi da la mano in modo trattenuto. Mi presento e parlo sua figlia. E lei mi lascia dire, con un mezzo sorriso. Sento che è imbarazzata e cerco di sottolineare i lati positivi di sua figlia, che per fortuna sono molti. Poi in una mia pausa prende fiato e mi dice: “Guardi professore, ho una cosa da dirle. Bèh ecco, …. insomma, mi scusi se glielo dico, sono un po’ imbarazzata…”. “Mi dica tranquillamente signora, siamo qui entrambi per il bene di sua figlia”. “Ecco appunto… è proprio questo.  Vede mia figlia è molto contenta di fare religione con lei. L’anno scorso era in prima e lei le dato ottimo alla fine dell’anno… bèh insomma… mi ha fatto piacere, ma sa… noi… insomma… e anche quest’anno vedo che va bene… ma noi… non siamo molto di Chiesa.. ecco… e mi stupisce un po’ questo interesse di mia figlia… è una ragazzina curiosa e aperta, ma noi… insomma… in casa nostra non si parla di religione”. “Sa signora, lei ha ragione, sua figlia è aperta e interessata… e io non mi chiedo da dove viene questo interesse… cerco solo di coltivarlo perché sento che Sonia è curiosa e vuole capire davvero come stanno queste cose…”. “Ecco appunto questo… capisco che sia giusto coltivare la sua curiosità, ma… bèh insomma glielo dico… io e mio marito temiamo che Sonia voglia diventare cattolica… e questo ci mette un po’ di perplessità”.

Resto quasi di sasso, ma finalmente afferro la paura della madre di Sonia. “Signora, si tranquillizzi, qui non facciamo catechismo e nemmeno cerchiamo di educare alla fede. Il mio lavoro cerca di far venir fuori le domande che i ragazzi hanno su queste cose, e di offrire loro le risposte della religione Cattolica, in relazione anche ad altre religioni, perché poi sua figlia, come gli altri, possa farsi una sua idea e possa scegliere liberamente la sua posizione nei confronti della religione”. “Ma sa professore… mi scusi… bèh è ovvio che la sua posizione personale di cattolico influisce sul suo modo di presentare queste cose e di valutarle davanti ai ragazzi”. 

“Bèh io credo che insegnare non si mai una attività neutrale, come pure educare non lo è. Quello che sono  ovviamente si vede e si sente e credo che sia giusto che sia così. Molto meglio dichiarare ai ragazzi come la penso, che far finta di mantenere una neutralità impossibile. Ma le valutazioni che ho dato a sua figlia non sono legate alle idee che ha, ma all’impegno, all’interesse e ai risultati delle verifiche fatte in classe. Spesso capita che sua figlia ha idee che io non condivido, ma lavora con attenzione, interviene a proposito, sa le cose che le chiedo di sapere e mostra sensibilità per i problemi che trattiamo. Che voto le dovrei dare secondo lei? E quando si discute, sua figlia porta le sue argomentazioni e fa sì che la discussione si animi… mi sembra da premiare.  Al di là di ciò che Sonia può pensare, né lei né io, né suo marito, né il papa o chi per lui, può sostituirsi al lavoro di ricerca personale e di scelta esistenziale che la religione ci mette davanti. Magari queste cose sua figlia se le chiede perché è un essere umano che non vuole rinunciare a capire la realtà in tutti i lati che essa possiede”.

“Ma allora sarebbe più giusto che lei insegnasse tutte le religioni e non solo quella cattolica”. “Questo potrebbe anche essere sensato signora, ma siamo dentro ad una storia ed ad una geografia, cioè in Italia il cattolicesimo è innegabilmente dentro le vicende di questo paese e di questa cultura, perciò ha senso aiutare i nostri figli a comprendere come siamo arrivati qui. Semmai dovremmo chiederci se questo basta in un mondo dove i suoi amici possono essere buddhisti o musulmani o semplicemente indifferenti. E qui forse dovremmo allargare l’orizzonte, ma per ora le cose stanno così”.

Non se ne è andata tranquilla e non credo abbia capito il succo di quello che volevo dirle. Ma la cosa strana è che invece sua figlia su queste stesse cose ha le idee chiare. All’inizio dell’anno, parlando del rapporto coi genitori aveva detto in classe: “Prof, io credo che i genitori ti dovrebbero far fare esperienze di tutto ciò che è possibile sperimentare. Poi però dovrebbero accettare che noi abbiamo le nostre idee, che magari non sono come le loro”.

Anche tacere sulla religione è una scelta di campo. I ragazzi lo sanno bene. Gli adulti a volte fingono di non saperlo.

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