Il coraggio di immaginare l’inimmaginabile

Gesù abbraccia un terrorista: l’ultima provocazione dell’artista canadese Timothy Schmalz
29 Settembre 2016

CHE FIGURA!

A volte c’è bisogno della visionarietà di uno scultore per dare corpo alla misericordia, al perdono, alla riconciliazione. Per provare a vedere i connotati del cristiano, senza lasciarli fluttuare nel mondo liquido delle parole.

Conosciuto per un Gesù senzatetto (all’ingresso dell’Elemosineria apostolica, in Vaticano) e per un Gesù mendicante (all’ingresso dell’ospedale romano di Santo Spirito), Timothy Schmalz ha presentato la sua ultima opera – Ama i tuoi nemici – l’11 settembre scorso, nell’anniversario degli attentati alle Torri gemelle. Al di là del valore artistico della scultura, è stata una bella secchiata d’acqua gelata: valida come provocazione per pensare all’inesistenza di misericordia, perdono e riconciliazione, quantomeno nelle immagini.

Non che l’arte sia priva di tali gesti. Ma la sensazione è che, fin che si tratta dei grandi perdonati del Vangelo – dal figlio prodigo a Zaccheo, dall’adultera alla peccatrice in casa del fariseo – si accetti tutto. Mentre, non appena si prova a uscire dalla bolla d’aria del simbolico per entrare nella storia, son dolori.

Già sono prevedibili, sulla statua, le prime cacche di piccione: «Perché il terrorista non ha deposto le armi? Perché non è venuto a chiedere perdono in ginocchio? Chi ci dice che si è pentito? E chi ci garantisce che sia pentito veramente? Allora perché non si è tolto il cappuccio? Ma Gesù lo sta abbracciando o lo sta fermando? Non è che stiamo santificando un criminale? Non sarebbe meglio farlo fuori e poi pregare per lui?»

Finora, nell’arte figurativa contemporanea (ad es. nei lavori della pittrice inglese Ghislaine Howard), si sono visti abbracci di ogni tipo – di genitori, figli, amici, innamorati, soccorritori –, mai però oltre i confini condominiali.

Il coraggio di Schmalz è nell’averlo esteso ai nemici. Inducendo a riflettere sul perdono storico, relativamente facile da dare ai vinti (nazisti, fascisti, brigatisti…), molto meno a chi ti sta tuttora facendo del male: nell’opera, infatti, il terrorista ha il capo coperto e l’arma in mano (ancora fumante, se ciò fosse possibile in una scultura). Eppure il perdono – la storia di Zaccheo insegna – non pone condizioni (tipo «Butta le armi, mostra il volto, chiedi scusa…»): si abbraccia un peccatore, non un convertito. E si spera che l’abbraccio inneschi – prima o poi – una conversione, grazie alla quale il peccatore butterà le armi, mostrerà il volto, chiederà perdono…

Semmai, a destare perplessità potrebbe essere il fatto che l’abbraccio sia “delegato” a Gesù, il grande perdonatore. Dimenticando la responsabilità e la fatica dell’uomo. Per altro, la presenza del Signore fa mettere in conto che chi perdona resta spesso una vittima e che il perdonato può rifiutare il perdono. Oltre a far ricordare che i due malfattori crocifissi con Gesù, più che dei ladroni, erano probabilmente dei terroristi.

Più che un’assoluzione del nemico, la statua di Schmalz è un tentativo di relazione con lui. Non risolve il problema del terrorismo, manda solo un segnale. Come afferma Serena Noceti: «La misericordia sempre tiene presente il futuro, scommette sul futuro. Crede nell’umanità anche di chi è colpevole».

Per questo non è indifferente sapere dove verrà collocata la statua. Se, invece che in un museo o nelle vetrine delle città-santuario, andasse a finire sotto l’obelisco di Piazza S. Pietro o nelle piazze antistanti le nostre cattedrali, avrebbe ben altro impatto. E se non servisse a un terrorista per cambiare rotta, sarebbe utile a un cristiano per meditare sulla propria capacità di misericordia, di perdono e di riconciliazione.

Qualcuno racconta che Paolo VI – dopo aver scritto, nel 1967, l’enciclica Populorum Progressio – sentì il bisogno di un’azione forte, concreta, di solidarietà. E pensò di mettere in vendita la Pietà di Michelangelo custodita nella basilica di San Pietro, per destinare il ricavato ai poveri. Poi il pensiero fu fatto raffreddare e spegnere, senza dargli seguito. Chissà che questa nuova scultura, lungi dall’essere solo un oggetto d’arte, non faccia venire un’idea a papa Francesco…

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