L’incontro è terminato. Una catechista mi ferma mentre sto uscendo: “Volevo ringraziarti di quello che hai detto. Stasera ho capito perché mio figlio, da quando è ministrante, è impaziente di venire a messa, anzi ci sprona a non arrivare tardi: si sente finalmente attivo, protagonista! E mi dispiace ancora di più per mia figlia, che ha solo un anno di più ma si perde questa esperienza”.
“Non vuole servire come ministrante?” chiedo io.
“No, lei vorrebbe, ma il parroco da un po’ di tempo non accetta più le bambine all’altare, perché dice che sono molto più brave dei maschi, li surclassano quasi, e loro restano intimiditi e si allontanano”
A me pare come la falsa giustificazione di quello che dice “Ti lascio perché sei troppo per me”. Non vai bene perché sei troppo brava? Ma che motivo è? Credo che l’ira che mi coglie traspaia dal mio sguardo perché la mamma rincara la dose:
“E’ rimasta così male quando il fratello ha ricevuto la lettera di invito per conoscere il seminario diocesano! La mandano a tutti i maschietti, ma per le ragazze non è previsto niente di simile. Mi ha detto: è un’ingiustizia! Perché i maschi sì e noi ragazze no? Contiamo di meno? Allora è vero che non ci vogliono”.
Ascoltandola pensavo a tante di noi che faticano e che si impegnano, nella pastorale della Chiesa, alle gioie e alle delusioni che inanelliamo, alla perseveranza che mostriamo, e poi agli spiragli e alle mille domande aperte dal Sinodo per l’Amazzonia ….
E l’ho sentita forte, la domanda:
Ci volete? Parroci di casa nostra, vescovi delle nostre diocesi, ci volete? Ci volete non solo in un ministero ‘ufficiale’, ma soprattutto per pensare insieme, per costruire insieme un volto di Chiesa più vicino al sogno di Dio? Così come siamo, preparate o improvvisate, rompiscatole o accondiscendenti, esigenti o accomodanti, ma comunque portatrici di una voce altra, e quindi non semplicemente utili (cosa che in realtà ci viene detta spesso), ma davvero indispensabili. Ci volete?