Da “¡Hagan lío!” a “Fai rumore”: quando il Papa vince Sanremo

Quando ho letto il titolo della canzone “Fai rumore”, la mia mente è andata subito a quel “Fate chiasso!” che Papa Francesco lanciò ai giovani nel 2013, durante la GMG di Rio de Janeiro...
20 Febbraio 2020

È esplosa in radio e soprattutto sui social network dove, tra meme e parodie di Tik Tok, impazza tra i giovani. Fa rumore, insomma, la canzone “Fai rumore” di Diodato, vincitrice del 70.mo Festival di Sanremo. E da quel palco il grido di Diodato sembra essere entrato nel linguaggio comune di tutti: “Fai rumore” lo si dice, tra il serio e il faceto, a chi mastica rumorosamente, alla mamma che accende l’aspirapolvere alle 7.00 di mattina, all’operaio che usa il martello pneumatico…Tutti, insomma, facciamo rumore.

Io sono un’appassionata del Festival, lo seguo sin da piccolissima, da quando lo ascoltavo per radio, perché in casa dei miei genitori la televisione – per scelta – è arrivata solo nel 2010. Quindi di testi “festivalieri” ne ho letti e ascoltati un bel po’. Ma quando ho letto quello di “Fai rumore”, prim’ancora di ascoltarlo in versione cantata, la mia mente è andata subito a quell’ “¡Hagan lío!”, quel “Fate chiasso!” che Papa Francesco lanciò ai giovani nel 2013, durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro. “Fai rumore” come “Fate chiasso”, insomma.

Certo, la differenza tra le due accezioni è sostanziale: nel 2013, Papa Francesco invitò i giovani a farsi “sentire nelle diocesi”, ad “uscire fuori”. “Voglio che la Chiesa esca per le strade – disse – Voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo, da tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi”. La speranza del Pontefice era che i giovani non restassero ai margini della vita della Chiesa e della società, ma che si dessero da fare in prima persona per esserne protagonisti.

Nel caso di Diodato, invece, “fai rumore” è un invito al dialogo all’interno della vita amorosa, la spinta a superare l’incomunicabilità, il desiderio di ascoltare la voce, il parere, il pensiero di chi amiamo. In diverse interviste, il cantautore ha spiegato il suo testo come un’esortazione a bruciare quei silenzi che alimentano le distanze all’interno di una coppia.

Tuttavia, c’è un filo rosso che accomuna “Hagan lío” e “Fai rumore”: è il filo rosso della responsabilità. Nel caso di Papa Francesco, la responsabilità è la chiamata a vivere attivamente la propria esistenza, per non essere “giovani pensionati”, ma per dare un contributo concreto e reale al mondo in cui si vive. È un “chiasso” positivo quello invocato dal Pontefice per i giovani, un chiasso che non è un rumore autoritario e invadente di chi copre la voce degli altri, bensì è un rumore che dimostra l’impegno e la volontà di costruire una società migliore.

La stessa responsabilità è richiamata da Diodato nella sua canzone: la responsabilità ad impegnarsi nell’amore, a dargli credito rispettando l’altro e facendolo parlare, ascoltando ed accettando il suo punto di vista, le sue parole, il suo “rumore”.

Non solo: il cantautore tarantino regala al “fare rumore” una sfumatura specifica. La canzone, infatti, è dedicata ad una donna e in tempi in cui le donne ancora faticano a far riconoscere il proprio valore, sentirsi invitate a “fare rumore”, cioè a farci vedere e sentire per quello che realmente siamo e valiamo, è davvero di impatto. Troppe volte, infatti, siamo state e siamo ancora esortate a “stare zitte”, incastrate in culture maschiliste e pregiudizi di genere.

Fare rumore, oggi, significa avere il coraggio di farsi avanti; significa non essere indifferenti; significa non lasciarsi trascinare dalla realtà che ci circonda, bensì viverla in pienezza per cambiarla in meglio.

Sono trascorsi sette anni da Rio de Janeiro a Sanremo. E poi dici che la Chiesa non è all’avanguardia?

 

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