Mi dicono che è stato molto interessante l’incontro che si è svolto lo scorso 29 marzo a Roma, nella basilica di San Giovanni in Laterano. Il tema era “La responsabilità della speranza e il lavoro dello spirito”: si prendeva spunto da una ricerca del Censis, sulla religiosità oggi. Io però sono stata colpita dalla foto del tavolo dei relatori: tutti qualificati, tutti uomini, tutti agée. Anzi, diciamolo, tutti anziani.
Mi sono venute in mente altre immagini. Tanto per cominciare, quella della discussissima puntata della trasmissione “Porta a Porta” del 18 aprile 2024: presenti 6 uomini, che hanno parlato di vari argomenti di attualità, tra cui l’aborto, senza che si potesse sentisse una voce femminile.
Sappiamo che in televisione il problema è antico e ancora grande, nonostante qualche cambiamento avvenuto negli anni. Non ho i dati Mediaset o di altre emittenti, ma il Rapporto Rai 2022 sulla presenza femminile in TV, ci dice che tra i giornalisti dei telegiornali e tra quelli impegnati nell’approfondimento informativo, le donne erano solo il 37%; tra gli opinionisti le donne invitate nei programmi erano poco più del 30%; tra le figure istituzionali, politiche e della pubblica amministrazione poco più del 19%.
Non è una consolazione, sapere che questo obnubilamento delle donne non riguarda solo la Chiesa, ma la società nelle sue varie espressioni, comunicazione compresa. Mi piacerebbe che la nostra Chiesa fosse diversa. Davvero non ci sono donne abbastanza qualificate per raccontare o discutere in televisione di quello che succede nel mondo? Davvero non ci sono donne abbastanza esperte per raccontare e discutere le nuove forme di religiosità, la fuga dalle chiese, i possibili modi per affrontare il problema?
Non so quante siano le teologhe, ma sfrucugliando nel sito del CTI (Coordinamento delle teologhe Italiane) ne ho contate più di 190, tra docenti e non. Significa che sono di più, perché ovviamente non tutte le teologhe sono iscritte al CTI. E quante sono le sociologhe, o le ricercatrici in diversi campi, che avrebbero avuto qualche cosa da dire, se qualcuno avesse messo da parte la solita agenda telefonica ormai consunta e si fosse posto l’obiettivo di cercare qualche nome nuovo, per mettere insieme un tavolo davvero plurale. Magari anche con qualche voce giovane, visto che anche di loro si parlava.
Lo strano fenomeno dell’evaporazione delle donne
Un’altra immagine che mi è venuta in mente è quella delle badesse. Perché nei secoli ce ne sono state, di donne che hanno preso la parola, fondato ordini, influenzato la vita della Chiesa, esercitato un potere. Come, appunto, le badesse. Le donne ci sono, nella società e nella Chiesa, ma è come se, ad un certo punto, evaporassero, sparissero.
Per secoli e secoli, ad esempio, il mondo ha cancellato le pittrici, anche quelle che tra mille difficoltà riuscivano e dimostrare la loro bravura (ma mai abbastanza!). Alla loro morte le loro opere venivano deprezzate, disperse dagli eredi (è una donna, mica spendi soldi ed energia per conservarne le opere e la memoria!), i loro nomi dimenticati.
Un’altra immagine, ancora, è quella di Maria Maddalena. La Chiesa ha cancellato la figura della Maddalena come “Apostola degli Apostoli”, tramandone solo la storia come prostituta, una peccatrice, Maria sorella di Marta. Peccato che non fosse nessuna di queste cose, mentre era la prima persona a cui Gesù risorto è apparso, incaricandola di portare l’annuncio della resurrezione agli apostoli. Anche l’Apostola degli Apostoli è evaporata.
Perfino le catechiste evaporano, quando si tratta di affidare ruoli di responsabilità. Secondo alcuni dati dell’Università Salesiana di qualche anno fa (2021), catechisti e catechiste erano per il 76% donne. Ma su 225 diocesi le donne (laiche e religiose) che dirigono un Ufficio Catechistico diocesano, sono solo 14, a cui si possono aggiungere una coppia (marito e moglie) di co-direttori e sei vicedirettrici: in totale, non si raggiunge il 10%.
Dove soffia lo Spirito
Negli ultimi anni qualche cosa è cambiato, nella Chiesa, anche grazie ai segnali mandati da Papa Francesco: l’apertura anche alle donne dei ministeri del Lettorato e dell’Accolitato, l’aumento del numero delle donne con ruoli di responsabilità in Vaticano, le istanze emerse dal cammino sinodale… Ma immagini come quella del tavolo di quel convegno ci fanno capire come c’è ancora molta strada da fare. E, ripeto, il fatto che il problema non sia solo ecclesiale, ma della nostra società tutta, non è un alibi: ogni tanto sogno che la Chiesa possa essere profetica anche in questa materia.
A proposito della ricerca del Censis di cui si discuteva nel convegno in questione, Giuseppe De Rita ha scritto: «si è dovuto prendere atto che sia nella realtà ecclesiale che in quella sociale si è venuta di fatto formando una ambigua “zona grigia”, alimentata dalle propensioni al vivere di presente; all’individualismo, al soggettivismo; una zona grigia segnata dalla tendenza al tralasciare, al disimpegno (non vado a votare e non vado a Messa); ma una zona grigia che ha causato una generalizzata perdita di senso, una forte difficoltà nelle relazioni, una gran fatica a trovare un progetto di vita comune». E se per recuperare senso, relazioni, un progetto di vita comune fosse necessario, tra l’altro, dare più spazio alle voci che fin qui ne hanno avuto troppo poco, a partire da donne e giovani? E se la Chiesa davvero avesse bisogno di più donne? E se fosse proprio qui che soffia lo Spirito?
Nella mia esperienza, il problema non è (o non è solo) quello delle donne, ma dei laici in generale.
Nonostante il Sinodo e le parole del Santo Padre, i laici sono ancora al margine della vita ecclesiale e sono considerati esclusivamente fruitori dell’offerta religiosa o, nella migliore delle ipotesi, persone a cui dire cosa fare, come, dove, quando.
Da parte dei sacerdoti non c’è fiducia – men che meno se sono donne -, non si accolgono le istanze, le idee, le proposte. Viene portato avanti solo ciò che è deciso dai sacerdoti, spesso senza chiedere altri pareri oltre al proprio, il resto, al massimo, è un ronzio fastidioso in sottofondo.
So che non tutte le Diocesi sono così, ma in molte questo è lo stato delle cose e non certo per mancanza di persone che vogliano lavorare, tant’è che già lo fanno. Ma, spesso, sotto gli sguardi condiscendenti dei sacerdoti e senza un effettivo sostegno al loro contributo all’edificazione del Regno di Dio.
Leggo l’articolo e mi rammarico, perché di donne impegnate per il bene ne conosco tante. Noi siamo del Comitato “ Pro-life insieme “ e replichiamo ogni giorno agli articoli a favore dell’aborto e contro la famiglia. Siamo donne impegnate in questo campo e disponibili a metterci in gioco con le nostre competenze. Stiamo realizzando il “Manifesto delle donne pro-life 3.0 “ e speriamo di riuscire a darne visibilità per offrire finalmente un modo nuovo di guardare alla donna, non aggressiva, decisa a difendere l’immagine femminile, impegnata nel lavoro e nel sociale senza conflittualità col maschile.
http://www.prolifeinsieme.it
Prof. Vittoria Criscuolo
Vicepresidente Comitato “ Pro-life insieme “