Le famiglie in autogestione

Campi e campeggi per famiglie: bilancio di fine estate. Fatiche e ricchezze di un'esperienza che merita di essere comunicata, nella concretezza
11 Settembre 2011

Le famiglie italiane che “vanno in campeggio” – con roulotte o camper – ci sorridono dalle copertine delle riviste specializzate. Meno numerose (ma forse molto più di quel che si pensa) sono le famiglie che “si fanno il campeggio”, ovvero si organizzano per trascorrere d’estate una settimana estiva insieme low cost, figli compresi: chitarre e pannolini, Bibbia e “Non t’arrabbiare”.
Una formula multiforme e flessibile, dalle infinite varianti, sommerse come tante realtà di pastorale familiare in Italia. Ad esempio, il gruppo sposi “con” o “senza” (il prete o il parroco), gli ex fidanzati del mitico itinerario prematrimionale, gli amici che si conoscono da una vita in oratorio, i genitori della catechesi che “provano” a dedicarsi qualche giornata…
Si va dall’uscita di tre giorni, alla settimana in una casa per ferie, super attrezzata con lavastoviglie o rigorosamente spartana con gabinetto en plein air. Altre famiglie, con riferimento alle loro parrocchie, diocesi o aggregazioni ecclesiali, preferiscono modalità organizzative meno impegnative (a mezza pensione o tutto compreso in case-soggiorno alpine o marine) ma altrettanto formative e creative nell’organizzazione del tempo e dei contenuti. La variabile principale è l’età dei figli e il loro numero complessivamente: è impensabile, quando sono ancora un esercito di piccolini, pensare di raggiungere un tremila in cordata (meglio puntare ad un tour fra i parchi gioco), così come è ipotizzabile coinvolgerli, finalmente teenager, in qualche incontro serale formativo (ma anche ludico).
Pure per dare concretezza al tema famiglia-lavoro-tempo libero dell’incontro mondiale di Milano 2012 uno scambio di esperienze potrebbe rivelarsi incoraggiante. Ci proviamo qui su Vino Nuovo, accennando alle quattro gambe che, generalmente, riescono a sorreggere bene il tavolone delle famiglie in campeggio.
La corresponsabilità è la prima: soltanto se ogni famiglia fa la sua parte, la costruzione regge. A parte la suddivisione dei compiti fra le famiglie iscritte (chi contatta la casa, chi va a fare la spesa grossa per tutti, chi introduce il tema, chi tiene la cassa…), c’è bisogno di un surplus di disponibilità, esemplare come sempre anche per i figli. Ma in pochi altri ambiti – provare per credere – si coglie così concretamente cosa vuol dire ritrovarsi come piccola Chiesa ad essere realmente “famiglia di famiglie”.
Poi, la riconciliazione. Il quotidiano logora, la convivenza mette alla prova. Bisogna sintonizzare gusti e abitudini, allenarsi a mediazioni e rinunce: oltre che nella coppia, anche con le altre coppie e nella coppia a confronto con le altre coppie. Un bel tirocinio di pazienza e di equilibrio, un “ritiro” di esercizi con lo spirito dell’apertura-accettazione dell’altro.
Una terza gamba è l’intreccio fra le generazioni: che goduria vedere ragazzi di età diverse che si educano a vicenda, organizzando tornei e cacce al tesoro; o notare come gli amici di mamma e papà diventano col tempo zii acquisiti, modelli educativi spesso significativi per tutta la vita, nei quali “pescare” anche come madrini o padrine per la cresima.
L’ultima gamba rappresenta invece il sostegno primo di queste esperienze: la dimensione spirituale che va oltre il “trovarsi bene” e che ispira ogni giornata a partire dalle lodi con i ragazzi (dopo colazione o in cerchio alla partenza di una gita), culmina nella Messa (quando “il don” c’è) e si conclude col Padrenostro della sera.
Campi così, fra tachipirina in prestito e scarponcini troppo stretti, diventano cantieri di spiritualità familiare dove il pane della Parola si spezza nello scambio delle sofferenze personali o dei disagi del momento. E la preghiera ha davvero un sapore di famiglia, nasce dal dialogo mentre qualcuno pela le patate per il pranzo o mentre si spalma la Nutella per la merenda del pomeriggio.

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