Almeno nel periodo quaresimale, molti preti già usano tenere l’omelia nei giorni feriali, pensando bene in questo periodo di amplificare l’ascolto della Parola (anche se qualche fedele ritiene invece che si tratti di una forma di penitenza, visto la pesantezza di certe prediche).
Ma se è vero che l’omelia va valorizzata tutto l’anno, “essendo il momento più alto di dialogo fra Dio e il suo popolo, prima della comunione sacramentale” perché non prevedere di offrirla sempre nelle Messe dei giorni feriali? Sostiene questa proposta un lettore milanese di Avvenire, Gino D’Ambrosio, che in pochi mesi ha scritto ben due lettere al quotidiano cattolico: “è possibile – motiva nello scritto di venerdì 21 marzo – che chi ci guida ogni mattina verso la Parola di Gesù non si accorga che l’omelia può rappresentare un momento di riflessione e di gioia per i presenti?”. La determinazione del buon D’Ambrosio si appoggia naturalmente all’esempio più eloquente, quello di Papa Francesco con le omelie di Santa Marta che “sono diventate un piacevole appuntamento quotidiano e vengono immediatamente amplificate in tutto il mondo”.
Facile immaginare i pro e contro rispetto alla proposa: non è tanto un problema di quantità, ma di qualità. Non più omelie, ma “più” omelia. E’ una questione annosa e ricorrente, avvertita purtroppo più da chi ascolta che da chi parla. Un’urgenza pastorale indagata nel 2006 dal nostro Roberto Beretta nel suo libro “Da che pulpito… come difendersi dalle prediche” (Edizioni Piemme) ma rimasta irrisolta.
Adesso però il tempo è maturo, “molti sono i reclami in relazione a quest’importante ministero e non possiamo più chiudere le orecchie”. A scrivere così è lo stesso Papa Francesco che ha voluto dedicare un intero capitolo – quindici paginette – della sua prima esortazione apostolica alla valorizzazione dell’omelia, dal momento che “i fedeli, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare gli altri a predicare”.
E se questo sorta di “vademecum per il buon predicatore” ha ottenuto qualche titolo solo nei giornali laici è perché nella Evangelìì Gaudium tanti altri contenuti forti hanno oscurato il “dossier predica”. In cui un Papa per la prima volta spiega cosa non può essere un’omelia (“uno spettacolo di intrattenimento”, “una conferenza o una lezione”, “moralista e indottrinante”, “tediosa e inefficace”), raccomanda che sia breve, in armonia con i ritmi della celebrazione, “che la parola del predicatore non occupi uno spazio eccessivo, in modo che il Signore brilli più del ministro”.
Meritano di essere letti, prima ancora che commentati, questi paragrafi del pastore Bergoglio che indicano il contesto liturgico, lo stile materno, dialogante, concreto e sintetico di ogni omelia, il suo tono positivo, insistendo quindi sulla necessità di una preparazione (“il predicatore che non si prepara è disonesto e irresponsabile verso i doni che ha ricevuto) arricchita anche del contributo dei laici: “Che buona cosa – commenta il Papa – che sacerdoti, diaconi e laici si riuniscano periodicamente per trovare insieme gli strumenti che rendono più attraente la predicazione”.
E’ triste assistere a prediche tristi, aeree o colpevolizzanti, non solo per i bambini. L’esempio, scritto e interpretato a Santa Marta ogni giorno da Papa Francesco, può aiutare a migliorare “il dialogo di Dio col suo popolo”; tanto meglio se questo avviene anche nei giorni feriali.