Una misericordia contro natura

«Lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato intorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti»
28 Febbraio 2016

III domenica di Quaresima: Lc 13,1-9

IL FICO SENZA FRUTTI (vetrata prodotta in serie dalla Stained Glass Inc. di Greenville, Texas)

 

Conosciamo un bambino che ama ascoltare i racconti del nonno. E quando capisce che nella storia le cose si mettono male, lo ferma – «Questa è una storia di morienza», gli dice – e lo invita a cambiare fiaba. È un argomento, la morte, che manda in paranoia chiunque, tant’è che la esorcizziamo in vari modi o evitiamo di pensarla. In più, come gli apostoli, siamo turbati dalle morti violente, siano esse provocate da armi o da disgrazie.

Gesù, per prima cosa, ci libera dal pensiero che queste morti siano un castigo. Lo fa con forza («No, io vi dico»), per due volte, ma, con uguale forza, per due volte, ricorda che siamo tutti dei condannati a morte. Esortandoci a cambiare strada, prima della nostra data di scadenza. Come faceva Giovanni il Battista, con la metafora della scure alla radice dell’albero.

Poi cambia tono, Gesù, cercando di dare speranza. Anziché mettere paura, punta a toglierla; invece di punire, preferisce salvare. Per cui, quasi ad ammorbidire la durezza iniziale, si mette a raccontare la parabola di un fico che da tre anni non dà frutti. Anche lui è un condannato a morte, poiché le leggi della natura sono inflessibili: chi rende, va avanti; chi non ce la fa, viene eliminato.

Però, come in quasi tutte le parabole, succede qualcosa di inaspettato: a condizione di mettersi in regola, il condannato ottiene un rinvio. Di un anno, mica di un giorno, grazie al vignaiolo che scommette su di lui.

Ciò dimostra che, se la natura non dà prove d’appello, la misericordia va contro natura. Se la natura è inesorabile come la morte, la misericordia non lo è. Se gli ultimatum sono nella logica delle leggi di natura, la misericordia dà una possibilità ulteriore. È esagerata, la misericordia, ed è pure antieconomica, irrazionale, stupida… (non a caso, viene sempre presa per i fondelli).

Pur non essendo d’autore, questa vetrata riesce a far cogliere le due logiche contrapposte… con la semplice trovata di porre il fico in mezzo. Tra chi si scandalizza («Ma come? Non dà frutti e sfrutta il terreno?») e chi crede nella possibilità di rinascere; tra chi pensa che l’altro sia irrecuperabile («Non cambierà mai!») e chi pensa l’opposto; tra chi vorrebbe fare giustizia («Facciamola finita. Che senso ha proseguire?») e chi non sopporta d’essere inesorabile come la morte.

Diremo dunque a quel bambino che, anche quando sembrano di morienza, le storie possono avere vie d’uscita insospettabili. E fregare la morte con l’amore.

Poi cercheremo di non scordare che pure noi abbiamo ottenuto un anno di misericordia. Per chiederla e soprattutto per donarla, imparando a usare – al posto della scure – la zappa e il concime.

 

 

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