X domenica del tempo ordinario: Lc 7,11-17
L’UNICO FIGLIO DELLA VEDOVA DI NAIN (particolare) (affresco della prima metà del XIV secolo, Monastero di Visoki Dečani, in Kosovo)
Sì, va ricordata l’unicità di questo figlio, se si vuole avere – come Gesù – «grande compassione» per la madre, già rimasta senza marito. La fretta della rimozione fa scordare – persino nel titoletto redazionale del Vangelo – un aggettivo importante per capire la disperazione della donna.
Sarà la stessa ragione che non fa dare un nome a chi perde un figlio: un qualcosa di talmente innaturale e inconcepibile che non deve proprio esistere. E quindi non viene fatto entrare nel linguaggio (che però, ai fini della tutela delle vittime, ha coniato i termini vedovo/a e orfano/a per chi ha perso il coniuge e chi – in giovane età – ha perso un genitore).
Anche Gesù potrebbe non vedere, non sentire, non parlare. E tirare dritto, quando incrocia un corteo funebre in uscita dalle porte della città. Invece si ferma, guarda con attenzione e dà ascolto, lasciandosi sciogliere dal pianto straziante della donna. Soffre visceralmente, Gesù, come una mamma nel dare la vita (e questo giovane – assieme alla figlia dodicenne di Giairo e all’amico Lazzaro – è una delle tre persone che lui riporta in vita).
Colpisce, del Signore, il tono forte, per scuotere, con cui dice alla madre di non piangere e al figlio di alzarsi. Un invito a rimettersi in piedi, da estendere a tutti quanti sono nel pianto. Che saranno beati dopo aver ripreso il cammino.
Insomma, senza mostrare raggi di luce rosa e azzurra, Gesù fa vedere – in varie situazioni – in quanti modi si possa coniugare la misericordia: restituendo il giovane a sua madre, Gesù rimette al mondo entrambi, dandoci una dritta per capire qual è il verbo di questa domenica. E ci aiuta a dire, ai genitori che hanno perso un figlio, «Fidiamoci di Dio».
Nell’affresco merita uno sguardo prolungato la gente di Nain, certa del fatto che «Dio ha visitato il suo popolo»: la loro fede rafforza anche la nostra, in Colui che «eliminerà la morte per sempre» e «asciugherà le lacrime su ogni volto» (Is 25,8 e Ap 21,4).