XXXIII domenica del tempo ordinario: Lc 21,5-19
L’UOMO CHE VACILLA (Alberto Giacometti, 1950, Zurigo, Kunsthaus)
In un tempo di alta instabilità, geologica e politica, cascano a fagiolo il brano di Luca e la figura di un uomo in procinto di cadere. Preferibile a immagini di distruzione o di caos perché, invece delle macerie, fa vedere l’uomo. Senza rumore né colore né sfondo. Senza dire nulla di lui, né di chi o di che cosa stia causando il suo crollo.
A volte giova non avere notizie, per non dare colpe agli altri, alla società, a Dio. E sapere se sia in corso una tragedia o una commedia, potrebbe depistare dall’annuncio evangelico della fine dei tempi: nulla di noi resterà in piedi. Non solo i nostri corpi, ma anche le nostre opere d’arte, i nostri edifici più belli e persino le più grandi invenzioni collettive, i nostri paesi e città. Tutti – persone, animali e cose – abbiamo una data di scadenza. Ed è inutile, guardando la statua, pensare che «non è detta l’ultima parola» o che «quell’uomo, di per sé, è sospeso e potrebbe sempre spiccare il volo»: la buttiamo sempre in ridere o in sogno quando vogliamo seppellire i cattivi pensieri.
Potrebbe essere utile tenere, sulla scrivania o sul comodino, una copia di questa statua, dedicata – più che all’uomo forte – a quello debole. Un anti-monumento. O un nuovo tipo di monumento, se ammonisce che dai piedistalli si può rovinare a terra. Se fa presente che «in cima a ogni vetta si è sull’orlo di un abisso» (Stanislaw J. Lec). O, più semplicemente, se ricorda, senza mettere angoscia, che siamo caduchi, che prima o poi, in qualche modo, perderemo – con l’equilibrio – la bellezza, il portamento, la sicurezza… e la vita.
Il Vangelo, però, aggiunge un messaggio: Gesù infatti, dopo aver dato “istruzioni” in caso di sofferenze e persecuzioni, mette in guardia dalla possibilità di vacillare nella fiducia in lui.
Almeno la fede dobbiamo portarla in salvo. Per questo ci piace pregare con il Salmo 17 (16): «Tieni saldi i miei passi sulle tue vie / e i miei piedi non vacilleranno». Pur vacillando, il bello dell’omino di Giacometti è nel tenere ancora alto lo sguardo…