Santa famiglia di Nazaret: Lc 2,22.39-40
LA PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO (Bonanno Pisano, 1180-81, Pisa, Cattedrale di S. Maria Assunta, porta di San Ranieri, ora nel Museo dell’opera del Duomo)
All’infuori dei giorni della Natività, succede raramente di vedere ferma la Santa famiglia. E, anche se non sembra, pure qui è arrivata dopo un viaggio, richiesto da una prescrizione. A cui Giuseppe e Maria sottostanno volentieri, avendo la legge nel cuore: sentono infatti di dover confessare a Dio che il bimbo che portano è un dono del cielo.
È forse lo stesso impulso che un tempo, nel nostro Paese, spingeva a far battezzare i figli nell’arco delle prime 24 ore, a volte senza che la madre potesse essere presente: era la necessità del fedele di rendere grazie e di rendere merito al più presto.
A Gerusalemme, però, Gesù non viene condotto per il Battesimo (che riceverà in età adulta): la sua è una consacrazione al Signore, segnalata dalla profetessa Anna con la mano alzata (un gesto ribadito, in altre opere, dallo stesso Gesù bambino).
È come un’offerta simbolica del figlio da parte dei genitori (accompagnata da quella, reale, delle due tortore tenute in mano da Giuseppe). Ed è fondamentale che, dall’altra parte, ci sia un sacerdote a ricevere il bambino (come indicano le parole scolpite «Accepit Simeon puerum»), anzi a stringerlo in un abbraccio.
Simeone e Anna, entrambi in età molto avanzata, capiscono che è giunta al termine la lunga attesa di un Salvatore. Raggiante per essere riuscito a vederlo, Simeone non riesce a trattenere il Nunc dimittis, il cantico di commiato dalla vita e di apertura a una vita nuova nel segno di Gesù (anche se sarà un segno di contraddizione). Noi pure, oggi, per felice coincidenza, eleviamo col Te Deum un inno di lode al Signore per i suoi doni passati, presenti e futuri.