XI domenica del tempo ordinario: Lc 7,36 – 8,3
LA PECCATRICE PERDONATA (fine XI secolo, Capua, Basilica di S. Angelo in Formis)
Dopo la vedova di Nain, un’altra donna piangente, stavolta a causa dei peccati. Spesso confusa con Maria di Betania (per via del profumo) o con Maria di Magdala (citata da Luca poco dopo), non è né l’una né l’altra. Semmai ha qualcosa in comune con l’emorroissa di Cafarnao, poiché entra in scena di soppiatto ed è determinata: vuole infatti chiedere perdono di testa sua, senza aspettare che le dicano come.
Chi riconosce i propri peccati, riconosce anche chi sa solo condannare. E riconosce che Gesù è diverso: è uno che va in giro togliendo pesi a tutti, sia che guarisca sia che perdoni. Chissà… Può essere che, seguendolo, la donna si sia sentita migliore, come quando ci si mette un profumo (ecco dove avrà preso l’idea).
Nella casa del fariseo sono tutti seduti, eccetto lei. Questo è il motivo della scelta dell’affresco di S. Angelo in Formis: il fatto di non mostrare la donna prostrata a terra, schiacciata dal peso dei peccati, mentre dà inizio alla sua confessione muta, ma mentre si rialza. La donna bagna di lacrime i piedi di Gesù, li asciuga coi capelli, li bacia, li unge di olio profumato… facendo ogni azione – ci piace pensare – con movimenti via via più lievi, quasi di danza, perché si sente leggera.
«Una donna leggera», in senso ironico, è sicuramente per il padrone di casa: un greve capace di vedere negli altri solo il greve, ossia le colpe. Duro persino con Gesù, colpevole di non averla riconosciuta. Ai giorni nostri, il fariseo direbbe «Basta col buonismo. A ognuno quel che si merita», ritenendo il perdono tutto meno che un dono. Immaginiamo che quel pe, premesso a “dono”, sia per lui significativo: sta per pericoloso. Avverte che va dato con le molle, con mille precauzioni e condizioni. Che va fatto pesare, come una pena. Che regalarlo è un peccato.
Chiamando il fariseo per nome, Gesù cerca di spostare l’attenzione di Simone dai peccati all’amore. Prima gli racconta una storia, per aiutarlo a guardarsi da fuori e per fargli cogliere come il perdono e l’amore si attraggano. Poi lo affronta direttamente, svelandogli la sua incapacità di gesti d’amore.
«Lei, invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi…»: per questo Gesù proclama, grida il proprio perdono, comunicandolo a lui e ribadendolo a lei. A rimarcare – crediamo – la felicità di vederla sollevata, finalmente capace di amare e di perdonare.
Quando Gesù risorto dona ai suoi lo Spirito (Gv 20), lo dona assieme al mandato di perdonare: non è una bella coincidenza che il perdono e lo Spirito abbiano la stessa leggerezza e facciano volare?