In ginocchio per sostenere la Chiesa

«Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!”»
31 Gennaio 2016

IV domenica del tempo ordinario: Lc 4,21-30

PROFETA INGINOCCHIATO (Gerhard Marcks, 1936)

 

Non partono prevenuti, i compaesani di Gesù: paiono anzi ben disposti, se restano colpiti dalle sue parole di grazia. È lui, invece, a diventare indisponente dopo l’allusione a Giuseppe, poiché capisce che gli sono contro. E li provoca citando due profeti che – con la patria nei guai – andarono a fare del bene a due stranieri.

È proprio vero – direbbe qualcuno – che i profeti «se le cercano». Mettendosi non solo contro il potere, ma perfino contro la loro gente. È che Gesù non vuole favoriti, a cui fare sconti o dare i primi posti: sempre bravi a chiedere, mai a donare.

Non cercando di fare i simpatici, i profeti sono regolarmente inascoltati, osteggiati e lasciati soli: per questo Gesù li ama e li addita ai cristiani. I quali, per celebrarli, li collocano su elementi architettonici portanti, o comunque importanti (piedritti, pennacchi, peducci, spigoli…), a dire quanto li ritengano essenziali nel sostenere la Chiesa. Raffigurandoli, di solito, con il libro o il rotolo delle loro profezie.

Grazie a Dio alcuni artisti, come il berlinese Marcks, non dimenticano i profeti senza nome. E senza il fisico di quelli dipinti da Michelangelo nella Sistina, giganteschi nella loro solitudine. Eppure non privi di grandezza, per il fatto stesso di rivolgersi a Dio: «La mia bocca racconterà la tua giustizia, / ogni giorno la tua salvezza. / Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito / e oggi ancora proclamo le tue meraviglie» (Sal 70), potrebbe dire questo profeta. Che, quand’anche avesse perso tutto, sa di non aver perso il link fondamentale della sua esistenza. Un profeta non è mai disperatamente solo.

 

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