V domenica di Quaresima: Gv 8,1-11
L’ADULTERA (Tintoretto, 1546-47, Roma, Galleria Barberini)
Il dipinto è, probabilmente, il fermoimmagine del momento in cui scribi e farisei si stanno allontanando, poco prima della domanda di Gesù alla donna.
Coi dodici, sono rimasti solo loro due. E intorno a lei c’è ancora il vuoto, dilatato dal vuoto delle architetture (è, questo, il colpo da maestro dell’artista: non sarebbe stata la stessa cosa se la messinscena avesse avuto luogo altrove). D’altronde, si dovevano prendere le distanze per prendere di mira.
Altri pittori del Cinquecento (Lotto, Palma il Vecchio, Cranach il Giovane…) hanno preferito la parte iniziale della storia, annullando lo spazio e schiacciando i giudici addosso all’imputata, in un’accozzaglia di indici accusatori e di sguardi duri.
Qui, invece, la tensione sta calando, è tornata a circolare l’aria. E ritroviamo seduto, spossato, l’unico che era stato agile tra tanti irremovibili, l’unico lieve in quell’aria pesante. Ha spiazzato tutti in due mosse: dapprima chinandosi a scrivere in terra (un modo per distogliere l’attenzione? per allentare la tensione? per invitare a usare la testa, senza essere precipitosi?). Dopo, dando il colpo del ko: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E giù, di nuovo, a scrivere… Ma che cosa?
«Anteponete la misericordia al giudizio», ha detto papa Francesco inaugurando il Giubileo: e se fosse simile a questa la frase di Gesù, per rendere presente – in quella moltitudine di giudici – la grande assente?
Poi le parole sono scomparse, come se fossero state scritte sulla sabbia. Per fortuna sono diventate sabbia anche le pietre, di cui non v’è traccia nel quadro. Erano in tanti a tenerle in mano: pronti a giustiziare, in nome della legge, senza neppure guardare in faccia l’accusata. Ciò che doveva servire per lapidarla è stato messo sul suo passato e, d’ora in avanti, le pietre serviranno soltanto per ricostruire.