II domenica di Pasqua: Gv 20,19-31
IL DUBBIO DI TOMMASO (XI-XII secolo, Santo Domingo de Silos, chiostro del monastero)
In un paese spagnolo, non lontano da Burgos, un bassorilievo mostra – oltre a Gesù – la presenza dei dodici compatti, a dire quanto tutti si sentissero coinvolti nel problema di Tommaso. Mancava lui solo all’appello e hanno aspettato i suoi tempi, senza tenerlo fuori per il calo di fiducia manifestato.
A colpire – rispetto ad altre figure, che si limitano a inquadrare i due protagonisti – è proprio lo schieramento degli apostoli: paiono fatti con lo stampino, non si sa se per far rilevare la loro unione o per far risaltare il bastian contrario in mezzo al gruppo.
Ma sia loro che Gesù lasciano fare, senza scandalizzarsi della ragione che vuole verificare. E vengono premiati dal fatto che l’ultimo a credere sia il primo a riconoscere Gesù in modo così pieno («Mio Signore e mio Dio!»).
L’atto di fede di Tommaso dà a tutti una forza e una gioia incredibili. Non a caso sono spariti, nell’opera, i segni della paura: le porte chiuse. C’era chi, per sottolinearle, era arrivato a metterle davanti a tutto, occupando metà della scena… e chi, per non condizionare troppo la rappresentazione, aveva trovato la quadra di sistemarle dietro ai protagonisti. Qui, al contrario, sembra che ci siano soltanto porte aperte e voglia di uscire, non manca più nessuno e il lavoro della Chiesa può finalmente avere inizio: se prima c’era bisogno delle mani e dei piedi di Gesù, ora c’è bisogno delle mani e dei piedi di Tommaso, per portare l’annuncio della risurrezione.