Natale del Signore: Lc 2,15-20
ANNUNCIAZIONE AI PASTORI (avorio del XII secolo, Salerno, Museo Diocesano)
Non si sono limitati, gli angeli, a Zaccaria e a Maria. E ai pastori hanno riservato la terza annunciazione. È su questa scena laterale che vorremmo puntare l’attenzione, anziché proporre un’ulteriore Natività.
L’opera presenta due aspetti interessanti. Intanto l’annuncio è un’inquadratura a sé, non fa parte della Natività: se non è posto accanto né sullo sfondo, è perché merita uno sguardo ravvicinato e dedicato.
In secondo luogo, gli angeli sono tanti quanti i pastori e al loro livello. Mentre i pastori dei presepi sembrano le comparse di un film e sono distanti dagli angeli (che volano alto, sulla grotta o sulla capanna), qui gli angeli si rapportano a delle persone, non a una folla. Al punto da farci pensare che ogni angelo, per il proprio pastore, abbia usato parole diverse, tagliate per lui. Non è una bella provocazione per i nuovi evangelizzatori?
Resta il fatto che, per quanti errori possano avere i nostri presepi, con essi noi diventiamo dei nuovi angeli. Invece di accontentarci di una sintesi, ci siamo sobbarcati questa fatica per ridire una storia sempre uguale e risaputa con parole nostre. Quindi originale per ogni presepio.
Sono importanti quanto il racconto, i narratori, perché – mettendoci tempo e voce, creatività e passione, corpo e cose – si relazionano con l’altro. E in qualche modo lo cambiano. Fa piacere ascoltare da Luca che i pastori si mossero «senza indugio». Come Maria quando andò da Elisabetta: pronti, scattanti, senza perdere tempo. E, «dopo averlo visto», furono capaci di riferire, cioè di passare parola, dandosi l’un l’altro la bella notizia: «Venite a vedere, è nato un bambino». Capaci, infine, di elevare una lode a Dio.