È come se un pugno fortissimo sul cuore mi togliesse il respiro.
La notizia della morte della piccola Diana mi devasta. Non c’è crisi di governo che tenga, dimissioni o PNRR vari.
Attonita e sgomenta chiudo la televisione.
Silenzio.
Entro nella stanza dove adesso ho sistemato il lettino per il mio nipotino e faccio fatica a guardarlo. Mi siedo affranta…
C’è troppa disumanità in questa storia, inaccettabile e innaturale.
Oltre ogni disagio, oltre ogni solitudine, oltre anche la pazzia.
Non provo neanche a capire.
Penso solo a te, piccola Diana, e anche se non ti ho mai conosciuta, mi scendono le lacrime.
Quante ne avrai pianto tu, quante nessuno ha potuto asciugare. Quante forse non sei riuscita neppure a versare.
Ci sono bambini che non sanno neanche più piangere.
Sanno che non serve.
Sanno che non saranno né viste, né ascoltate, né consolate.
L’abbandono, alcune creature purtroppo lo respirano prestissimo, lo ciucciano già da un seno distaccato, senza un abbraccio sincero, da un biberon mal dato, da come vengono toccati, messi giù nel lettino, guardati negli occhi…
Chissà, forse non chiamavi neppure…
Chiamare chi?
Forse …
Ma qui è tutto troppo. Inaudito e crudele.
Sei giorni sono un’eternità. Ti sarai seduta nel lettino a guardare oltre le sbarre, a guardare verso la porta, sentire se qualche passo arrivava. Ti sarai tirata su in piedi col musetto poggiato sul bordo. Chissà se avrai avuto dentro quel minuscolo spazio un tuo giochino, un peluche da abbracciare e tenerti vicino…
Non posso pensarci.
Un biberon solo.
Un biberon di plastica pieno solo di una pappa. Poi vuoto, immensamente vuoto.
Vuoto di latte e vuoto di mamma.
Vuoto di un mondo che non sa accorgersi di una bambina.
Le sbarre del tuo lettino come muri.
Muri pesantissimi per le coscienze di ciascuno di noi.
Una cosa del genere deve scuotere tutti noi, uomini e donne iperconnessi ore ed ore su social o piattaforme varie, con l’ansia di perderci qualcosa di importante sui propri contatti o sul mondo circostante. Sempre aggiornati e connessi. Sempre raggiungibili. In condivisione costante su tutto e per tutti.
E Diana?
Invisibile in questo mondo disattento, un mondo che sta perdendo completamente la rotta.
E così sento di dover in qualche modo, chiederti perdono, piccola Diana…
Credo che oggi ci sia spazio solo per la preghiera e l’impegno.
Null’altro.
Chiediamo di accendere in ciascuno di noi gesti di vicinanza vera, attenta e delicata, di aiutarci ad essere portatori di presenza reale, capaci di sentire, generare comunità, fare rete, vedere e leggere davvero i bisogni di chi ci sta accanto.
Spaccare muri.
Come le sbarre del lettino di Diana.
Quelli dell’indifferenza e dell’egoismo.
In ogni campo, in ogni lavoro, in ogni incontro, casuale o abituale, in ogni ufficio, palazzo o piazza, nei negozi sottocasa, ai giardini, nelle scuole e negli ospedali, sul tram o sul treno… ovunque.
Relazioni vere.
Solo così potremo evitare di perderci.
Di perdere piccole Diane…
Esco dalla cameretta del mio piccino. È buio. Stasera fa proprio paura.
Vado a rileggere un versetto di Isaia che mi dava una consolazione fortissima quando mia madre moriva di Alzheimer… e io soffrivo, in modo totalmente diverso, la “dimenticanza”…
Ma vale anche oggi.
Consola tanto.
“Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere ? Anche se queste donne si dimenticassero, io non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Isaia 49,1-16)
Ed ora, sulle palme del Signore, Diana insegnaci l’amore.
Grazie Lella. Con rispetto per questa madre e questa figlia, credo che questa esperienza ci chieda di avere uno sguardo ampio sulla fragilità che attraversiamo e che ci attraversa, tutte e tutti. Siamo tutte figlie e figli e al tempo stesso madri, cioè capaci di generare. Domandiamoci con quali consapevolezze generiamo vita, intesa sempre in senso ampio e largo…
Testo fantastico, di una delicatezza tutta ‘femminile’. Tu riesci a farci accarezzare Diane. E lasci a noi uomini, come GPDB, la madre.
Io, da uomo pratico, mi chiedo COSA fare.
Subito una campagna che proclami ad alta voce:
SE NON VUOI TUO FIGLIO, INVECE DI Buttarlo O FARGLI DEL MALE, DALLO A NOI.
TANTO TU MANCO SAI DI CHI È FIGLIO.
SICURAMENTE NON È DI CHI LO BUTTA VIA.
Ho passato una settimana in montagna.
Due pargoli di 7 e 5 anni, famiglia separata.
Si sono attaccati a me. Matteo e Matilde.
Chiederei a tutti, prima di parlare del demonio, di guardare in faccia un bimbo.
E solo DOPO parlare, partendo da loro.
Come ha fatto Lella.
Grazie Lella. Grazie… non trovavo parole per dire quello stesso colpo al cuore… grazie.
Invece di tante parole chiediamo semplicemente a Dio di liberarci dal Male se crediamo ancora in Dio .
Perche’ il Male esiste, anche se i cattolici in gran parte lo hanno dimenticato.Il lato oscuro dell’ animo umano.
L’ uomo non e’ buono di natura, anche se i cattolici ormai pensano che siamo tutti buoni . Non essendoci piu’ in noi il senso ,
l’ orrore del Male, siamo immersi in una melassa di buoni sentimenti e di buoni propositi, quasi se l’ uomo potesse da solo ,coi suoi sforzi ,esorcizzare il lato oscuro , che ognuno di noi si porta dentro. Come disse Dostoevskij ognuno di noi ,nel fondo del suo cuore, e’ capace dei piu’ grandi crimini. E non ci liberiamo da soli , se Qualcuno piu’ Grande di noi non viene a liberarci : Liberaci dal Male .