Un Dio inutile

La scommessa vera è di fronte a chi pensa di avere già un senso sufficiente alla vita, anche senza di Dio.
24 Novembre 2010

Quest’anno la campana della ricreazione suona alle 10,21 e alle 10,37. 16 minuti di ricreazione. Precisione svizzera!! Ognuno la usa a modo suo. Ad esempio quelli della 5B dalle 10,21 alle 10,37 giocano a calcio con una palla di carta che è un gioiellino di fisica balistica. L’altro giorno avevo finito da loro una supplenza prima dell’intervallo. I soliti sei o sette giocavano a calcio mentre quattro, (ahimè pochi per la verità), sotto la finestra cercavano di ripassare per il compito dell’ora dopo. E ovviamente il mio demone “moralista e professorale” non ha perso l’occasione di fare capolino: “Perché invece di giocare non fate qualcosa di utile, come loro che studiano?” ho detto, senza convinzione, a quelli che stavano pallonando (tra l’altro col rischio di rompere qualcosa!). “Ma prof. non si possono sempre fare cosa utili, anzi le cose che mi divertono di più sono proprio quelle inutili” ha ribattuto Andrea, mentre di tacco infilava il cesto della raccolta differenziata, con un’ovazione da “champions league”. 

Lui, e il suo inseparabile alter ego di banco, Davide, si sono girati e, mollando il “derby”, si sono avvicinati alla cattedra con l’aria di voler spiegare e ribattere, quasi che la mia domanda li avesse irritati. “Prof. ci ho pensato anche l’altra sera mentre mio padre mi obbligava a portare di sotto la spazzatura. Io mi sono rotto di fare delle cose utili, per obbedire a qualcuno, per ottenere risultati o per prepararmi a chissà cosa. Vorrei fare cose inutili, che non servono a niente, se non a divertirsi”. “Lo posso capire, Andrea, ma se vuoi avere un futuro, non puoi solo stare a “cazzeggiare”, dovrai avere un’idea di quello che vuoi. Fra un anno sarà diversa per te”. “Eh prof. anche lei ragiona come mio padre. Lui sa dirmi solo che per me le cose che contano sono quelle che hanno un senso, che sono fatte seriamente, non per gioco: studiare, frequentare le compagnie giuste, lavorare un po’, non spendere troppi soldi in “puttanate”, fare uno sport sano, andare a messa… Ecco sì, anche questo, che anche domenica ci ho litigato. Per lui andare a messa è la cosa più utile della settimana, mi ha detto.  Ma lui è fuori!! Come fa a dire una cosa del genere?? Lo sa prof. che se qualcuno mi dicesse che Dio è inutile quasi quasi allora ci crederei “. 

Sono quasi sbiancato, e ho accusato il colpo. Mi ha fatto male che proprio la faccia di Dio che spesso io considero la più sensata, la sua ragionevolezza, la sua utilità alla felicità dell’uomo, sia per Andrea, e quelli come lui, motivo di rifiuto. E anche accettando di essere stato un pessimo insegnante, che non ha saputo intercettare il suo bisogno e il suo linguaggio, la stonatura non mi ha lasciato fino a sera. C’e qualcosa di più in quelle parole, e sento che la spiegazione personale non basta ad esaurirne il significato. Vuoi vedere che se fossimo capaci di pensare Dio in modo diverso ci sarebbe ancora la possibilità di “parlare” di lui anche a chi, come Andrea, vive dentro un sistema dove l’utilità è il senso unico possibile, perché tutto si monetarizza e la gratuità scompare e con essa anche il valore delle persone? Dio è gratis? O necessitato e lo si deve pagare in qualche modo? E’ il di più di felicità che ci seduce proprio perché già siamo abbastanza felici, o l’alternativa trascendente che risponde una condizione di inquietudine terrena? 

Credo che oggi la scommessa vera di fronte a cui la nuova evangelizzazione si trova è quella di rendere Gesù Cristo visibile non tanto a chi ha perso un senso perché si è accorto della illusione postmoderna, e nemmeno a chi cerca la pienezza di un senso ulteriore della propria vita in qualcosa di trascendente. Questi una domanda aperta ce l’hanno, e quindi uno spazio per Dio c’è già. Ma la scommessa vera è di fronte a chi pensa di avere già un senso sufficiente alla vita, anche senza di Dio. Questi non hanno domande aperte e il sistema lavora proprio perché non gli si aprano. E allora mi chiedo se questa condizione postmoderna non contenga anche una sorta di “segno dei tempi”. Che forse è ora di cominciare a pensare che in una società sazia (e disperata senza saperlo) se l’uomo, per avvicinarsi a Dio deve andare in crisi, difficilmente lo farà, dato che il sistema in cui vive gli consente di permanere in uno stato di illusione, senza mai toccare davvero il fondo. E ancora: che forse sarebbe ora di smettere di pensare che Dio serve all’uomo, ai suoi bisogni, e pure alla sua felicità e cominciare a pensare che Dio è gratis, e che il canale per sentirlo non è più tanto l’inquietudine, ma la felicità dell’amore.

Ma non è forse vero che Gesù lotta continuamente con i suoi contemporanei che lo cercano solo per avere una risposta ai loro bisogni, tra cui anche quello di dare un senso pieno alla loro vita? “Non di solo pane…” E questo viene spiegato dicendo che Dio non è asservibile ai bisogni dell’uomo, nemmeno a quello della felicità, e che quando questo succede Egli si nasconde e non si fa trovare. E se fosse proprio un Dio inutile che oggi potesse far sentire una felicità maggiore, perché gratuita, non monetizzata? Forse se Dio fosse inutile smetteremmo di servircene per i nostri interessi, più o meno giustificabili, e allora ci potrebbe essere fatto il regalo più grande possibile, quello di poter servire inutilmente Dio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)