La sorpresa che c’è e quella che manca

Qualcuno si è accorto che nel catechismo della Chiesa cattolica non esiste la parola innamoramento?
14 Gennaio 2015

Da lungo tempo. Cristian è da lungo tempo uno dei “belli” della scuola. Un “bonazzo”. E da lungo tempo chiacchiera piacevolmente delle sue cose con me. Alto, biondo, viso buono, ma da uomo, bel fisico, allegro, simpatico. Le ha tutte. Al suo passaggio molte si “squagliano”, soprattutto le primine. Lo sa, e ne gode sì, ma in fondo, un po’, questa cosa lo sta stancando. “Va bhè, prof. quando ci esco con una, so già come va a finire. In fondo, poi, sono tutte uguali… Non dico che sia noioso, certo, però non c’è più nemmeno la sorpresa”.

Da un po’ meno tempo, circa un anno, nella sezione accanto è arrivata Sophia. Sedici anni, uno meno di Cristian, mora, mediterranea, intensa, occhi grandi, un po’ spaventati dagli occhi degli altri che spesso non possono non fermarsi sul quel viso, così penetrante, così difficile da “schivare”. E ovviamente Cristian l’ha già nel mirino. Ancora da febbraio scorso ha iniziato un’azione di avvicinamento avvolgente, ma prudente, quasi clandestina, persino per lui stesso. Ma i risultati tardano a venire. A maggio scorso: “Prof. mamma mia è così “spagogna” (termine romagnolo che traduce il sapore aspro della prugna acerba in bocca). Non si apre proprio, prof. Mai una parola in più, mai un sorriso gratuito, mai uno sguardo”. Poi le vacanze.

Al ritorno, dopo qualche settimana entro in classe e Cristian mi assale: “prof. incredibile. Mi ha dato il numero!!” “Ah bene – gli dico –  e adesso che farai?” “Whatsapp a manetta!! – mi dice”. “Ma immagino – ribatto – che il tuo obiettivo sia altro”. “Eh bhè, questa per me è il top, dai qui almeno mi godo a provarci”. “Sarà anche il top, ma mi sembra che sia già nella logica che vivi con le altre, usa e getta! Più che il top, mi sembra un “topo” da catturare o al massimo una “topa”, toscanamente parlando. Non mi sembra che ti cambi molto”. “Va bhè, prof. è un discorso che abbiamo già fatto. Cosa c’è di male? Se lei ci sta?!” “Si lo so, ne abbiamo già parlato, e sai già, quindi, la mia risposta. C’è di male che una storia seria in questo modo sarà difficile e a 40 anni sarai ancora li a fare il play boy, ammesso che il fisico ti regga. Continuo a pensare che per te le donne rischiano di essere solo oggetti, lo sai.” “Non è così, prof. lo sa, io le rispetto, se non vogliono non forzo nulla”. “Cristian, non è il momento adesso, ma mi aspetto qualcosa di diverso da te”.

Passano due settimane. In corridoio mi ferma e mi dice tutto eccitato. “Domani sera ci esco!! E vai!!” “Ti auguro almeno la sorpresa – gli dico – visto che rischi una serata scontata”. Sorride e se ne va. Qualche giorno dopo, entro in classe, e Cristian mi travolge alla cattedra: “Ma prof. lei ha gufato?? Sorpresa?? Non può immaginare cosa mi è successo. Una roba da non crederci.” Sento che è sincero e la cosa mi incuriosisce. “Cosa è successo?” “Una roba mai vista!” “Ah, finalmente qualcosa di nuovo”. Cerco un tono ironico perché lo vedo imbarazzato davvero. “Hai scoperto che Sophia è maschio?”. Sorride e si scioglie un po’. “Macché, peggio prof!” “Come peggio?”

E mi racconta la serata. Attesa di 20 minuti sotto casa, come da regola. Poi chiacchiere e ristorante. Nel bel mezzo della pizza lei gli dice: “lo sai perché sono uscita con te? Perché in questi mesi in cui hai fatto una “lima” da paura, ho capito che forse tu sai anche ascoltarmi, se vuoi”. E Cristian ovviamente capisce. Capisce che se vuole il suo obiettivo deve ascoltare. E lo fa. Ma quello che gli arriva dentro cambia le carte in tavola. Una strana storia, forse una violenza antica, che impedisce a Sophia di essere “libera” davanti ai ragazzi e quella bellezza vera, non evitabile, diventa una lama conficcata nel suo cervello, che la fa sentire sempre “violentata” dagli sguardi di che incontra. Un martirio dentro! Cristian lo sente, accusa il colpo. E qualcosa cambia. Quella stessa forza sessuale che lo spingeva verso Sophia per averla, adesso lo fa andare verso di lei per condividerla. “Prof. ci crede? – aggiunge – Non ho avuto il coraggio di chiedergliela. L’ho accompagnata a casa e le ho detto: Se vuoi ci rivediamo, mi piacerebbe. E lei mi ha detto. “Ma non è che sarai uno di quelli buoni davvero? Guarda che non ci credo che esistono”. Nemmeno un bacio. Ma come si fa? Non so dove mettermela”. “Bene, non metterla da nessuna parte, e forse ti darai la possibilità di qualcosa di diverso. Ce la puoi fare”.

Mi salgono alcune domande. Pensiamo che per farli uscire dalla mancanza di fiducia che hanno, nell’amore, nelle persone, sia necessario giudicare eticamente male il loro punto di partenza? Come, d’altra parte, anche io ho fatto maldestramente con Cristian, purtroppo. O possiamo, come Chiesa, ricominciare a parlare anche bene della forza dell’eros, come spinta all’innamoramento? O dobbiamo lasciarli nel loro spaesamento, nel nostro silenzio, o peggio nel nostro continuo giudizio negativo di ciò? Qualcuno si è accorto che nel catechismo della Chiesa cattolica non esiste la parola innamoramento? Un caso?

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